Allevamenti e agricoltura intensivi pesano per oltre un terzo delle emissioni climalteranti globali. Una delle fonti più impattanti è legata proprio alla produzione e al consumo di carne: per questo, consci dell’impronta che la dieta quotidiana può avere sulla salute del Pianeta, gli studenti dell’Università di Cambridge hanno votato per avere in futuro menù completamente vegani nelle mense universitarie.
A inizio settimana il sindacato studentesco del prestigioso ateneo britannico ha infatti concluso un percorso di consultazione durato oltre un mese ed è arrivato alla scelta, sostenuta dal 72% dei rappresentanti degli studenti, di rimuovere i prodotti animali dalle mense e dai bar dell’università. Lo scopo è fornire una risposta concreta alla “crisi climatica e della biodiversità”.
Tuttavia, la parola finale spetta a chi gestisce i servizi di ristorazione di Cambridge e dei suoi college, enti che dovranno però tener conto delle indicazioni fornite dagli studenti che chiedono menu al 100% vegetali.
Senza carne: quanto è vantaggiosa la dieta veg?
I rappresentanti degli studenti, felici per il passaggio della nuova mozione e in attesa di effettivi cambiamenti, riconoscono comunque come “la nostra ristorazione universitaria ha già fatto passi da gigante, per esempio nel 2016 quando ha tolto carne di manzo e agnello da tutti i suoi menù” e anche lo stesso ateneo ribadisce di credere in una “politica alimentare sostenibile che cerca anche di promuovere attivamente le opzioni a base vegetale”.
Vista la mozione promossa dagli studenti di Cambridge, è possibile ipotizzare un futuro simile per le mense degli istituti e delle università italiane? Proposte simili nel nostro Paese sono state avallate per esempio da MenoPerPiù, iniziativa di Essere Animali che si occupa proprio di promuovere la sostenibilità ambientale nella pausa pranzo.
La coordinatrice del progetto, Valentina Taglietti, spiega a Green&Blue che “con la nostra campagna in sostegno del clima in autunno abbiamo iniziato a coinvolgere e chiedere alle università italiane che almeno il 50% del menu diventi vegetale, una richiesta che anche in questo caso nasce dagli studenti e dalla loro sensibilità ambientale. La scelta di Cambridge è importante ma non stupisce: è in scia con quello che sta già accadendo altrove all’estero, ad esempio all’Università di Berlino, un caso molto virtuoso. Nella capitale tedesca le mense universitarie sono diventate al 96% vegetali, in seguito proprio alle richieste degli universitari, desideri accolti dalle società di catering che hanno poi trasformato il menù”.
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Taglietti spiega che questo cambiamento, sulla spinta dei giovani molto attenti alle tematiche climatiche, potrebbe nel tempo avvenire anche in Italia. Da noi uno dei primi e più importanti esempi è quello del DSU Toscana, azienda della Regione per il Diritto allo Studio Universitario, che da pochi mesi ha optato per una modifica green al menu. “Nella linea tradizionale (tre primi tre secondi e tre contorni) hanno scelto di realizzare tutti i contorni, un primo e un secondo ogni giorno 100% vegetali in ottica di riduzione di emissioni di CO2. Speriamo che tante altre realtà seguano lo stesso esempio”.
Sulla guida e il ruolo che la Toscana sta avendo in questa piccola rivoluzione per menù meno impattanti sull’ambiente, è d’accordo anche Claudia Paltrinieri, presidente dell’associazione Foodinsider che ha da poco coordinato la Green Food Week, un’iniziativa per invitare le mense italiane a offrire menu sostenibili, a cui si sono registrate nell’insieme realtà che rappresentano un totale di oltre 470mila pasti.
Per Paltrinieri quella di Cambridge è “una scelta coraggiosa. Nei ragazzi c’è molta sensibilità verso una alimentazione vegana e anche in Italia si sta lavorando molto per rendere più sostenibili le mense universitarie, offrendo delle alternative. Da noi credo sia difficile pensare di eliminare totalmente la carne, che comunque, anche se poca, fa parte della dieta mediterranea. Quello che invece sta già prendendo piede è una maggiore attenzione ai pasti green, per esempio più legumi, oppure più miglio, cibo che abbiamo proposto nella Green Food Week ed è stato molto apprezzato”.
Secondo la presidente di Foodinsider, oltre a una possibile riduzione di prodotti a base animale nei menù universitari, sarebbe bene insistere su alcune linee guida come quelle su “biologico, locale e filiera corta, perchè dobbiamo fornire dei modelli”.
Allevamenti e agricoltura intensivi pesano per oltre un terzo delle emissioni climalteranti globali. Una delle fonti più impattanti è legata proprio alla produzione e al consumo di carne: per questo, consci dell’impronta che la dieta quotidiana può avere sulla salute del Pianeta, gli studenti dell’Università di Cambridge hanno votato per avere in futuro menù completamente vegani nelle mense universitarie.
A inizio settimana il sindacato studentesco del prestigioso ateneo britannico ha infatti concluso un percorso di consultazione durato oltre un mese ed è arrivato alla scelta, sostenuta dal 72% dei rappresentanti degli studenti, di rimuovere i prodotti animali dalle mense e dai bar dell’università. Lo scopo è fornire una risposta concreta alla “crisi climatica e della biodiversità”.
Tuttavia, la parola finale spetta a chi gestisce i servizi di ristorazione di Cambridge e dei suoi college, enti che dovranno però tener conto delle indicazioni fornite dagli studenti che chiedono menu al 100% vegetali.
I rappresentanti degli studenti, felici per il passaggio della nuova mozione e in attesa di effettivi cambiamenti, riconoscono comunque come “la nostra ristorazione universitaria ha già fatto passi da gigante, per esempio nel 2016 quando ha tolto carne di manzo e agnello da tutti i suoi menù” e anche lo stesso ateneo ribadisce di credere in una “politica alimentare sostenibile che cerca anche di promuovere attivamente le opzioni a base vegetale”.
Vista la mozione promossa dagli studenti di Cambridge, è possibile ipotizzare un futuro simile per le mense degli istituti e delle università italiane? Proposte simili nel nostro Paese sono state avallate per esempio da MenoPerPiù, iniziativa di Essere Animali che si occupa proprio di promuovere la sostenibilità ambientale nella pausa pranzo.
La coordinatrice del progetto, Valentina Taglietti, spiega a Green&Blue che “con la nostra campagna in sostegno del clima in autunno abbiamo iniziato a coinvolgere e chiedere alle università italiane che almeno il 50% del menu diventi vegetale, una richiesta che anche in questo caso nasce dagli studenti e dalla loro sensibilità ambientale. La scelta di Cambridge è importante ma non stupisce: è in scia con quello che sta già accadendo altrove all’estero, ad esempio all’Università di Berlino, un caso molto virtuoso. Nella capitale tedesca le mense universitarie sono diventate al 96% vegetali, in seguito proprio alle richieste degli universitari, desideri accolti dalle società di catering che hanno poi trasformato il menù”.
Taglietti spiega che questo cambiamento, sulla spinta dei giovani molto attenti alle tematiche climatiche, potrebbe nel tempo avvenire anche in Italia. Da noi uno dei primi e più importanti esempi è quello del DSU Toscana, azienda della Regione per il Diritto allo Studio Universitario, che da pochi mesi ha optato per una modifica green al menu. “Nella linea tradizionale (tre primi tre secondi e tre contorni) hanno scelto di realizzare tutti i contorni, un primo e un secondo ogni giorno 100% vegetali in ottica di riduzione di emissioni di CO2. Speriamo che tante altre realtà seguano lo stesso esempio”.
Sulla guida e il ruolo che la Toscana sta avendo in questa piccola rivoluzione per menù meno impattanti sull’ambiente, è d’accordo anche Claudia Paltrinieri, presidente dell’associazione Foodinsider che ha da poco coordinato la Green Food Week, un’iniziativa per invitare le mense italiane a offrire menu sostenibili, a cui si sono registrate nell’insieme realtà che rappresentano un totale di oltre 470mila pasti.
Per Paltrinieri quella di Cambridge è “una scelta coraggiosa. Nei ragazzi c’è molta sensibilità verso una alimentazione vegana e anche in Italia si sta lavorando molto per rendere più sostenibili le mense universitarie, offrendo delle alternative. Da noi credo sia difficile pensare di eliminare totalmente la carne, che comunque, anche se poca, fa parte della dieta mediterranea. Quello che invece sta già prendendo piede è una maggiore attenzione ai pasti green, per esempio più legumi, oppure più miglio, cibo che abbiamo proposto nella Green Food Week ed è stato molto apprezzato”.
Biologico, locale e filiera corta
Secondo la presidente di Foodinsider – oltre a una possibile riduzione di prodotti a base animale nei menù universitari – sarebbe bene insistere su alcune linee guida come quelle su “biologico, locale e filiera corta, perché dobbiamo fornire dei modelli”.
E proprio nella Toscana citata per l’impegno della DSU c’è una realtà a Sesto Fiorentino che sta applicando tutti questi modelli, passando in pochi anni da essere una delle mense con i più bassi valori nel ranking dell’Osservatorio Foodinsider direttamente al primo posto in classifica fra le mense più virtuose (che verranno premiate a Roma il 1° marzo).
“A Sesto Fiorentino l’azienda municipalizzata Qualità e Servizi dal 2017 è cambiata: è passata da carne e cibi processati e industriali a una vera rivoluzione. Ha insegnato a cucinare i cuochi solo con materie prime del territorio, introdotto una dieta equilibrata e iniziato a coinvolgere i produttori locali, chiedendo loro di passare al biologico ed estendere le coltivazioni a grandi antichi, legumi, miglio. Ha funzionato e quando per esempio c’è stato un eccesso di produzione di cardi e cavolfiori, nelle mense servite dalla municipalizzata sono cambiati di conseguenza i menu, con purè di entrambi i prodotti. Credo che questo sia un bell’esempio, virtuoso e di speranza, che altre mense italiane sia scolastiche che universitarie potrebbero seguire per aiutare l’ambiente”.