La questione climatica, insieme al conflitto e alla ripresa post Covid, al centro della visione economica del futuro. Più di un terzo dei 270 panel in corso al World Economic Forum di Davos, in Svizzera, che proseguirà fino a giovedì, sono dedicati al tema dell’emergenza clima nel tentativo di fornire delle risposte a quella domanda che Greta Thunberg pose due anni fa davanti ai potenti del Forum: “Cosa direte ai vostri figli, come gli spiegherete di averli lasciati consapevolmente di fronte a un tale caos climatico? Che avete deciso di rinunciare all’idea di garantirgli una vita futura senza nemmeno provarci?”.
Gli effetti della crisi del clima, dalle ondate di calore all’aumento delle temperature, dalla siccità alla crisi della agricoltura, così come l’impatto su biodiversità e società, non possono più essere scollegati dalla questione economica. Motivo per cui nel primo forum in persona dopo due anni di pandemia il tema del cambiamento climatico sarà fra quelli “chiave”: a testimoniarlo la presenza a Davos dell’inviato Usa per il clima John Kerry, dell’attivista climatica ugandese Vanessa Nakate e di Alok Sharma, presidente della Cop26.
Esg, finanziamenti e transizione energetica al centro
Proprio a partire dalle promesse della Conferenza sul clima di Glasgow, come i 100 miliardi all’anno di finanziamenti da parte dei Paesi più ricchi ai meno sviluppati per poter sostenere politiche di adattamento e mitigazione al clima, riprenderanno i ragionamenti necessari in chiave di “ingiustizia climatica” e di fondi necessari per una transizione ecologica globale, sempre più incentrata sulle rinnovabili.
Tra i temi previsti nei panel di confronto tra gli oltre 50 capi di Stato ed economisti di tutto il mondo anche la questione dell’eco-ansia che riguarda il “futuro rubato” ai giovani come disse Greta, ma soprattutto la discussione sulle mosse necessarie per migliorare l’accessibilità energetica e alimentare, così come l’idea di trovare uno scopo comune e condiviso per invertire la rotta che ci sta portando a oltre 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali.
Cruciale sarà anche il dibattito sul sistema degli Esg (Environmental, Social and Governance), i tre fattori centrali nella misurazione della sostenibilità di un investimento e di una azienda, per capire se la rendicontazione della sostenibilità e la trasparenza potranno davvero portare nel tempo a un abbassamento delle emissioni da parte dell’industria.
Chiaramente, in parallelo con la questione dell’invasione russa in Ucraina e dell’aumento dei prezzi in agricoltura, fondamentale sarà il confronto su come arrivare alla decarbonizzazione e a liberarsi dalla dipendenza delle fonti fossili puntano su solare, fotovoltaico, idrogeno e nuove tecnologie per arrivare al 2050 a emissioni zero in molti Paesi.
“No alla guerra come scusa per investimenti nel fossile”
A Davos tra i primi ad affrontare il tema della sfida dei cambiamenti climatici in connessione con il conflitto e la crisi energetica, è stato il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale per l’energia (IEA), Fatih Birol, che ha ricordato come “alcune persone potrebbero usare l’invasione dell’Ucraina come scusa per gli investimenti in combustibili fossili. Ciò chiuderà per sempre la porta per raggiungere i nostri obiettivi climatici”.
Parole che ricordano le scritte e i cartelli con cui un gruppo di attivisti, in apertura del forum, ha protestato affinché anche questa edizione del Wef non resti solo un consesso di buone intenzioni ma apra davvero la strada ad azioni concrete contro il global warming. Per discutere dello stesso tema – quello della sfida energetica e climatica – l’Italia sarà presente a Davos con quattro ministri, Daniele Franco (Economia), Roberto Cingolani (Transizione ecologica), Enrico Giovannini (Infrastrutture e mobilità sostenibile) e Vittorio Colao (Innovazione tecnologica e transizione digitale).
Sulla base del motto di questa edizione, “Working Together, Restoring Trust (lavorare insieme, ripristinare la fiducia)”, Gim Huay Neo, direttore del Centro per la natura e il clima del World Economic Forum, ha spiegato come “che ci piaccia o no, siamo tutti legati insieme nella costruzione e nella protezione del futuro del nostro mondo. Dobbiamo promuovere un senso di responsabilità collettiva e rafforzare la determinazione tra i leader globali nell’affrontare la crisi climatica”.
Per riuscirci, chiude, sarà dunque decisivo “promuovere l’ambizione climatica e finanziamenti, costruire un’economia positiva per la natura, pensare a una rigenerazione dei sistemi alimentari, oceanici e idrici e infine migliorare la gestione delle risorse e prevenire l’inquinamento”.