Una mappa che si colora di piazze tattiche, di aree pedonali davanti alle scuole, di zone in cui le auto non possono viaggiare al di sopra dei 30 chilometri orari. Un disegno che si accompagna al censimento dei quartieri dove non tutti i servizi sono a due passi da casa e dove, proprio per questo motivo, si stanno concentrando gli sforzi dell’amministrazione. A Milano il confine tra il centro, denso di opportunità, e alcune periferie in cui anche solo la ricerca di un ufficio postale è un’impresa titanica è sempre stato piuttosto marcato. Ecco perché ogni azione di sindaco e assessori viene pianificata nella cornice della città da 15 minuti.
Il modello parigino teorizzato da Carlos Moreno e attuato da Anne Hidalgo è diventato il cuore del programma elettorale di Beppe Sala per le elezioni amministrative del 2021: “Desideriamo una Milano che trovi ovunque le sue risposte di lavoro e servizi”, ha scandito più volte il sindaco. Alcuni percorsi, come la realizzazione delle piazze tattiche, sono stati intrapresi già da qualche anno, dal 2018 per la precisione, altri sono in via di definizione. “Il nostro obiettivo è far sì che ogni cittadino abbia ciò di cui ha bisogno nell’arco di un chilometro e mezzo circa”, spiega l’assessora alla Mobilità Arianna Censi. Un punto di arrivo che “deve comprendere tutta l’area metropolitana di Milano, non soltanto il Comune in senso stretto”. Questa la direttrice su cui si stanno muovendo tutte le delibere della giunta, ma anche le pianificazioni urbanistiche ed edilizie, nonché le riqualificazioni ad opera di investitori privati: “Creare servizi laddove mancano e connetterli attraverso un sistema di viabilità e trasporto pubblico che sia sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale”.
Le piazze tattiche
Paradossalmente si è partiti da quello che non viene considerato un servizio vero e proprio, ma che in realtà è un aspetto essenziale nella vita di una città: quello della disponibilità di spazi pubblici di quartiere pedonali, arredati come veri e propri salotti a cielo aperto. Le piazze tattiche – pedonalizzazioni di angoli di città puntellati di panchine, alberi e tavoli da ping pong – oggi sono circa quaranta sparse nella città. Per la rivista americana Forbes, che recentemente ha dedicato loro un articolo, sono il “miracolo di Milano”, grazie alle quali un residente su due ha una nuova piazza nel raggio di un chilometro circa dalla propria abitazione. L’obiettivo, spiega l’assessore a Casa e Piano quartieri Pierfrancesco Maran, è “averne una per ogni quartiere”. Per i prossimi mesi questo progetto interesserà soprattutto le scuole: il Comune ha infatti indetto un bando per finanziare progetti di pedonalizzazione che rendano vivibili e fruibili da bimbi e ragazzi gli spazi davanti all’ingresso di materne, elementari e medie.
La sanità
Un altro capitolo è quello delle Case di Comunità istituite dalla Regione, 24 nuove strutture socio-sanitarie polivalenti che entreranno a far parte del servizio sanitario regionale, nell’ottica di un nuovo modello territoriale grazie al quale i cittadini avranno a disposizione strutture più “snelle” rispetto agli ospedali dove trovare medici di base, pediatri, specialisti e volontari del terzo settore.
E ancora, i servizi civici: è iniziata una sperimentazione nel quartiere di San Siro per trasformare le sedi dell’anagrafe in hub polifunzionali in cui si potranno trovare servizi per l’orientamento lavorativo, per gli anziani, per il supporto all’iscrizione ai servizi educativi, nonché spazi per lo studio o per l’aiuto agli stranieri.
Il lavoro
E il lavoro: all’interno di un “patto” firmato da Comune, Città Metropolitana e associazioni di categoria, è prevista la realizzazione di sportelli diffusi per la formazione all’interno dei mercati comunali, ad esempio. Perché se è vero che tutto il mondo dei servizi va verso la digitalizzazione è altrettanto vero che la presenza di luoghi fisici non è solo necessaria per alcune categorie di cittadini, come gli anziani e gli stranieri, ma è anche importante per creare modalità di accesso complementari.
La mobilità
Tutta questa rete di servizi di prossimità, poi, va resa accessibile per chi si sposta a piedi: “È qui che si innesta anche una questione di sicurezza stradale”, spiega Censi. Ed è il motivo per cui la città che viaggia a 30 chilometri orari non è un’utopia: “Su segnalazione dei cittadini stiamo ampliando sempre di più le zone in cui il traffico scorre lento” che oggi coprono circa 25 chilometri quadrati di territorio comunale. “Il nostro è il tentativo di cambiare il volto della città partendo sia da piccoli ma significativi interventi, arrivando a progetti di più ampio respiro”.
Come la rete di ciclabili della città Metropolitana, il biciplan “Cambio”, da realizzare con i fondi del Pnrr: 750 chilometri di preferenziali per le due ruote che connetteranno, tra linee circolari e percorsi a raggiera, i servizi essenziali non solo di Milano, ma anche dei 133 Comuni limitrofi. Una meta di scenario molto ambiziosa della quale già si vedono le prime tracce in alcuni tratti periferici della città, ma che vedrà la luce tra molti anni.
Del resto, quello della città da 15 minuti è un intento a lungo termine che avrà il compito di colmare le lacune ben visibili in certe periferie: da Ponte Lambro al quartiere degli Olmi, ci sono intere zone della città in cui la carenza di negozi di prossimità, di uffici postali, di banche, di medici di base, è quotidianamente sotto gli occhi di chi ci vive. E di chi è costretto a prendere l’auto o a dover cambiare due o tre mezzi pubblici prima di arrivare a destinazione. “Il concetto di città da 15 minuti è prezioso proprio in questi casi – ragiona la sociologa dell’Università Bicocca Francesca Zajczyk, delegata comunale alla Conciliazione tempi città e servizi – perché pone l’accento su un valore di cui spesso ci dimentichiamo e cioè il diritto di ciascuno al tempo. Tempo che ora è speso, a volte in larga parte, negli spostamenti per raggiungere i luoghi della quotidianità ma che va assolutamente restituito alla giornata di tutti”.