A sorpresa, anche il trasporto navale scala una marcia e si impegna a ridurre le emissioni di gas serra. Venerdì scorso, dopo una settimana di colloqui a Londra, i governi membri dell’Organizzazione marittima internazionale (Imo) hanno votato una decisione che impone agli armatori di ridurre la quantità di emissioni che contribuiscono al riscaldamento climatico per unità di carburante: del 30% (rispetto ai livelli del 2008) entro il 2035 e del 65% entro il 2040. Nel corso delle trattative non sono mancati gli ostacoli, con alcune nazioni produttrici di combustibili fossili che si sono opposte alle misure. Hanno votato “no”, tra gli altri, la Russia, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Venezuela, l’Iran. Mentre gli Stati Uniti avevano abbandonato i colloqui Imo già martedì sera, coerentemente con la politica dell’Amministrazione Trump di ritirarsi dai processi internazionali in materia ambientale e climatica.

Non solo: la Casa Bianca ha minacciato, in una lettera inviata alle ambasciate con sede a Londra, di “misure reciproche per compensare eventuali tariffe applicate alle navi statunitensi”. Perché la decisione presa a Londra ha anche stabilito che gli armatori che non riusciranno a raggiungere gli obiettivi “base” nel percorso verso una riduzione del 30% entro il 2035 dovranno acquistare “unità correttive” dall’Imo per compensare la differenza, al prezzo di 380 dollari a tonnellata di anidride carbonica equivalente. I Paesi dell’Imo avevano già concordato nel 2023 di raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette “entro o intorno al 2050”, ma i colloqui di questa settimana sono stati fondamentali per capire come arrivarci adottando combustibili più ecologici ed efficienza energetica.
L’Organizzazione marittima internazionale userà i proventi delle eventuali “multe” agli armatori investendoli un nuovo “Net Zero Fund” per ripulire il settore marittimo, aiutare i lavoratori nella transizione verde e compensare eventuali impatti negativi di tale transizione sulle economie in via di sviluppo, come l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari dovuto ai maggiori costi di spedizione. Ma tutto rimarrà all’interno della navigazione commerciale, per la delusione degli attivisti per il clima e di alcuni governi che speravano che il denaro potesse generare decine di miliardi di dollari all’anno in finanziamenti più ampi per il clima. A Londra si è anche definita la soglia di inquinamento che permette di definire un “carburante a zero emissioni o quasi zero“, rendendone ammissibile il finanziamento: 19 grammi di anidride carbonica equivalente per megajoule (gCO?e/MJ) di energia, con un massimo di 14 grammi nel 2035. Questo potrebbe innescare ulteriori polemiche tra l’industria e gli ambientalisti sull’intensità di carbonio dei diversi carburanti, come i vari tipi di biocombustibili. Ma per i dettagli è tutto rinviato a una sessione dell’Imo che si terrà il prossimo ottobre.