Taglio del 75% delle emissioni per i voli a lungo raggio e del 60% per quelli a corto raggio e per i velivoli leggeri utilizzati in ambito locale entro il 2050. Il tutto grazie ai carburanti alternativi e alla propulsione elettrica. È quanto emerge dal documento “Decarbonizing aerospace – A road map for the industry’s lower-emissions future” di Deloitte Italia, azienda di servizi di consulenza e revisione. L’indagine si concentra sullo sfruttamento dei carburanti ecologici in rapporto al mercato dell’aeronautica sostenibile. Mai come in questo momento infatti, stante la drammatica crisi ucraina, occorre alzare la soglia di attenzione sulle fonti rinnovabili.
Motori elettrici: pro e contro
Per diffondere l’utilizzo di carburanti non fossili a basso impatto sul clima serve una “struttura di incentivi a favore sia delle compagnie aeree, sia delle società che producono e distribuiscono energia”, afferma Francesco Legrottaglie, leader del settore “Aerospace & Defense” (Aerospazio e Difesa) e partner di Deloitte Italia. Che però fa una precisazione. I motori elettrici per gli aerei rappresentano sì una soluzione a emissioni zero, ma applicabile soltanto a tratte molto brevi. Per giunta comporta la riprogettazione dei sistemi di propulsione dei velivoli, oltre a corposi investimenti in batterie e fonti di ricarica.
Propulsione a idrogeno: pro e contro
Anche la soluzione dell’idrogeno, sebbene allettante sul piano ambientale, implica procedimenti complessi che possono influire negativamente sul mercato. Secondo le stime di Deloitte, in presenza di norme precise e puntuali sugli oneri legati alle emissioni di carbonio (in Italia in parte esistono già) potrebbe verificarsi un decremento dei ricavi pari a 40 miliardi di dollari e una perdita di posti di lavoro che potrebbe toccare oltre 110mila addetti. Pur tuttavia, anche se non scattanti quanto i loro omologhi tradizionali, gli aerei a idrogeno liquido (LH 2) possono comunque svolgere un ruolo importante nel raggiungimento degli obiettivi climatici dell’aviazione per il 2050. Lo conferma anche uno studio dell’Icct (International Council on Clean Transportation). Gli aeromobili del futuro a fusoliera stretta con motore LH 2 potrebbero trasportare 165 passeggeri fino a 3.400 chilometri; quelli a turboelica, sempre alimentati con LH 2, 70 passeggeri fino a 1.400 chilometri. Entrambi i tipi potrebbero servire circa un terzo (dal 31 al 38%) dell’intero traffico aereo passeggeri.
La questione dei costi
Stando ai dati dell’Icct, l’idrogeno verde costerebbe di più rispetto al carburante fossile per jet, ma senz’altro meno rispetto all’utilizzo di idrogeno blu ed e-kerosene. Soprattutto nei confronti di quest’ultimo, l’idrogeno LH 2 verde risulterebbe più economico sulle rotte fino a 3.400 chilometri, specialmente dal 2035 in poi. Per essere competitivo dovrebbe costare tra i 102 e 277 dollari per ogni tonnellata di CO2 in meno, a seconda dell’area geografica. Così facendo, entro il 2050 gli aerei a idrogeno potrebbero davvero limitare (non ridurre in termini assoluti) le emissioni di CO2 nell’atmosfera rispetto ai livelli fissati al 2035. I motori LH2 comporterebbero una mitigazione di 628 megatonnellate in meno di anidride carbonica, pari al 31% delle emissioni. Sarà comunque necessario l’approntamento anche di altre tecnologie, inclusi aeromobili più efficienti in termini di consumo di carburante e più carburanti sostenibili per l’aviazione, insieme a misure per moderare la crescita del traffico aereo. Tutto questo, conclude l’Icct, per essere in grado di raggiungere l’obiettivo climatico, nei confronti delle compagnie aeree, delle emissioni zero nette entro il 2050.