Ovunque mi giri vedo confabulare fedelissimi cultori di foreste, legioni di alberi, semi, foglie, cambiamenti di stagioni. Nelle librerie fioriscono come neve fresca a dicembre numerosi saggi che filosofeggiano in ogni anfratto del paesaggio, decine di poeti e poetesse lanciano le proprie nuove e antiche poesie forestate, alberate, seminanti, corticanti; le nuove proposte di molte gallerie d’arte pullulano di parole come terra, campagna, natura, paesaggio; i cataloghi delle case discografiche sono tutto un fiore e una foglia in copertina, animali e insetti e radici.
Al telegiornale, ogni giorno, si parla di lotta al cambiamento climatico e mai come in questa stagione circolano autoritratti e selfie accanto a grandi alberi d’Italia e del Pianeta. Ovvero, dopo la caduta nel precipizio della storia delle due ideologie economiche e sociali che hanno caratterizzato quantomeno gli ultimi centocinquant’anni, all’umanità non è rimasto poi altro che, da quel che vediamo, cercare di riconciliarsi con la natura, con il Pianeta. Una Chiesa, potremo ipotizzare, della Riconciliazione Universale che crede nella sacralità degli ecosistemi, della natura appunto, ovvero la natura selvatica, la natura indipendente dall’antropocentrismo, sebbene anche noi siamo natura; un nuovo culto immanente dove la nostra specie è chiamata a modificare, prima o poi, radicalmente gli stili di vita e a diventare custode di un mondo che avanza, evolve e comunque si dissipa, poiché questa è la natura delle nature. E qui non si tratta tanto di citare una personalità o l’altra, ma di cogliere un movimento che oramai si è messo in moto in tante parti del mondo, e ben prima dei movimenti giovanili, che ne sono comunque parte.
Si tratta di un movimento così persuasivo e pervicace che anche le religioni più seguite ne vengono profondamente influenzate: basti pensare, ad esempio, all’ecologia integrata proposta da Papa Francesco, che altro non è che una nuova versione dell’ecologia profonda che in filosofia, ambientalismo e pensiero contemporaneo già circolava, oppure basti pensare al crescente protagonismo ambientale che partendo dalla cultura nordamericana ora sta lentamente rinvigorendo molte realtà del buddismo e del buddismo zen in tutto il cosiddetto Occidente, Italia compresa; sempre più spesso si sente parlare di eco-buddismo, di eco-Dharma, di green Buddhism o buddismo verde, e tutte le formule intermedie.
Lo scorso 21 novembre si è dunque manifestata la Giornata nazionale degli Alberi, che ha visto centinaia di iniziative in tutte le nostre regioni; articoli promettenti sui quotidiani, speciali, mappe, interviste, approfondimenti, antologie di testi, e anche nelle librerie le occasioni non sono di certo mancate. Tra i nuovi boschi cartacei ad esempio, mi è capitato tra le mani Piccolo manuale illustrato per cercatori di foglie, pubblicato da Il Saggiatore, con la consueta eleganza.
I testi sono cuciti da Giuseppe Zare e le splendide illustrazioni coloratissime realizzate da Sofia Paravicini. Non vi troverete nessuna notizia nuova, anche questa pubblicazione irrobustisce la mia vecchia idea che da anni si sta scrivendo e riscrivendo lo stesso più o meno vasto e più o meno ricco libro dedicato agli alberi e ai punti di contatto tra la nostra e le loro molteplici specie.
Le stesse nozioni, le classificazioni botaniche, da dove arriva, dove è nato, dove stanno magari i più grandi, aneddoti, curiosità, citazioni letterarie, citazioni religiose, insomma, il solito catalogo di opportunità che dieci anni fa probabilmente erano nuove, oggi sono cloni di cloni di cloni. Nonostante questo, il succinto manuale, poco più di 150 pagine, ribadisce lo stupore che gli uomini, fin dalla loro comparsa, hanno riservato ai fratelli alberi, giovando dell’ossigeno, del nutrimento garantito dai frutti, del riparo, del legno, delle resine e delle radici, nonché del benessere psicofisico e spirituale che ne possiamo trarre.
Tiziano Fratus vive in una casa davanti a un bosco. È autore di molti libri e medita.
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