Una strage senza precedenti: uccisi 1500 cetacei. Il mare di sangue e le immagini scioccanti sembrano riaprire il dibattito nell’arcipelago, con nuove richieste di porre fine al “Grind”, la caccia tradizionale delle isole. Non è una goccia ad aver fatto traboccare il vaso, ma un mare di sangue. Tanto che forse per la prima volta, in maniera più decisa, da interventi nelle radio locali come Kringvarp Føroya alle esternazioni sui social, anche i molti cittadini della Faroe si sono esposti per condannare una tradizione che sembrava indiscutibile, il Grindadráp (detto Grind), una caccia ai cetacei che avviene ogni anno. Nelle scorse ore alle Faroe sono stati uccisi quasi 1500 delfini, un numero da record secondo l’associazione Sea Shepherd che ha condannato, una volta di più, questa annuale mattanza.

Isole Faroe, 1500 delfini uccisi sulla riva: un massacro senza precedenti


 Sulla spiaggia di Skálabotnur sull’isola di Eysturoy un pod (gruppo) di delfini è stato incanalato nella baia e poi ucciso con coltelli, arpioni, persino sorte di trapani, strumenti insomma particolarmente cruenti. Una mattanza che ha origini antiche nell’ arcipelago a governo autonomo che fa parte della Danimarca, ma che sempre più abitanti fra i quasi 50mila residenti cominciano a contestare, definendola “crudele e inutile” esattamente come il resto del mondo, inorridito dalla strage.  Anche il documentario Seaspiracy, che tanto ha fatto discutere sul problema pesca nell’ultimo anno, aveva raccontato anche questa realtà, sottolineandone però i toni culturali, le radici della tradizione, pur naturalmente non condividendola. Oggi, davanti all’uccisione insopportabilmente violenta di così tanti delfini, anche i più strenui difensori della caccia ai cetacei sembrano cedere.

Seaspiracy, il documentario sulla pesca diventato virale in poche ore

Secondo Sea Shepherd, quella appena andata in scena è infatti “la più grande uccisione di delfini o globicefali nella storia delle isole”, con più animali morti che in un’intera stagione nella famigerata “Cove” di Taiji, la mattanza simile che avviene in Giappone. “Mi viene la nausea nel vedere questo genere di cose” scrive una residente sulla pagina Facebook dell’emittente locale Kringvarp Føroya e in tanti la seguono descrivendo il massacro ormai come “completamente terribile” e non nasconde di risvegliarsi “imbarazzato di essere faroese”. Dramma nel dramma, quest’anno la strage ha avuto anche tempi più lunghi, con gli animali rimasti intrappolati per ore in attese che i loro boia (meno persone del solito) togliessero loro la vita.

 

Heri Petersen, presidente dell’associazione locale di caccia Grind, ha ammesso che nella baia dove è avvenuta l’uccisione sono stati radunati troppi delfini e con troppe poche persone per ucciderli, così che l’agonia è stata ulteriormente prolungata. Anche Hans Jacob Hermansen, ex presidente della Grind Association, strenuo difensore della caccia tradizionale, ha ammesso che un evento come quello avvenuto con le dinamiche di quest’anno “distrugge tutto il lavoro che abbiamo fatto per preservare la caccia”. I sostenitori della tradizione sanno bene che oggi in un mondo dove grazie a internet foto e informazioni girano in tempo reale, immagini cruente come quelle che arrivano dalle Faroe, un lago di sangue e di carcasse, contribuiscono a rafforzare lo sdegno e la solidarietà tra coloro che chiedono di fermare questa tradizione centenaria.


 Oltretutto, il numero di delfini uccisi quest’anno appare completamente inutile anche per quella che è la volontà del Grind: ovvero condividere poi la carne degli animali fra le famiglie partecipanti e quella in eccesso con gli abitanti locali. Secondo il quotidiano danese Ekstra Bladet sono stati uccisi così tanti delfini che molti non verranno nemmeno usati per ottenerne la carne, ma semplicemente gettati. Un’assurdità totale. Solitamente in media ogni anno venivano uccisi circa 600 cetacei, nel 1940 ci fu un record di 1200, oggi siamo a 1500, è dunque un  massacro senza precedenti.

Una pratica che da anni le associazioni ambientaliste di tutto il mondo provano a fermare senza successo, nonostante petizioni di oltre 500mila firme e appelli vari alla Commissione Europea o alle autorità. Viene dunque da chiedersi se il mare di sangue di questo 2021 e lo sdegno mostrato da diversi cittadini, sia un primo segnale forte verso il cambiamento.  Per ora la tv pubblica Kringvarp Foroya ha semplicemente ricordato i dati di un sondaggio: il 50% delle persone delle Faroe si è detta contraria alla caccia dei delfini, ma l’80% è favorevole a quella delle balene.