Prenotiamo all’ultimo minuto? Sì ma lo scenario sta rapidamente cambiando. Lo racconta una ricerca di Amadeus, il più importante fornitore di tecnologie e soluzioni per i viaggi e la gestione delle prenotazioni turistiche, relativa al mese scorso e battezzata “Rebuilding Hospitality: Trends in Demand, Data and Technology that are Driving Recovery”. Cosa ne esce? Che a livello globale le prenotazioni di notti in albergo effettuate nelle 24 ore precedenti sono calate dal 39% del totale nella prima settimana dell’anno, col pianeta avvolto da insuperabili divieti di viaggio, al 23% nell’ultima settimana di aprile. Verosimilmente quella fetta dev’essere scesa ancora, negli ultimi giorni.

Insomma, la macchina dell’ospitalità si sta rimettendo in moto e la finestra di prenotazione ha ripreso ad allungarsi. Segno di una ritrovata fiducia nella programmazione di viaggi e soggiorni legata, almeno in certi paesi, al miglioramento della situazione epidemiologica, alle campagne vaccinali e ai sistemi di reciprocità che i governo stanno progettando e lanciando, dalle bolle ai “digital green certificate”, per evitare le quarantene (l’Italia ha appena eliminato quella di cinque giorni, si può ora entrare dall’area Schengen con un tampone PCR o antigenico negativo effettuato nelle 48 ore precedenti la partenza). Proprio aprile sembra essere stato un mese di relativa svolta, con tassi di occupazione degli hotel e delle altre strutture che ha toccato un confortante 46%. Basti pensare che nello stesso mese di un anno fa, quando il mondo era davvero chiuso a chiave per contenere la diffusione di un virus quasi sconosciuto, quel tasso era del 13%. Legato cioè solo alle necessità strumentali delle strutture d’emergenza in giro per il mondo.

Ovviamente il quadro è profondamente diverso a seconda della macroregione che si osserva: l’occupazione varia dal 60% delle stanze prenotate in Cina al 50% in Nord America. L’Europa è in coda con un 18% che promette però di crescere rapidamente già dalla fine del mese e poi da giugno per tutta l’estate con l’allentamento delle restrizioni e l’arrivo di un pass europeo che uniformerà il più possibile le regole per l’ingresso nei diversi paesi membri e appunto dell’area Schengen. Dovrebbe entrare in funzione fra la metà e la fine del prossimo mese.

Il rapporto di Amadeus spiega anche che se le prenotazioni last-minute sono state sostanzialmente l’unica modalità di viaggio residua durante i mesi di pandemia (nomadismo digitale a parte di cui abbiamo spesso parlato), le finestre stanno appunto allungandosi. Lentamente, ma il movimento comincia a farsi significativo: le prenotazioni effettuate da uno a due mesi di anticipo – per la precisione, da 31 a 60 giorni prima del soggiorno – sono passate dal 6% della prima settimana dell’anno all’11% di fine aprile. Per metterla in un altro modo, all’inizio di aprile 2020 il 62% di tutte le prenotazioni globali erano effettuate sette giorni prima e il 41% lo stesso giorno. Lo scenario, per fortuna, sta cambiando. Altre indagini supportano infatti l’ottimismo degli operatori del settore: secondo Skyscanner le prenotazioni per i voli sono passate ora a 80 giorni di anticipo in Europa, Medio Oriente e Africa, 70 in Nord e Sudamerica e 54 nella regione Asia-Pacifico.

Tornando ai numeri di Amadeus, dal rapporto esce che il problema più sentito da parte delle grandi catene e dei proprietari di hotel e strutture varie è la mancanza dei viaggiatori per affari, legata sia alle restrizioni ma anche e soprattutto al fatto che l’offerta delle compagnie è meno reattiva rispetto all’allentamento delle restrizioni. Insomma, anche dove si potrebbe andare in un certo paese con più facilità rispetto a qualche settimana o mese fa, spesso mancano i voli. O se ne trovano di troppo scomodi, lunghi e complicati magari per soggiorni brevi. Anche quest’anno per gran parte degli addetti ai lavori sarà dunque il turismo interno a salvare la stagione, anche se due-terzi degli albergatori non pensano che si possano raggiungere livelli di occupazione delle strutture paragonabili alla vita pre-Covid prima della fine del 2022.

Fra l’altro le piattaforme di intermediazione, forse scontando i problemi dello scorso anno fra rimborsi, voucher e altri sistemi non sempre lineari di gestione delle prenotazioni saltate, hanno visto calare la propria quota di prenotazioni gestite a favore di una riscoperta del “direct booking”. Anche se il meccanismo si è rimesso in moto e le cosiddette “ota”, online travel agency, producevano il mese scorso il 19% delle prenotazioni totali, in salita anche rispetto al 16% del 2019.

E con le vaccinazioni come la mettiamo? Difficile da dire. Il 46% degli albergatori su scala globale è indeciso se richiedere agli ospiti un “certificato verde” o una qualche forma di passaporto sanitario che attesti la vaccinazione. Un terzo, per ora, lo esclude.