È probabile che la nuova star del Muse, il Museo delle Scienze di Trento, racchiuso nella sapiente trasparenza vetrata progettata da Renzo Piano, sia una strana roccia di medie dimensioni e con striature colorate. È esposta nella nuova Galleria della Sostenibilità, inaugurata il 4 ottobre. Ha i contorni irregolari e taglienti, i suoi colori ibridi e indefiniti evocano qualcosa di inquietante. Non viene da Marte, ma è stata prelevata alle Hawaii. L’ha creata l’uomo, ma non c’è da vantarsene. È un Plastiglomerato, una “roccia originatasi dall’aggregazione di materiale plastico fuso che solidifica”, spiega una nota del Muse, che aggiunge: la solidificazione “ingloba tutto quello che è presente nell’ambiente di formazione, da frammenti rocciosi a residui di materiale umano”.

I film di horror-fantascienza dei primi anni ’60 ora diventano realtà? Non proprio, ma il plastiglomerato è la prova tangibile di come la plastica invada il pianeta e si rinnovi nella forma reclamando nella natura un posto che non le spetta

Il messaggio

Il messaggio che viene dal Muse e dalla rinnovata galleria è comunque chiaro. “Ci stiamo rendendo conto che è necessario passare dalle parole e dai ragionamenti ai fatti – spiega Michele Lanzinger, direttore del Muse – e non ne facciamo abbastanza. Come diceva Alexander Langer, pioniere dell’ambientalismo moderno, la transizione ecologica non potrà avvenire se non sarà socialmente desiderabile. Ma per farla serve la collaborazione di tutti: società civile, istituzioni, aziende, mondo reale”.

La nuova galleria prova a fare la sua parte. La realizzazione del percorso espositivo, 400 metri quadri supercompressi di narrazione e suggestioni, è stata possibile grazie all’utilizzo minimale di nuove risorse: il 95% dei monitor utilizzati sono di riuso; la plastica è stata ridotta del 90%; la fornitura è stata affidata per il 95% a imprese locali; i materiali di disallestimento della precedente esposizione sono stai riutilizzati al 100%; il legno utilizzato all’80% era di riciclo. Insomma, si può fare senza spreco.

Sette tavoli

Ed è quello sul quale nei sette tavoli organizzati nel percorso discutono virtualmente vecchie e nuove generazioni. Con i ragazzi che chiedono conto di quei comportamenti sbagliati, per eccesso di consumi, che hanno contribuito a intossicare il pianeta. Gli anziani spiegano che negli anni ’50 era normale adoperare il DDT per combattere gli insetti, i giovani spiegano che quei prodotti hanno contribuito a impoverire la biodiversità e ad aumentare il buco dell’ozono. Gli anziani spiegano di aver liberato dalla schiavitù dei lavori pesanti intere generazioni nei campi grazie alla rivoluzione delle fabbriche, che hanno portato denaro e progresso, i giovani ribattono che quella liberazione invece non ha prodotto a minor fatica e non ha generato maggiore cultura. Ma è un dialogo, e non uno scontro. Perché l’obiettivo è trovare una soluzione al problema, e farlo presto dal momento che – ha ricordato la presidente dell’ Asvis Marcella Mallen, il mondo è in ritardo rispetto alla tabella di marcia, e in Italia addirittura si è registrato un regresso in molti dei 17 obiettivi Onu sul clima.

F. Bo.