Sorridono e si sorridono. Con un “sorriso” contagioso, un po’ come accade per noi esseri umani. Loro, i delfini, lo fanno per interagire durante il gioco sociale: un’espressione facciale a bocca aperta, che molto ricorda il nostro modo di ridere, che adottano quando si trovano nel campo visivo dei loro compagni di gioco, che nel 33% dei casi rispondono, a loro volta, aprendo la bocca.

Arriva da una ricerca dell’Università di Pisa, in collaborazione con l’Università di Torino e l’Università di Renne, una nuova evidenza che fa luce sulla comunicazione dei tursiopi, tra i cetacei presenti nel Mar Mediterraneo. I risultati, pubblicati sulla rivista iScience, ampliano le nostre conoscenze sul comportamento dei mammiferi marini, che non smette di sorprendere.

Milkomarchetti.com/ZooMarine, Italy
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“Ci sorprendiamo, e ci siamo in parte sorpresi, soprattutto perché i cetacei hanno una ridotta mobilità facciale, e dunque ridotta è anche la potenziale espressività, certamente non paragonabile a quella dei carnivori terrestri e, naturalmente, dei primati”, sottolinea Livio Favaro, docente di Biologia Marina presso il Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino, tra gli autori dello studio.Ma il sorriso, ancorché primitivo, c’è e si vede. Registrato, per l’esattezza, 1288 volte durante le sessioni di gioco sociale osservate in due ambienti controllati (lo Zoomarine di Pomezia, in provincia di Roma, e il Planète Sauvage di Port-Saint-Père, in Francia): quasi sempre, ovvero nel 92% dei casi, il cosiddetto open mouth si è verificato durante le sessioni di gioco tra i delfini. Di più: nell’89% dei casi l’espressione della bocca aperta è stata registrata quando il volto di un altro esemplare, compagno di gioco, era nel campo visivo.

Milkomarchetti.com/ZooMarine, Italy
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Ce n’è abbastanza, insomma, per certificare la scoperta “di una espressione facciale distinta, la bocca aperta, nei tursiopi e di una risposta rapida degli esemplari alle espressioni facciali degli altri”, come sintetizza l’autrice senior ed etologa Elisabetta Palagi dell’Università di Pisa, che al tema del riso nel mondo animale aveva già dedicato, con il neuroscienziato Fausto Caruana, il libro Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale, in libreria per il Mulino, spiegando – tra l’altro – che “contrariamente a quanto vuole una tradizione bimillenaria, il riso non è affatto tipico dell’uomo, e non è necessariamente connesso allo humour”.

Non solo: la ricerca neurologica ha aiutato a individuare come sia nell’uomo, sia negli animali, l’attivazione di alcune aree del cervello è legata a contrazioni dei muscoli facciali assimilabili a una risata.Ora, però, la novità è che – insieme a scimmie, ratti, cani, leoni marini, iene, suricati e cavalli – sorridono, a modo loro, anche i delfini, dei quali erano noti, in letteratura scientifica, salti acrobatici e interazioni con oggetti, inseguimenti e contatti fisici. Non lo era, finora, quell’espressione un po’ così, che appare fatalmente presente nell’ampia documentazione – fotografica e video, quasi un album di famiglia (con sorrisi rigorosamente naturali, però) – che accompagna lo studio.

“Del resto i segnali a bocca aperta e la mimica rapida appaiono ripetutamente in tutto l’albero filogenetico dei mammiferi, il che suggerisce che la comunicazione visiva abbia svolto un ruolo cruciale nel dare forma a interazioni sociali complesse, non solo nei delfini ma in molti altri mammiferi nel corso del tempo”, annota ancora Palagi.“Siamo partiti dall’idea di analizzare il gioco dei tursiopi in una prospettiva multimodale, dalla componente visiva a quella tattile, fino alla comunicazione acustica”, racconta, ripercorrendo la ricerca, Favaro. “Sapevamo di avere a che fare con mammiferi che vivono in strutture sociali complesse. – aggiunge – E ci aspettavamo che il gioco fosse importante per mediare parte delle loro interazioni”. Quello che è emerso, nel corso dello studio, è l’evoluzione di un gesto nato per rappresentare una funzione specifica, il mordere, e fatalmente diventato altro. “Proprio così. – annuisce Palagi – Nei tursiopi la sequenza del morso si è interrotta, per lasciare solo la sua intenzione, senza contatto”. Ed è dunque diventata altro, in evidente analogia con la bocca aperta rilassata, che – spiega ancora la ricercatrice – “si vede nei carnivori sociali, nelle facce da gioco delle scimmie e persino nelle risate umane, è un segno universale di giocosità, che aiuta gli animali a segnalare il divertimento e a evitare i conflitti”.

Milkomarchetti.com/ZooMarine, Italy
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Una risata salverà anche il mondo animale, parafrasando Chaplin.Ulteriore riprova a supporto della tesi, lo studio di diversi gruppi sociali di tursiopi in ambiente controllato – mentre interagivano in coppia e mentre giocavano liberamente con i loro addestratori umani – ha mostrato gli animali usano l’espressione della bocca aperta quando giocano con altri delfini, ma non sembrano usarla quando giocano con gli umani o quando giocano da soli con degli oggetti.

E se fosse un caso? “Non si spiegherebbe – ribatte Palagi – il fatto che la probabilità di imitare la bocca aperta di un altro delfino entro un secondo risulti, nel nostro studio, 13 volte più alta quando il ricevente vede effettivamente l’espressione originale. Le percentuali di risposta osservate nei delfini sono coerenti con quanto osservato in alcuni carnivori, come i suricati e gli orsi”. Pochi dubbi, a quanto pare. E l’intenzione di continuare a ‘leggere’ i comportamenti dei tursiopi. Arrivando, chissà, a decifrare le loro vocalizzazioni durante le interazioni ludiche.

Milkomarchetti.com/ZooMarine, Italy
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“Una sfida intrigante – ammette Favaro – ma tecnicamente complessa, visto che in acqua non è semplice attribuire un suono a un animale specifico. Certo è – aggiunge – che delfini possiedono uno dei repertori vocali più vasti e complessi del regno animale e la funzione di molte vocalizzazioni emesse da questi animali è ancora sconosciuta”. Quanto basta per continuare a osservarli, anche quando ridono.