Non è raro che due o più pet vivano in una stessa casa, per esempio due cani o due gatti che si fanno compagnia. Quando uno di loro viene a mancare, il dolore travolge non solo noi, ma anche l’animale che resta. Uno studio condotto dall’Università degli Studi di Milano Statale, dimostra che anche i cani provano sofferenza e vivono il lutto in maniera in qualche modo simile alla nostra. La ricerca, pubblicata su Scientific Reports, ha preso in considerazione famiglie in cui vivevano due o più cani e in cui uno di questi è venuto a mancare. Gli scienziati hanno valutato i comportamenti degli animali superstiti e come cambia il rapporto con il padrone.
Il lutto, del padrone e del cane
Lo studio, che vede come prima firmataria Stefania Uccheddu, della clinica veterinaria San Marco a Padova, ha coinvolto 426 famiglie italiane con almeno 2 cani, di cui uno deceduto entro un anno o più di un anno prima rispetto al momento in cui è stata svolta l’indagine. Il test si è basato su questionari in cui i volontari hanno raccontato atteggiamenti e abitudini dei loro cani, prima e dopo la perdita. I partecipanti hanno anche stimato il proprio livello di stress dovuto al lutto e hanno descritto com’era e com’è adesso il loro rapporto con il cane superstite.
Perdere un compagno di giochi
Quasi 9 persone su 10 hanno notato un cambiamento in negativo nel comportamento del pet rimasto. In un’ampia fetta di casi queste alterazioni duravano da due a sei mesi e per un’altra parte oltre i 6 mesi – mentre solo un terzo dei partecipanti riferisce una durata inferiore ai due mesi. Stando alle risposte dei test, circa metà dei cani erano meno attivi, giocavano di meno e quasi sette su dieci cercavano più spesso l’attenzione dei padroni. Circa un terzo degli intervistati, inoltre, ha riferito che il proprio cane era più pauroso, dormiva di più e mangiava di meno, si lamentava e abbaiava di più. Insomma, non siamo gli unici a sperimentare il lutto, insieme alla tristezza e al dolore associati.
Gli effetti negativi non dipendevano tanto dalla durata di vita trascorsa insieme all’animale poi deceduto. A pesare, invece, erano soprattutto due elementi. Il primo è la qualità della relazione fra i due cani. “I cambiamenti nel comportamento erano maggiori quando il cane aveva un’amicizia o addirittura una relazione tipo genitore-figlio con il compago deceduto”, spiega Federica Pirrone, docente di Etologia veterinaria e Benessere animale presso l’Università degli Studi di Milano Statale, che ha coordinato la ricerca. “Molto probabilmente questo significa che il cane sopravvissuto ha perso una figura di attaccamento, che forniva supporto e protezione”.
L’influenza del padrone
L’altro elemento riguarda la possibile influenza del padrone, che vive a sua volta il lutto. Se questi, come è comprensibile e normale, è fortemente addolorato, il cane, un po’ come una spugna, può risentirne, provando più spesso emozioni come paura e ansia, insieme alla necessità di essere rassicurato e agli altri cambiamenti del comportamento. “Sappiamo che questa forma di contagio emotivo è possibile”, prosegue Pirrone, “dato che il cane è molto bravo a leggere le emozioni dei suoi compagni umani, attraverso i comportamenti, le espressioni e anche gli odori, e tende ad allinearsi a questi”.
Il cane fedele e la padrona sull’ambulanza: una delle storie di animali più toccanti del 2021
Cosa possiamo fare noi
La comprensione e la consapevolezza che anche l’animale può essere colpito dal lutto è importante per accompagnarlo in questo momento difficile. “È importante cercare di mantenere il più possibile le routine a cui il cane che sopravvive è abituato”, racconta Pirrone. “Questo perché la prevedibilità è molto rassicurante per lui. Stare con l’animale e condividere attività, facendogli sentire che può comunque contare su di noi, può essere estremamente utile”. Ma quando i segnali di stress sono marcati e protratti è bene chiedere un aiuto. “In questo caso è opportuno rivolgersi a un medico veterinario esperto in comportamento”, conclude la ricercatrice, “che valuterà la situazione dell’animale e prescriverà le terapie comportamentali e mediche più adeguate”.