Nonostante la sempre maggiore attenzione indirizzata all’impatto di alcuni eventi estremi legati ai cambiamenti climatici (tra cui tempeste, innalzamento del livello del mare, inondazioni, incendi) sul patrimonio immobiliare, ancora scarsa è quella dedicata all’effetto delle elevate temperature. Le anomalie termiche superficiali urbane, esaltate dal fenomeno delle isole di calore, possono infatti associarsi a un significativo aumento dei costi per il raffreddamento degli ambienti interni, del consumo di acqua e a un generale disagio che incide sensibilmente sulla qualità della vita. Questo aspetto è rilevante soprattutto in Europa, una delle regioni più attraenti al mondo per gli investimenti immobiliari, e ancor più in Italia, dove oltre il 70% della popolazione è proprietaria di abitazioni.
In uno studio pubblicato sulla rivista Sustainability, coordinato dai ricercatori dall’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe) con il contributo di Ispra, è stata indagata la variazione del valore immobiliare degli edifici residenziali in una città storica italiana (Firenze) in funzione delle anomalie termiche superficiali estive. “Abbiamo utilizzato dati satellitari Nasa per la stima della temperatura superficiale, quelli sul valore degli immobili dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle entrate e quelli sulle caratteristiche urbane (consumo di suolo, copertura arborea ed erbacea e corpi d’acqua) forniti da Ispra”, spiega Marco Morabito, Cnr-Ibe. “Per valutare il diverso valore immobiliare si è tenuto conto anche delle caratteristiche urbane circostanti gli edifici. Le analisi sono state condotte in varie zone della città (centrale, semicentrale e periferica) e su edifici con diversi pattern termici (hot-spot, cool-spot e zone neutre)”.
Dalle analisi è emerso che la temperatura superficiale è sempre più determinante per la valutazione del valore di un immobile residenziale man mano che ci si allontana dal centro storico. “Gli effetti sono infatti evidenti nella fascia semicentrale e soprattutto periferica, dove l’aumento del valore di mercato dell’immobile è associato linearmente a una diminuzione della temperatura”, prosegue Morabito. “La temperatura superficiale, invece, non è determinante per il valore immobiliare nella fascia centrale, dove altri elementi come la vicinanza a luoghi storici, paesaggistico e architettonici influisce in modo determinante. Anche se il 37% degli immobili residenziali centrali ricade in hot-spot termici, quasi il 10% di questi appartiene alla classe con il valore di mercato più alto“.
L’identificazione degli edifici in zone di hot-spot e la conoscenza delle caratteristiche urbane che li circondano sono informazioni utili per pianificare interventi mirati a renderli sostenibili e più efficienti dal punto di vista energetico. “In questo modo potranno essere evitati futuri deprezzamenti del valore immobiliare dovuti agli effetti del caldo. Per quanto ancora l’attrattività e il fascino di un edificio residenziale nel centro storico prevarranno sui costi di gestione sempre più elevati necessari per garantire una buona qualità della vita, viste le temperature sempre più elevate per periodi prolungati dell’anno?”, conclude il ricercatore Cnr-Ibe.