Mettiamo da parte le questioni di genere, perché nel regno animale è davvero difficile definire regole e convenzioni. I monogami si contano sulle dita di una mano, fingersi dell’altro sesso è una strategia per l’accoppiamento e non mancano anche i veri e propri cambi di sesso, durante la vita. Il tutto, per garantire una sopravvivenza più longeva alla specie e un’esistenza più felice e serena ai singoli individui. Sette esempi emblematici di questi comportamenti e inversioni di ruolo sono riportati in un articolo uscito su The Conversation. Sono, a tutti gli effetti, delle strategie riproduttive che ciascuna specie, sulla base delle proprie caratteristiche e delle regole sociali in cui vive, mette in atto. Come? Ne abbiamo parlato Giuseppe Bogliani, professore di zoologia all’università di Pavia, con un occhio di riguardo a esempi illustri che vivono nel nostro Paese.
Le strategie per farsi notare. O no
Tutte le strategie riproduttive messe in atto dalle varie specie riguardano la riproduzione sessuale, quella in cui ciascuno dei due genitori contribuisce alla prole con metà del proprio patrimonio genetico. Il primo vantaggio di questo tipo di riproduzione è l’aumento della diversità genetica, che rende la prole più attrezzata a far fronte a eventuali cambiamenti delle condizioni ambientali e più resistente ai patogeni.
Nella maggior parte del regno animale, le femmine hanno un numero finito di uova, mentre i maschi producono un numero quasi infinito di spermatozoi. Questo fenomeno è noto come anisogamia ed è il motivo principale per cui i maschi competono per le femmine sviluppando una serie di ornamenti fisici e armi, come le corna dei cervi o la coda del pavone. Questa regola, comunque, non vale sempre e in generale si può dire che è meno appariscente il sesso che si prende cura della prole.
“È una conseguenza della predazione, che solitamente agisce sugli individui che si prendono cura della prole”, spiega Bogliani. “Negli uccelli, chi si occupa della cova, più somiglia a una foglia secca, meglio è. Se il ruolo spetta alle femmine, quindi, i maschi hanno tutto l’interesse ad essere colorati, un po’ per farsi vedere dalle femmine, un po’ per imporsi sugli altri maschi. Nel caso del colore del piumaggio, la strategia messa in atto attira di più anche i predatori, ma consente loro di avere un maggior successo riproduttivo e di venire scelti, magari, da più femmine”.
Piume, palchi e canti
Prendiamo il Germano reale. Le piume blu e verdi dei maschi li rendono evidenti rispetto all’ambiente, e ne aumentano anche l’attrattiva. E le femmine scelgono i maschi più “sexy” proprio in base al loro piumaggio. Così, per la maggior parte delle specie, i maschi sono colorati in modo vivace e le femmine hanno un aspetto cupo. E, se nel caso degli uccelli è una questione di ornamenti e colore, nei cervi questo si nota nei grandi palchi e nelle rane nel loro canto.
“Fino a pochi anni fa si pensava che l’unica strategia possibile per i maschi, per garantire il passaggio del proprio patrimonio genetico alla prole, fosse farsi notare”, continua Bogliani. “In verità, alcune ricerche sugli stambecchi svolte pochi anni fa nel parco del Gran Paradiso, e volte a studiare soprattutto il valore adattativo dei comportamenti, hanno mostrato che non è così”.
Questi studi hanno misurato il successo riproduttivo vero, ricostruendo il legame parentale fra individui (chi è figlio di chi), e hanno trovato che non sempre i maschi adulti e con corna più imponenti erano quelli che avevano successo. C’erano invece maschi di quattro o cinque anni, con corna grandi la metà che, di nascosto, riuscivano a ingravidare una femmina.
“La loro strategia era al contrario. In pratica, mentre due adulti si contendevano la partner e litigavano fra loro per stabilire chi aveva il diritto di accoppiarsi, il maschietto più piccolo – che un pochino somiglia anche alla femmina perché ha delle corna insignificanti – riusciva a intrufolarsi e accoppiarsi per primo. E il successo di questa strategia è notevole, perché una frazione significativa dei piccoli di stambecco delle Alpi nascono da questi accoppiamenti”.
Un altro esempio nostrano di questo comportamento è quello del codirosso spazzacamino, un uccellino che nidifica nei colli Euganei. Il maschio è nero, lucido e con una coda color mattone, sa cantare e mettere in atto tutte le strategie migliori per attirare l’attenzione della femmina, che ha invece un colore grigiastro un po’ spento. Anche in questo caso, alcuni maschi, per lo più giovani e che non hanno ancora assunto le stesse caratteristiche di piumaggio degli adulti, si avvicinano alle femmine senza farsi notare dagli altri maschi (che appunto non li riconoscono perché somigliano alle femmine), e si accoppiano.
Meno appariscente chi si occupa della prole
È meno appariscente il sesso che si prende cura della prole, dicevamo. Nei cavallucci marini, ad esempio, la situazione è al rovescio: la femmina depone le uova nel ventre del maschio, che le feconda, mentre la femmina si allontana. Anche nei pesci è molto frequente che siano i maschi a effettuare le cure parentali. I maschi costruiscono dei nidi per attirare le femmine attraverso delle danze, e per far loro deporre le uova. Il maschio poi le feconda e le assiste.
“Vale un po’ la regola che l’ultimo che si trova con i figli è quello che deve accudirli, e garantire quindi il processo riproduttivo”, spiega Bogliani. E, quando è il maschio a doversi prendere cura della prole, spesso sono le femmine a doversi adoperare per farsi notare. “L’inversione dei ruoli c’è in molte specie europee. Uno di questi è il piviere tortolino, in cui le femmine sono tutte colorate e i maschi sono grigini, il contrario rispetto al germano reale, dunque, perché sarà il maschio ad accudire le uova mentre la femmina proseguirà altrove a deporre nuove uova. Anche nei casi in cui c’è questa inversione dei ruoli, comunque, le femmine pagano un costo rilevante nella riproduzione perché devono produrre le uova, che sono voluminose, contengono molto materiale energetico e calcio”.
A volte vince la monogamia
Il fatto che quasi sempre tocchi alle femmine il costo maggiore, perché producono uova e gameti più grandi e più “costosi” per l’organismo, quindi, fa sì che ai maschi costi meno mettere al mondo più figli. “A meno che non sia indispensabile in contributo paterno per mettere in atto le cure parentali, e in quel caso si hanno situazioni di monogamia temporanea o che può durare per tutta la vita”.
Esempi di questa situazione li troviamo in moltissimi passeriformi, che sono socialmente monogami perché le cure parentali maschili sono indispensabili. I ruoli sono quasi sempre abbastanza separati, nel senso che il maschio si occupa della difesa territoriale, dell’alimentazione della femmina durante la riproduzione delle uova e della cova, e poi entrambi si occupano del nutrimento dei piccoli.
“In alcune specie il contributo maschile alla prole è imprescindibile per garantire il successo della riproduzione. Pensiamo alle sterne, uccelli marini che per procurarsi il pesce si tuffano da una discreta altezza, per pescarne uno alla volta. Una femmina che sta per deporre e ha già l’uovo formato al proprio interno, rischia molto se si tuffa in acqua in quel modo. Il fatto che il maschio la nutra durante questo periodo ha quindi un indubbio vantaggio pratico”, conclude Bogliani.