Un passo avanti storico per la natura d’Europa. La Nature Restoration Law, la legge che punta a imporre agli stati membri di stabilire e attuare misure per ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’Ue entro il 2030, è passata “a sorpresa” durante la riunione del Consiglio a Lussemburgo. Si tratta di un risultato per nulla scontato, che ambientalisti, scienziati, verdi e associazioni in difesa della natura aspettavano da tempo, ma che per mesi è stato ostaggio del tira e molla o dell’atteggiamento denigratorio di alcuni Paesi, fra cui soprattutto l’Italia, Svezia, Finlandia, Ungheria o Olanda che si opponevano al passaggio della legge temendo ripercussioni economiche per il mondo agricolo. Per questo, anche nell’ultimo voto, questi paesi si sono schierati contro l’approvazione. Una opposizione che finora non aveva permesso di oltrepassare il 65% dei consensi necessari per approvare la legge: grazie all’Austria però, che dopo una iniziale contrarietà ha cambiato posizione all’ultimo minuto, la legge ha ottenuto il 66% dei sì ed è passata. Il regolamento sarà ora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE ed entrerà in vigore tra poche settimane.

 La Nature Restoration Law era una delle principali iniziative in bilico, all’interno del Green Deal, su cui non si era arrivati a un ok definitivo prima del voto dell’8-9 giugno delle Europee. Per questo in molti fra gli addetti ai lavori temevano per un dietrofront sull’iter della legge. Lo stallo si è risolto però grazie al cambio di posizione dell’Austria che ha aperto la strada all’approvazione e anche la Slovacchia, inizialmente incerta, ha sostenuto la legge durante il voto cruciale e ha contribuito ad arrivare alla maggioranza qualificata. Il testo finale esce comunque annacquato rispetto ad alcuni vincoli ipotizzati inizialmente, garantendo ad esempio in casi “eccezionali” una sorta di freno alle politiche di tutela dei suoli, garantendo così un appiglio per il settore agricolo. La legge, ricorda il Consiglio, “stabilisce obiettivi e obblighi specifici e giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura in ciascuno degli ecosistemi elencati, da quelli terrestri a quelli marini, d’acqua dolce e urbani”. Lo scopo è affrontare in maniera diretta il ripristino degli ecosistemi e contemporaneamente combattere la crisi del clima e lavorare, con politiche di mitigazione e adattamento, relativamente agli effetti dei disastri naturali che minano i nostri territori e la sicurezza alimentare.


 

Come ha detto Alain Maron, ministro della transizione climatica e dell’ambiente belga, “non c’è tempo per una pausa nella protezione del nostro ambiente. Oggi il Consiglio dell’Ue sceglie di ripristinare la natura in Europa, proteggendo così la sua biodiversità e l’ambiente di vita dei cittadini europei. È nostro dovere rispondere all’urgenza del collasso della biodiversità in Europa, ma anche consentire all’Unione europea di rispettare i suoi impegni internazionali. La delegazione europea potrà presentarsi alla prossima COP a testa alta”. Nel dettaglio il regolamento impone agli Stati membri di stabilire e attuare misure per ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marittime dell’UE entro il 2030 e interessa ecosistemi terrestri, costieri e d’acqua dolce, forestali, agricoli e urbani, comprese le zone umide, le praterie, le foreste, i fiumi e i laghi, “nonché gli ecosistemi marini, comprese le fanerogame marine e i letti di spugne ei coralli”. Per quanto riguarda gli habitat ritenuti in “cattive condizioni” gli Stati membri dovranno attuare misure per ripristinarne “almeno il 30% entro il 2030, almeno il 60% entro il 2040 e almeno il 90% entro il 2050”.

Non solo: nella Nature Restoration Law sono inclusi ad esempio sforzi per aiutare gli impollinatori entro il 2030, ma anche per ripristinare le torbiere e piantare alberi, oppure “per trasformare almeno 25.000 km di fiumi in fiumi a corso libero entro il 2030” con l’obiettivo di “rimuovere le barriere artificiali alla connettività delle acque superficiali”. Ogni stato dovrà “pianificare in anticipo e presentare alla Commissione piani nazionali di ripristino, mostrando come raggiungeranno gli obiettivi.  Devono inoltre monitorare e riferire sui propri progressi, sulla base di indicatori di biodiversità a livello dell’Ue”. Dopo l’entrata in vigore, entro il 2033 la Commissione esaminerà poi l’applicazione del regolamento e i suoi impatti sui settori agricolo, della pesca e forestale, “nonché i suoi effetti socio-economici più ampi” fanno sapere dal Consiglio. Esultano dunque tutte le associazioni ambientaliste che attendevano questo voto storico da tempo perché, come sintetizza il Wwf Europa, per loro si tratta di una “enorme vittoria per la natura d’Europa, per i cittadini e per le economie”.