I segnali erano già evidenti, ma adesso è arrivata la conferma: le regioni artiche si stanno rapidamente riscaldando, rilasciando in atmosfera più carbonio di quanto ne riescano ad assorbire. La fusione accelerata del permafrost dovuto all’innalzamento delle temperature sta infatti trasformando vaste zone in “fonti” invece che in “serbatoi” di gas serra. Fenomeno che potrebbero contribuire ad aggravare la crisi climatica. I dati di una nuova ricerca scientifica parlano chiaro. Secondo gli autori di uno studio condotto dal Centro di ricerca sul clima, il Woods Hole Research negli Stati Uniti (una delle istituzioni più influenti in materia di attività e pubblicazioni sul clima) appena apparso su Nature Climate Change, il 34% dell’Artico è diventato una fonte netta di emissioni di gas serra. Dato che sale al 40%, se si considerano anche le emissioni generate dagli incendi.
L’analisi sul campo
Tundra, foreste boreali e zone umide alle latitudini estreme sono uno dei pozzi di carbonio più importanti del Pianeta. I ricercatori sono riusciti a creare la mappa più completa mai svolta finora proprio sullo stato dei flussi di carbonio nell’Artico negli ultimi 30 anni. Sono stati infatti utilizzati dati provenienti da 200 siti di monitoraggio nel periodo 1990–2020. Un set di dati sui flussi di CO2 quattro volte più ampio rispetto agli studi precedenti. I flussi sono stati valutati con misurazioni sul campo, modelli di apprendimento automatico e mappatura ad alta risoluzione. Scrivono i ricercatori: “Sebbene abbiamo scoperto che molti ecosistemi del nord agiscono ancora come pozzi di anidride carbonica, le regioni di origine e gli incendi stanno ora annullando gran parte di quell’assorbimento netto e invertendo tendenze di lunga data”.
Gli elementi principali misurati durante l’indagine compiuta sull’Artico sono tre:
Il livello di assorbimento di anidride carbonica attraverso la fotosintesi della vegetazione
il rilascio di CO2 nell’atmosfera attraverso la respirazione microbica e vegetale,
le emissioni aggiuntive che derivano dagli incendi.
Come è cambiato l’Artico in 30 anni
L’analisi degli ultimi 30 anni fa emergere il dato più rilevante: stanno cambiando i regimi degli incendi e dell’attività microbica. Le cause?
- Disgelo del permafrost: l’aumento delle temperature dell’aria e del suolo ha scongelato i terreni precedentemente ghiacciati, favorendo la decomposizione microbica e il rilascio di CO2.
- Incendi: gli incendi sempre più frequenti contribuiscono in modo significativo alle emissioni.
- Dinamiche stagionali: sebbene l’assorbimento di CO2 in estate sia aumentato (con l’aumento del rinverdimento, l’espansione a nord della vegetazione a causa del riscaldamento globale), le emissioni invernali dovute all’attività microbica sono cresciute, riducendo la capacità netta di immagazzinamento del carbonio.
Un bilancio non in pareggio
Concludono gli scienziati statunitensi: avvengono cambiamenti di segno opposto, ma il bilancio non è in pareggio. Nonostante il fenomeno del greening, spiega lo studio, solo il 12% delle aree verdi ha mostrato un aumento netto annuale nell’assorbimento di CO2. E il meccanismo di feedback del carbonio del permafrost sta accelerando: il riscaldamento globale aumenta il rilascio del carbonio immagazzinato nel suolo ghiacciato, alimentando ulteriormente l’incremento della temperatura globale.