Vent’anni fa ha visitato il leggendario percorso alpino del Grossglockner, con vista sulla vetta più alta dell’Austria. Al suo ritorno, Herbert Högl è rimasto sconvolto dall’impatto del cambiamento climatico su questo magnifico paesaggio. Come lui, quasi un milione di visitatori, in auto, moto o bicicletta, “vive” ogni anno il percorso di 48 km con i suoi 36 tornanti, da inizio maggio a fine ottobre. Il punto culminante di questo spettacolare percorso è il Pasterze, il ghiacciaio più lungo dell’Europa centrale, che “oggi si è ritirato di 100-150 metri”, dice il 58enne informatico dell’Alta Austria. “Un tempo si poteva raggiungere con l’ascensore”, sospira. 

Sotto, il ghiaccio ha lasciato il posto a un lago bluastro, testimone dello scioglimento record dei ghiacciai alpini osservato dagli scienziati. Visitatore abituale della zona, il signor Neumann, 67 anni, ricorda gli “sforzi fatti” nei primi anni delle sue visite per “sgomberare la neve in primavera”, come spiegano i cartelli lungo la strada. All’epoca si dovevano impiegare 350 uomini per 70 giorni. Ora la neve non è più un ostacolo. Una delle principali attrazioni turistiche dell’Austria, questa strada costruita ai piedi del Grossglockner (3.798 metri sul livello del mare, la più alta vetta austriaca) è costituita da una serie di curve e tornanti, con curve dolci che conducono a gole, circhi, piccole gole boscose e cascate.

Grossglockner, i segni del cambiamento climatico sul più celebre ghiacciaio d’Austria

Anche la guardia forestale Heike Renger ha “notato la differenza” nel corso degli anni. “I raggi del sole sono più intensi e le precipitazioni sotto forma di neve sono minori”, ha dichiarato. L’anno scorso, la temperatura ha talvolta superato i 20°C alla fine della giornata, nonostante l’alta quota (2.504 metri la strada, circa 2.100 il punto più basso della massa di ghiaccio). Utilizzato per secoli dai Romani e dai Celti per gli scambi commerciali, il sentiero è stato trasformato nell’ambito di un enorme progetto di costruzione tra il 1930 e il 1935. “Era inteso come uno status symbol per l’Austria”, spiega la guida, che desiderava ripristinare la sua immagine dopo la caduta dell’Impero asburgico nel 1918.

Progettata per collegare il villaggio di Heiligenblut a sud con quello di Fusch a nord, la realizzazione dela strada fu un’impresa tecnica. Il suo progettista, l’ingegnere civile Franz Wallack, che in seguito scese a compromessi con i nazisti, la rese una delle prime grandi strade di montagna moderne progettate per le automobili. Fu anche l’occasione per dare lavoro a più di 3.000 disoccupati di città, ben felici di sfuggire alla crisi economica. Quasi un secolo dopo, i turisti sono felici di poter accedere a un sito di alta montagna che non potrebbero raggiungere con la sola forza dei polpacci. Possono scoprire “un centinaio di specie vegetali per metro quadrato”, afferma entusiasta Heike Renger, che cita anche le marmotte, gli stambecchi e i gipeti, avvoltoi rari e ben custoditi.

Per preservare il sito, che fa parte del parco nazionale degli Alti Tauri, le autorità hanno recentemente ridotto il limite di velocità, dai 90 km orari normali delle strade extraurbane austriache ai 70 all’ora. Stanno anche incoraggiando l’uso delle auto elettriche (o a idrogeno) – che beneficiano di una tariffa ridotta, 32 euro, rispetto ai 40 pagati dai veicoli convenzionali, camper e ibride incluse, mentre le moto pagano 30 euro se a propulsione termica, 24,50 euro se a zero emissioni – e delle biciclette. Ma la Route 107 è strettamente legata all’automobilismo: qui trascorreva le vacanze la famiglia Porsche, e la strada, bella come poche anche dal punto di vista della guida, tanto che l’abbattimento del limite di velocità ha scatenato un discreto brusio sul web, viene tuttora utilizzata come pista di prova da molte marche prestigiose, come ci ricorda una mostra in corso.