Barcellona. Torna il turismo di massa e con quello la conflittualità tra ospiti e locali, in una delle città dove l’onda del movimento anti-overtourism aveva raggiunto i picchi più clamorosi, dalle manifestazioni in piazza, a veicoli “forestieri” vandalizzati sino alle stesse norme adottate a livello municipale per arginare fenomeni come l’affitto delle case, che avevano anche preso di mira colossi come Airbnb.
Per ora non siamo a questo livello. Ma il ritorno di gruppi e bus turistici – che ha investito la “capitale” catalana all’improvviso, come accaduto nelle città d’arte nostrane, ha immediatamente riacceso il dibattito. Su quello che andrebbe fatto subito, e che magari si poteva fare durante i due anni abbondanti di quiete, e qui come altrove non è stato fatto.”
Per la prima volta, in questa primavera, il Barrio Gotico si è riproposto nella versione stipata di turisti al massimo delle sue capacità o quasi, se è vero che in aprile, weekend di Pasqua ma non solo, il tasso di occupazione alberghiero della città ha toccato l’85 per cento, valore vicino ai livelli pre-Covid.
“Ci sono sempre più navi da crociera, sempre più turismo, sempre più massificazione”, lamenta all’agenzia francese AFP Marti Cuso, un insegnante di biologia alle scuole superiori che ha sposato da tempo la campagna anti-overturism a Barcellona. “È stato uno shock, dopo due anni di pandemia”, aggiunge, lui che sperava che la città avrebbe utilizzato il periodo di quiete per rivoluzionare il suo modello di turismo
Lui, che nel quartiere gotico è cresciuto, ha raccontato di aver apprezzato la calma che respirava in quei due anni nell’area, un racconto che riflette quello di molti residenti delle città d’arte italiane, a cominciare da Venezia, ma non solo, in quel biennio dove i quasi 12 milioni di visitatori – valore record registrato nel 2019 – sono crollati fino al 77 per cento. “Le persone si sono riappropriate delle piazze i, bambini son tornati a giocare in strada – racconta Cuso dicendosi convinto che la pandemia ha rivelato le insidie “di una monocultura economica basata sul turismo”. “La maggior parte dei residenti che lavoravano nel settore si è ritrovata senza lavoro dal giorno alla notte”.
Gli arrivi di turisti a Barcellona sono cresciuti costantemente nel periodo pre-pandemia fino a innalzare la quota dei ricavi turistici al 15 per cento del fatturato economico della seconda città di Spagna, prima della grande crisi sanitaria.
Un boom che ha provocato crescente fastidio tra i residenti, con manifestazioni di protesta, inclusa quella nel 2017 in cui gruppi di “vigilantes” che si erano presi cura della salvaguardia degli interessi dei residenti avevano vandalizzato un bus turistico, tagliando le gomme e ricoprendo i vetri di vernice spray. In quello stesso periodo, un’indagine demoscopica condotta tra i residenti dal comune identificava il turismo come il principale problema della città.
“Dobbiamo cambiare il modello, per riconciliare i due mondi. Non possiamo avere la cittò dei turisti da una parte e quella dei residenti dall’altra”, racconta Francesc Muñoz, che guida un osservatorio che studia urbanistica all’Università autonoma di Barcellona.
Con le terrazze di nuovo piene di turisti che gustano la sangria, la giunta locale, di sinistra, ha fatto recentemente sapere di avere allo studio misure nuove per governare il settore. L’accesso alle piazze più frequentate potrebbe essere ristretto, la circolazione dei bus turistici regolamentata in modo più rigido. La città si è già impegnata a reprimere gli annunci illegali nei siti dedicati all’affitto di casa online, a cominciare da Airbnb, e ha vietato l’accesso dei gruppi allo storico mercato della Bouqueria nelle ore di punta dello shopping.
“Il turismo è un’importante risorsa economica, sociale e culturale per Barcellona”, spiega Xavier Marce, il consigliere comunale che si occupa di turismo. “Abbiamo bisogno di ottimizzare i benefici e controllare i possibili danni. Ma questo è il dibattito che ferve in tutte le città europee”
Marce respinge l’accusa del mancato utilizzo del periodo di calma. “È molto difficile risolvere i problemi del turismo, quando il turismo non c’è”, sostiene assicurando che i due anni non sono andati in fumo.
Eva Marti, guida 51enne spiega di capire il punto di vista dei residenti, ma crede che sia necesario trovare delle formule capaci di salvaguardare un’attività dhe dà da vivere a molti locali. “In questi 13 anni ho lavorato come guida ed è sempre più difficile trovare turisti in giro”, spiega facendo riferimento a certe norme restrittive, come quella che, in certe aree, limita la dimensione dei gruppi a 15 persone. “Dobbiamo trovare un punto di equilibrio”, racconta prima di riportare un gruppo proveniente da una nave da crociera al porto.
Cuso è d’accordo. “Non stiamo chiedendo turismo zero. Ci sarà sempre, ma dobbiamo avere una città diversificata, dove il turismo coesiste con altre attività economiche”.