L’abbondanza di attività da svolgere all’aperto. La qualità dell’aria. Il costo della vita o il prezzo delle abitazioni (e ovviamente anche i salari). I fattori in base ai quali scegliere un posto dove vivere, o dove viaggiare e da visitare (o magari, visti i cambiamenti delle abitudini post-pandemiche, dove tornare di frequente per una lunga staycation), possono essere numerosi e variano in base a ciò che si cerca, alla personalità, al proprio retroterra. Per chi, però, voglia solo un angolo di mondo in cui staccare del tutto o una metropoli che riesce comunque a rimanere vivibile, c’è un’indagine di Icelandair che ha messo sotto la lente parametri essenziali come inquinamento luminoso, traffico, livelli di felicità (per quanto misurabili) e altri aspetti che mescolano la vita quotidiana alla soddisfazione generale per determinare quali città del mondo offrano a chi ci vive, e anche a chi le visita, i contesti più rilassanti.

La compagnia di bandiera islandese ha rilasciato la ricerca, che senza sorpresa colloca la capitale Reykjavík al terzo posto, in occasione della Giornata mondiale sulla salute mentale, celebrata il 10 ottobre. Prendendo a sua volta le mosse da un recente sondaggio dell’American Psychological Association che ha approfondito l’impatto della pandemia sugli equilibri psicologici delle persone. Quell’indagine ha scoperto che il 46% degli appartenenti alla Generazione Z, quella dei nati dal 2010 in poi, ha dichiarato un peggioramento della sua salute mentale dall’inizio dell’epidemia di Covid-19. Stesso discorso per il 33% degli appartenenti alla Generazione X, quella dei nati fra 1965 e 1979, il 31% dei Millennials (1980-fine anni Novanta), il 28% dei “boomers” e il 9% degli anziani.

Bergen, Norvegia 

Il contesto ambientale gioca evidentemente un ruolo importantissimo sulla salute mentale, per questo Icelandair ha condotto il sondaggio puntando a partorire dei suggerimenti sulle venti città che possano offrire più tranquillità anche e soprattutto sotto questo punto di vista. Al primo posto c’è la norvegese Bergen, certo turisticamente sdoganata da tempo ma che sfoggia bassissimi livelli di congestione stradale (13%), bassi livelli di inquinamento luminoso e sonoro (24%) e un’elevata aspettativa di vita (83 anni). Alla seconda piazza c’è Perth, certo una città decisamente differente: capitale dell’Australia occidentale e quarta città del paese, conta due milioni di abitanti contro i 270mila di Bergen. Eppure, ad esempio perché ospita il più grande parco cittadino del mondo, il Kings Park più grande anche di Central Park a New York, è la prova che alcuni equilibri si possono tutelare anche quando la scala delle città le porta a diventare delle vere e proprie metropoli. Come detto, il podio si chiude con Reykjavík: anche l’Islanda viveva prima del Covid un momento d’oro per il turismo, ed è stata una delle prime destinazioni a riaprire, per cui non è forse più lo spicchio di mondo isolato che tutti immaginano. Ma secondo quegli elementi di valutazione è senz’altro fra le prime tre del pianeta.

La top 20 stilata dal vettore islandese prosegue poi con la finlandese Helsinki al quarto posto, da sempre al vertice di tutte le classifiche sulla qualità della vita, e premia in particolare Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti. Nel primo caso le destinazioni sono quattro: a parte Perth spuntano Brisbane, Melbourne e Sydney. Nel secondo, invece, c’è la capitale Wellington alla quinta piazza seguita a varie altezze della lista da Auckland e Christchurch. Nel terzo, infine, Dallas, Houston e Washington D.C. ma rispettivamente al 18esimo, 19esimo e 20esimo posto. In mezzo si fanno spazio Zurigo al sesto posto, Stoccolma, Oslo e Copenaghen che tengono alta la proverbiale qualità della vita scandinava, e infine l’israeliana Tel Aviv, Toronto e San Jose in Costa Rica.

Perth, Australia