Londra sta portando avanti da anni il programma “Smarter London Together Roadmap” che punta alla condivisione dei dati, alla realizzazione di infrastrutture all’avanguardia e all’introduzione di sistemi tecnologici intelligenti negli ambiti della vita urbana con l’obiettivo di ridurre i tempi di spostamento dei cittadini e contribuire a diventare carbon neutral entro la metà del secolo. New York sta implementando una rete di sensori in tutta la città, sta investendo per modernizzare le infrastrutture e ha quasi completato il posizionamento di cassonetti intelligenti alimentati a energia solare per i rifiuti e per la raccolta differenziata. Inoltre l’amministrazione comunale ha messo a disposizione dei cittadini l’app NYC 311 che fornisce utili informazioni su parcheggi e raccolta dei rifiuti. Singapore ha lanciato già nel 2014 “Smart Nation”, programma che ha reso la città asiatica tra le più avanzate tecnologicamente e sostenibili al mondo. I sistemi di monitoraggio del traffico sono supportati programmi di analisi dati e piattaforme digitali per la gestione di ogni settore economico, che rientri nella sfera del pubblico, come del privato. Il prossimo step sarà la creazione di una rete aerea per i droni che recapiteranno pacchi e lettere, liberando così le strade cittadine da migliaia di mezzi su gomma.
Migliorare la qualità della vita nei centri urbani è l’ambizione che accomuna – con differenti intensità – tutte le amministrazioni locali e i progetti citati sono soltanto alcuni di quelli che fanno leva sulla tecnologia per fornire risposte adeguate. La smart mobility è uno dei terreni più decisivi per completare la transizione digitale e realizzare quella ambientale, a patto di non limitarsi a interventi spot, bensì di mettere in campo uno sforzo articolato e, soprattutto, protratto nel tempo con target via via crescenti. Secondo stime della società di ricerca Guidehouse Insights, nel prossimo decennio il mercato tech per le smart city crescerà a un tasso annuo composito del 10,7% per raggiungere quota 301 miliardi di dollari, guidato dall’accelerazione della transizione digitale, dai cambiamenti dettati dall’esperienza pandemica (dallo smartworking alla pressione dei cittadini per centri urbani più a misura di pedoni e ciclisti) e dal crescente impatto del cambiamento climatico (con i fenomeni naturali estremi che, da eccezionali, si rivelano sempre più frequenti).
Una spinta importante arriva dall’espansione dei big data, con la possibilità di analizzare le enormi quantità di dati che transitano in maniera disordinata in azienda, in modo da trarne indicazioni utili per il business. La raccolta delle informazioni è facilitata dallo sviluppo del cosiddetto internet of things, cioè la capacità di mettere in relazioni oggetti e macchine per farle dialogare tra loro senza interazione umana. La combinazione di queste due frontiere consente di ottenere informazioni preziose da una grande quantità di fonti, integrando ad esempio sensori, sistemi di identificazione a radiofrequenza e bluetooth in modo da dar vita a un’unica rete. Questo approccio può portare ad adottare strategie in grado di abbattere la frequenza degli incidenti, ridurre i tempi degli spostamenti urbani e tagliare le emissioni di gas a effetto serra. Con i risultati che crescono quantitativamente nel momento in cui si fa ricorso all’intelligenza artificiale, che consente indagini predittive. Così non si tratta più solo di gestire le emergenze, ma di prevederle, in modo da programmare per tempo e poter ottimizzare gli interventi.
Un modello particolarmente efficace in tal senso è quello identificato come digital twin: in sostanza, si tratta di dare vita a una rappresentazione virtuale della città, che permette, attraverso un cruscotto, di visualizzare diversi indicatori di performance, in modo da ottenere un supporto adeguato per poter prendere decisioni migliori. Secondo uno studio di Berg Insight, le soluzioni Its (acronimo di Intelligent transport system) nell’ambito del trasporto pubblico europeo hanno sviluppato un giro d’affari di 2,15 miliardi di euro nel 2022, ma sono destinate a crescere al ritmo dell’8,8% annuo fino al 2027. Tra le sfide principali che il comparto dei trasporti si trova ad affrontare vi è infatti la capacità di creare connessioni tra treni, autostrade, vie cittadine, porti e aeroporti in modo che interagiscano tra loro offrendo varie opzioni, tra le quali poi il singolo utente sceglie la migliore in base alle necessità del momento.
Le smart city utilizzano l’intelligenza artificiale principalmente in tre ambiti: trasporti, approvvigionamento energetico e sostenibilità ambientale. Anche se sono poche le esperienze in cui i programmi sono davvero integrati non solo perché si tratta di far parlare sistemi informatici che sono stati creati nel corso dei decenni, ma anche perché le nuove tecnologie hanno dei costi che per molte amministrazioni sono difficili da sostenere. Senza trascurare altri ostacoli come le normative in tema di privacy dei cittadini, i rischi legati agli attacchi informatici e la carenza di personale con adeguate competenze digitali. Va anche detto che spesso la mobilità urbana è gestita da una pluralità di soggetti pubblici, che in alcuni casi faticano a garantire un’adeguata interoperabilità. E la questione si fa ancora più complicata quando si tratta di far dialogare piattaforme del pubblico con quelle dei privati, come gli operatori dello sharing. Di positivo c’è la consapevolezza che non si può tornare indietro. L’Ue mette sul piatto risorse ingenti per la doppia transizione digitale e ambientale, per cui la grande sfida è nella capacità di intercettare e impiegare il denaro a disposizione.