“Nel trasporto su gomma la sostenibilità oggi si può ottenere con la transizione verso carburanti alternativi e l’ottimizzazione dei processi e degli stessi asset di trasporto”, sostiene Alberto Curnis, ricercatore presso l’Osservatorio Contract Logistics Gino Marchet del Politecnico di Milano. Si parla quindi di biometano, HVO (Hydrotreated Vegetable Oil) e un domani l’idrogeno verde, senza contare lo sviluppo dell’elettrico. E poi la ricerca costante di un’ottimale saturazione degli spazi presenti nei mezzi, la riduzione dei ritorni a vuoto, semirimorchi a doppio piano o l’utilizzo dei doppi semirimorchi – già presenti in Spagna e Danimarca.
“In Italia troviamo il Progetto 18, avviato nel 2009 dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e da ANFIA, rivolto all’impiego di una combinazione ottimizzata trattore-semirimorchio con lunghezza complessiva di 18 metri consentendo il posizionamento di 36 pallet invece dei 33 consoni dei mezzi da 16,5 metri, abilitando una riduzione del numero dei camion circolanti, dei viaggi e delle emissioni”, aggiunge l’esperto.
Un altro fronte è quello della multimodalità di trasporto sulle lunghe distanze. Ad esempio una consegna che prevede una tratta su treno e una via camion, oppure un trasporto effettuato in parte via mare e in parte su strada. In questo contesto si parla in particolare del trasporto intermodale, dove non avviene la “rottura” del carico, che rimane all’interno della stessa unità, dall’inizio alla fine del ciclo di trasporto. Per altro la via ferroviaria e quella marittima in molti casi hanno un impatto ambientale inferiore rispetto a quello stradale alimentato a fossile. La grande flessibilità si ritrova anche nei carburanti. “Il biometano liquefatto e l’HVO vanno bene per le lunghe percorrenze, mentre l’elettrico, oggi già applicato nelle brevi distanze, è interessato da diverse iniziative sul mercato per lo sviluppo tecnologico e infrastrutturale al fine di abilitarne un’efficace implementazione sulle tratte più lunghe. L’idrogeno verde è in una fase di studio e di sviluppo iniziale, spinto in gran parte in Italia dai fondi messi a disposizione dal Pnrr, ed, infine, la sfida degli e-fuels, ossia i combustibili sintetici prodotti dalle rinnovabili, che richiederanno ancora anni di sviluppo prima di potenzialmente giungere sul mercato”, conclude Curnis.
I vantaggi del biometano liquefatto
La società di autotrasporti LC3 Trasporti – pioniera nel settore della logistica sostenibile – da tempo sta puntando sul cosiddetto BIO-Lng (biometano liquefatto). Dispone infatti di 250 veicoli (autoarticolati), di cui il 70% alimentati con questo carburante. È considerato sostenibile poiché è il frutto di un processo di lavorazione che prevede la decomposizione biologica di materia organica. Rispetto al comune gasolio e a parità di percorrenze permette di abbattere i consumi di CO2 (-78%), gli ossidi di azoto (-60%) e il particolato (-96%). Nel caso di LC3 si tratta per lo più di mezzi Iveco e la prospettiva è di aumentare ulteriormente il parco macchine green. Dopodiché, come spiega il fleet manager di LC3 Giuliano Baldassari, dal 2021 vengono già impiegati semirimorchi con impianto di refrigerazione ad azoto liquido (-180°C), che abbattono l’inquinamento acustico e anche il rumore percepito. Una soluzione che non genera emissioni inquinanti nell’atmosfera, al contrario dei consueti impianti di refrigerazione che sfruttano il gasolio per l’alimentazione. L’ulteriore evoluzione è nel nuovo semirimorchio Powered Trailer sviluppato da SolarEdge e-Mobility, che sarà consegnato in versione definitiva e commerciale a settembre.
Il semirimorchio elettrico di SolarEdge con più fonti di energia
Il colosso internazionale SolarEdge, sulla base della sua competenza nei settori degli inverter e dei pannelli per il fotovoltaico, ha sviluppato grazie alla sua declinazione e-Mobility, situata a Perugia, una piattaforma semirimorchio (circa 13,5 m) elettrica che sfrutta diverse fonti energetiche. In pratica l’elemento che normalmente si aggancia a un trattore stradale che consente il trasporto su gomma di materiali e beni si evolve. Come spiega il sales manager Francesco Mittica di SolarEdge e-Mobility la novità consta in una serie di apparecchiature modulari che possono essere applicate – grazie al lavoro di uno specialista – a un semirimorchio tradizionale per renderlo elettrico e green. Nello specifico si parla della possibilità di avere un’unità dotata di pannelli solari (24 mq2 di superficie), batterie, tecnologia plugin e un assale per il recupero dell’energia capaci di contribuire non solo allo spostamento ma anche all’alimentazione dell’eventuale unità di refrigerazione. Ovviamente le prestazioni variano a seconda delle condizioni ambientali, i percorsi e gli allestimenti. Già, perché senza l’unità di refrigerazione, i soli pannelli, l’assale e il dimensionamento del pacchetto batterie (max 75 kWh) consentono di migliorare le performance e di conseguenza migliorare ulteriormente la riduzione dell’impatto ambientale.
Uno degli ultimi test su strada a Roma ha confermato che su una tratta di oltre 250 km è stato possibile ridurre di circa il 24% il consumo di carburante, con un consistente abbattimento dei livelli di emissioni e anche dei costi. Secondo l’azienda 19 veicoli con i rispettivi semirimorchi elettrici sono in grado di abbattere l’emissione di 1,4 tonnellate di CO2 in un solo giorno di operatività. Da rilevare che in una consueta giornata assolata più dell’80% dell’energia viene generato dall’assale e il sistema di recupero, quindi l’apporto dei pannelli risulta quasi più strategico quando il mezzo è fermo rispetto a quando è in movimento. La condizione ideale, come spiega Mittica, è quella di disporre di un quartier generale o un hub per autoarticolati dotato di pannelli solari, batterie e inverter. Il tutto sfruttando anche soluzioni telematiche avanzate per il monitoraggio e la gestione dei veicoli, nonché l’efficienza energetica, giocando anche la carta della ricarica bidirezionale. In questo modo tutti i pannelli, compresi quelli montati sui mezzi che generano 2-3 kWh, possono dar vita a un sistema unico capace di alimentare i servizi della sede, stivare energia nelle batterie delle infrastrutture oppure direttamente in quelle dei mezzi, ricaricare altri veicoli elettrici e in caso di sovrabbondanza vendere alla rete nazionale.
Infine c’è un tema normativo che si è appena sbloccato. L’associazione di categoria International Association of the Body and Trailer Building Industry (CLCCR) ha contribuito negli ultimi tre anni all’approvazione di una nuova definizione comunitaria che agevolerà le omologazioni dei semirimorchi elettrici. In pratica a breve non ci sarà più bisogno di omologare ogni singolo mezzo, ma applicare le stesse regole previste per la produzione in serie.
Una strategia green diversificata
Michele Ambrogi, presidente di LC3, sottolinea che la complessità della logistica, sotto il profilo ambientale, dovrebbe essere affrontata con una strategia diversificata capace di mettere insieme più tecnologie. Anche nel rispetto delle esigenze di mercato e degli equilibri finanziari. “Proprio qui a Piacenza, dove c’è la filiale più importante per LC3, stiamo realizzando uno dei primi impianti a idrogeno per l’alimentazione dei trattori (stradali) in collaborazione con Edison Next”, sottolinea Ambrogi. “Per i veicoli invece abbiamo un accordo con Iveco e i primi modelli dovrebbero arrivare in Italia nel 2025-2026”. Senza contare il contratto di fornitura di 30 trattori full electric Daimler Truck eActros 600 equipaggiati da un tris di batterie da complessivi 621 kWh/600 kWh capaci di assicurare un’autonomia di circa 500 km. La prospettiva è che l’idrogeno diventi la tecnologia di riferimento per il lungo raggio, andando progressivamente a sostituire i mezzi a BIO-Lng. L’elettrico invece dovrebbe assicurare la copertura del breve e medio raggio.