“Ancora pochi italiani sanno che se comprano un elettrodomestico, il rivenditore deve ritirare gratuitamente quello vecchio (1 contro 1). Oppure se possiedono un piccolo elettrodomestico in disuso o rotto a casa, possono disfarsene consegnandolo gratuitamente in un negozio di elettronica anche senza acquistarne uno nuovo (1 contro 0)”.
Dario Bisogni, presidente di Erion Weee, il Consorzio del Sistema Erion dedicato alla gestione dei Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), parte da una nota dolente, cioè la “disinformazione” dei cittadini, per spiegare uno dei motivi del basso livello di raccolta dei dispositivi elettronici in Italia. Criticità che una recente indagine, commissionata da Erion a Ipsos, ha messo a nudo. “Il quadro è allarmante perché sono davvero troppi i Raee dimenticati nelle case degli italiani. Basti contare che in media ogni cittadino ne ha 9. L’81% degli italiani ne ha almeno uno in casa ancora funzionante, ma inutilizzato, e il 61% lo tiene anche se rotto (soprattutto vecchi cellulari, caricabatterie e laptop). Rifiuti che, se avviati al corretto riciclo, potrebbero rappresentare una miniera strategica di materie prime di cui il nostro Paese è sempre più povero”, rivendica Bisogni.
“L’indagine di Ipsos mostra che, parlando di piccoli dispositivi elettronici, a fronte di un 63% di intervistati che si sono disfatti di almeno un Raee negli ultimi 12 mesi, 1 su 6 dichiara di averlo fatto in modo inappropriato, gettandolo nel sacco dell’indifferenziata, nel cassonetto stradale o nel bidone della plastica (asciugacapelli, tostapane, frullatori e caricabatterie per cellulari). Sappiamo quindi che su questo fronte c’è da lavorare, potenziando la comunicazione al cittadino e moltiplicando i centri di raccolta.
La disinformazione è però solo un aspetto del problema; un altro, particolarmente rilevante, è il fenomeno dei “flussi paralleli”, ovvero le vie alternative, spesso illegali, che prendono i Raee in Italia. “Nel 2021, il sistema Raee italiano ha raccolto oltre 380mila tonnellate di Raee (di cui più di 260mila gestite da Erion Weee). Questo ha permesso di ricavare circa 350mila tonnellate di materie prime seconde come ferro, rame, alluminio e plastica. Abbiamo fatto passi da gigante rispetto alle 80mila tonnellate gestite dai Sistemi Collettivi nel 2008. Potremmo però fare di più. Il problema è che non sappiamo dove vanno a finire i Raee non intercettati dai Consorzi.” dice Bisogni.
“Una grossa quantità di grandi elettrodomestici ‘sparisce’. Frigoriferi (Raggruppamento R1) e altri grandi bianchi (Raggruppamento R2), che sono tra più significativi in termini di peso, hanno un mercato essenzialmente di sostituzione: questo significa che ad ogni pezzo venduto dovrebbe corrispondere un pezzo buttato, raccolto dai rivenditori con il servizio ‘1 contro 1’, oppure dai servizi domiciliari dei Comuni; invece non è così: mancano all’appello oltre 150mila tonnellate di Raee all’anno, che equivalgono grosso modo a tre milioni di pezzi. Tre milioni di frigoriferi e lavatrici spariti ogni anno in mercati paralleli, ‘catturati’ da soggetti che cercano di massimizzare i propri profitti estraendo dai Raee le materie più facili senza curarsi dell’impatto ambientale del trattamento”.
Il settore dei Raee, quindi, potrebbe rappresentare un’opportunità per il Paese. Eppure, l’Italia da anni fatica ad alzare il livello di raccolta di questa tipologia di rifiuti mentre l’Unione europea preme giustamente per risultati concreti: “Secondo i target Ue, la raccolta di Raee in Italia dovrebbe attestarsi almeno a 10 kg pro-capite all’anno, mentre siamo poco al di sopra dei 6 kg. Colmare questo gap è in primo luogo un’esigenza di salvaguardia ambientale. Solo la filiera ufficiale, cioè il sistema dei Consorzi, garantisce una gestione corretta e sicura dei Raee, massimizzando inoltre il riciclo delle materie prime seconde. È evidente che l’Italia sta perdendo un’opportunità. Pertanto, intervenire sulla filiera dei Raee non solo è urgente ma anche strategico sotto il profilo dell’economia circolare, per superare la dipendenza da altri Paesi soprattutto in un momento come quello attuale di fortissima carenza di materie prime”, conclude Bisogni.