È un’idea folle, di quelle che si leggono nei libri di fantascienza. Ma dal momento che arriva dagli scienziati del Massachusetts Institute of Technology, e che riguarda il cambiamento climatico, forse è il caso di ascoltarla con attenzione, e di darle un po’ di credito. Gli esperti di Boston, sostanzialmente, hanno proposto – o meglio: riproposto, come vedremo tra un attimo – l’ipotesi di lanciare in orbita un enorme “parasole” composto di bolle ultrafredde per schermare il nostro pianeta da parte del calore solare, dandoci così un po’ di refrigerio dal riscaldamento globale. Il che ci consentirebbe, nell’auspicio di chi lo propone, di prendere tempo ed evitare la catastrofe climatica mentre cerchiamo di ridurre a zero le emissioni di gas climalteranti in atmosfera.
L’idea, come anticipavamo, non è nuova. Già verso la fine degli anni ottanta, infatti, come racconta Kenneth Roy in un articolo appena pubblicato sulla rivista Acta Astronautica, fu avanzata l’ipotesi di spiegare un enorme “ombrello” parasole nei pressi del punto di Lagrange L1 (i punti di Lagrange sono i punti in cui la forza gravitazionale di due corpi si “bilancia” e quindi un terzo corpo vi rimane in una posizione di stabilità) tra Terra e Sole, utilizzando un “sandwich” di vetro, spesso circa due chilometri, che avrebbe riflesso all’indietro parte della luce solare, mitigando l’aumento della temperatura sulla superficie terrestre. Da allora, l’idea è stata ripetutamente rivista e modificata, soprattutto per quanto riguarda la composizione dello scudo, per il quale sono stati proposti perfino materiali estratti dalla Luna o da un asteroide: fino a questo momento, però, le difficoltà tecniche ed economiche dell’impresa hanno fatto sì che la cosa rimanesse solo una suggestione o poco più.
Carlo Ratti: come riscalderemo Helsinki senza inquinare
Ma tutto questo certamente non è bastato a scoraggiare gli scienziati del Mit, che sono appena tornati sull’idea proponendo uno studio di fattibilità relativo allo sviluppo di una serie di bolle di schiuma della dimensione del Brasile. Dove per “schiuma” si intende un miscuglio omogeneo di sostanze simili al silicio fuso, di spessore variabile, in modo da poter riflettere diverse lunghezze d’onda della luce solare. Per quanto possa sembrare strano, un ombrello fatto di bolle avrebbe molti vantaggi rispetto a un parasole “convenzionale”: anzitutto, potrebbe essere “gonfiato” direttamente in orbita, con un conseguente abbattimento dei costi; inoltre, sarebbe più semplice da distruggere nel caso succedesse qualcosa di imprevisto. Basterebbe, in tal caso, far “scoppiare” le bolle e lasciare che la schiuma si disperda nello spazio. Secondo i primi calcoli, un sistema del genere potrebbe essere in grado di ridurre dell’1,8% circa la quantità di luce solare che arriva sulla Terra, una cifra coerente con quella degli studi precedenti. Diversi esperimenti, in effetti, hanno già mostrato che è possibile gonfiare bolle in condizioni abbastanza estreme, cioè a una pressione di tre millesimi di atmosfera circa e una temperatura di cinquanta gradi sotto lo zero; ma c’è da dire che nello spazio le condizioni sono ancora più estreme, e quindi il lavoro da fare è ancora molto.
“Siamo convinti”, ha dichiarato Carlo Ratti, docente di tecnologie urbane al Senseable City Lab del Mit, “che portare avanti studi di fattibilità di questo tipo potrebbe aiutarci a prendere decisioni più informate negli anni a venire, se gli interventi di geoingegneria dovessero diventare impellenti per mitigare l’emergenza climatica”.
Attenzione, però: al di là della loro effettiva fattibilità, sia presente che futuro, idee come questa non devono farci pensare che il problema dell’emergenza climatica sia o sarà risolto facilmente. Le azioni da intraprendere nell’immediato devono essere tutte concentrate nella riduzione delle emissioni; altrimenti non ci sarà ombrello che tenga.