In analogia con il settore della moda, lo hanno battezzato fast deco. E altro non è che arredamento a basso costo, acquistato rapidamente e altrettanto velocemente gettato via. Ad accendere i riflettori sul fenomeno è il report “Tendances maison: l’envers du décor”, di recente pubblicato dalle associazioni francesi Zero waste, Les amis de la Terre, Réseau national des ressourceries et recycleries.

 

Dagli anni Duemila noti marchi di abbigliamento low cost, come H&M e Zara, si sono lanciati nel comparto della casa, dando vita rispettivamente a H&M Home e a Zara Home. Più di recente, a fare la parte del leone sono i siti di vendita online Shein e Temu, che riservano apposite sezioni ad arredi e oggettistica.

Collezioni sempre nuove

La fast deco si basa sullo stesso modello di business della fast fashion. Non a caso, anche nel settore dell’arredamento sta prendendo piede il concetto di collezioni, che propongono nuovi colori, nuovi oggetti e nuovi stili ogni anno. Ikea, per esempio, pur mantenendo i mobili iconici del marchio, aggiunge 2mila articoli all’anno al proprio catalogo, mentre Maisons du Monde propone annualmente 3mila nuovi articoli (sui 15mila già a catalogo). Ogni settimana Shein mette in vendita un centinaio di nuovi oggetti nelle categorie ‘decorazione’ e ‘tessile casa’, approfittando di ricorrenze come Natale, Pasqua, San Valentino per incentivare gli acquisti.

“Questo rapido rinnovamento dell’assortimento è una novità nell’ambito dell’arredamento, visto che fino a poco tempo fa i mobili erano fabbricati per durare il più a lungo possibile e per essere tramandati di generazione in generazione”, commenta Cécilia Soler, docente di marketing all’Università di Göteborg, in Svezia.

 

Un oggetto tira l’altro

A rendere desiderabili oggetti e mobili per la casa sempre nuovi ci pensa una buona dose di marketing. Secondo Johan Stenebo, ex manager ed ex assistente di Ingvar Kamprad, fondatore di Ikea, “l’azienda ha introdotto pratiche di neuromarketing già molti anni fa. Si tratta, in pratica, di manipolare il cliente. Una volta che prendi una borsa col logo aziendale e ci metti dentro un articolo, inizi un percorso che ti porterà a uscire dal negozio con molti più oggetti del previsto”.

Gli e-commerce, come Shein e Temu, sfruttano le strategie di marketing emozionale, basate su promozioni flash permanenti e sulla scarsità di un prodotto (disponibile, per esempio, solo per un limitato periodo di tempo), creando nell’utente l’urgenza di passare all’acquisto.

 

Ciò che fast fashion, fast food, fast furniture e ora anche fast deco hanno in comune sono i prezzi bassi“, sostiene Soler. “Ma quando il prezzo è molto esiguo, si può essere sicuri che qualcuno o qualcosa sta pagando un prezzo”.

 

La razzia del legno

Di fatto, cuscini, tende, cassettiere, comodini incrementano i danni fatti dagli abiti low cost. A detta dell’Agenzia della transizione ecologica francese (Agence de la transition écologique, Ademe), la produzione dei mobili (estrazione e lavorazione delle materie prime, loro fornitura e assemblaggio) rappresenta la fase a maggiore impatto ambientale (50-80%). Tra i materiali, il legno è ancora oggi il più utilizzato. Come denunciato nel documentario del 2023 intitolato Ikea, le seigneur des forêts (Ikea, il signore delle foreste), ogni anno vengono utilizzati 20 milioni di metri cubi di legno per realizzare gli arredi proposti dalla multinazionale svedese. In pratica, ciò significa abbattere un albero ogni due secondi. Del resto, già dagli anni Novanta, il colosso è stato accusato di avere spazzato via illegalmente foreste in Russia, Ucraina, Polonia.

Lavoratori sfruttati e privi di diritti

Gli autori del report francese sottolineano poi che le condizioni di lavoro nelle industrie fast deco sono caratterizzate da numerose violazioni dei diritti umani. La produzione di cotone, utilizzato anche per realizzare tessuti decorativi, è stata oggetto di numerose denunce da parte di organizzazioni internazionali. Nel 2021, per esempio, l’associazione Antislavery ha scritto una lettera aperta per condannare lo sfruttamento degli uiguri, un’etnia che popola il nord-ovest della Cina.

 

E ancora, l’associazione Earthsight ha denunciato l’uso del lavoro forzato di circa 8mila prigionieri politici in Bielorussia, impiegati per raccogliere alberi e trasformarli in un’ampia gamma di prodotti in legno, tra cui mobili, destinati all’esportazione nei Paesi occidentali.

 

Anche la nostra salute è a rischio

Come evidenzia il documento, la frequente sostituzione di arredi e oggetti decorativi tra le mura domestiche può avere un impatto negativo sulla nostra salute, visto che questi ultimi possono emettere composti organici volatili, alcuni dei quali, come la formaldeide, risultano irritanti, tossici, cancerogeni. A rilasciare tali composti, specialmente nei primi anni di vita dei mobili, subito dopo la loro immissione sul mercato, sono soprattutto i prodotti ignifughi utilizzati per il trattamento delle superfici, oltre a vernici e colle impiegate nelle realizzazioni in truciolato. Attenzione anche alle candele profumate, tra gli oggetti decorativi più venduti online: spesso emettono formaldeide e ftalati, sostanze nemiche del nostro benessere.

 

Emblematico ciò che è avvenuto nel 2020, quando Ikea ha lanciato sul mercato le tende a marchio Gunrid, che avrebbero dovuto purificare l’aria se esposte alla luce del sole. Ebbene, l’associazione Avicenn ha dimostrato che il processo si basava sulla presenza di nanoparticelle di biossido di titanio, un additivo già allora non più autorizzato per l’uso alimentare e nei cosmetici. In seguito a queste analisi, l’azienda ha interrotto la vendita del prodotto.

 

Che fine fanno mobili e arredi

Pure sul fronte del riuso i dati non lasciano ben sperare. Mobili e arredi vengono, infatti, riutilizzati con difficoltà, a causa della mancanza di spazio per gestire oggetti ingombranti, del rischio di deterioramento durante la raccolta, della mancanza di finanziamenti per la riparazione. Così il più delle volte finiscono bruciati negli inceneritori oppure sepolti nelle discariche.

 

“Purtroppo riciclaggio e riutilizzazione rimangono pratiche non adeguatamente supportate”, stigmatizza Pierre Condamine, membro di Les amis de la Terre. “è, inoltre, urgente regolamentare il settore per limitare il consumo eccessivo di risorse. E promuovere una maggiore attenzione e azioni concrete per affrontare il problema”.