La Puglia come Madrid? Assessori e agricoltori del barese in questi ultimi giorni se lo auspicano: col supporto della Regione hanno fatto richiesta, urgente, di un piano per l’eradicazione dei famosi “pappagallini verdi”. Solo poche settimane fa, dopo una campagna durata oltre tre anni e costata quasi 3 milioni di euro, Madrid ha annunciato di aver terminato il suo piano di “contenimento” dei famosi parrocchetti monaco, che lì chiamano “cotorra argentina”, dato che si tratta di una specie invasiva arrivata dal Sudamerica ma capace – in Spagna come in Italia – di proliferare grazie alle nuove temperature dettate dalla crisi del clima e alla presenza di cibo.
A Madrid la storia insegna: avvistati per la prima volta nel 1985 i famosi pappagallini verdi si sono riprodotti senza sosta. Tra il 2005 e il 2021 in poco più di quindici anni sono aumentati del 665%: i danni per l’agricoltura, con nuvole “verdi” di uccelli impegnate a prendere di mira frutti e gemme, sono stati stimati in migliaia di euro.
In più i residenti si sono detti esausti per il rumore: si tratta di una specie particolarmente chiassosa e i cui esemplari sono capaci di occupare in gran numero diversi alberi dove costruiscono nidi pesanti anche duecento chili, paragonabili a sorte di condomini per gli uccelli.
Non senza polemiche da parte di associazioni in difesa degli animali, la capitale spagnola dal 2021 è passata all’azione prendendo di mira nidi ed esemplari: il numero degli animali è stato ridotto del 30% e da pochi giorni è stata annunciato dal Comune un ritrovato “equilibrio”, tanto che eventuali piani di soppressione non saranno (per ora) più necessari.
Adesso, nell’Italia che dà la caccia al granchio blu e ai cinghiali, impegnata a combattere contro specie aliene spesso introdotte a causa dell’uomo e la cui esistenza è agevolata dalle nuove temperature, anche in certe zone della penisola i parrocchetti monaco stanno creando sempre più problemi.
Se a Roma, dove si avvistano facilmente, la loro presenza sembra più tollerata, tra le campagne di Terlizzi, Molfetta, Ruvo o dell’Alta Murgia, non ne possono più di quelle nubi verdi. Li conoscono da almeno vent’anni: primi insediamenti sono stati registrati nella zona di Molfetta, poi – nella Puglia impegnata a combattere contro la Xylella fastidiosa – hanno cominciato a notarli nel tempo anche sempre più su, in direzione del foggiano.
Il problema è che con lo sbocciare della primavera adesso centinaia di uccelli hanno preso di mira le coltivazioni, dalle mandorle ai fichi, con danni stimati in “migliaia di euro”. Di recente la Coldiretti pugliese ha indicato come i “selvatici” in Puglia, dai cinghiali sino al granchio blu, siano ormai responsabili di perdite quantificate in 30 milioni di euro e anche i pappagallini sono finiti nella lista nera dei coltivatori. Così è accaduto che negli ultimi giorni, da Giovinazzo fino a Bitonto, politici locali e assessori hanno richiesto immediati piani per la caccia ai pappagallini.
A dar man forte alle istituzioni del nord barese sono poi arrivate le parole dell’assessore regionale all’Agricoltura, Donato Pentassuglia che ha sostenuto come “il pappagallo monaco abbia colonizzato parte della provincia di Bari, in particolare partendo dall’area a nord del capoluogo Pugliese, interessando in un primo tempo i comuni di Molfetta e Terlizzi, per poi estendersi prima nelle città ad essi limitrofe e, successivamente, alla città di Bari e ai paesi dell’entroterra, quali ad esempio Modugno, Bitritto, Bitetto e quelli a Sud del capoluogo pugliese quali Torre a Mare, Triggiano, Mola di Bari, Rutigliano e Noicattaro“.
Da qui, dopo primi passaggi con l’ISPRA, e dopo che gruppi di cittadini si sono uniti in progetti per tentare di mapparli, da parte delle autorità è stato invitato l’ATC (Ambito territoriale caccia) di Bari/Bat a programmare un piano di censimento per capire numeri e presenza della specie. Lo scopo successivo è “strutturare un piano di contenimento in grado di definire, in termini chiari e precisi, la consistenza della popolazione di parrocchetto monaco, la sua dinamica di popolazione, le aree in cui realmente insiste, la portanza del territorio (qualora esista una portanza per una specie aliena) e soprattutto le zone di riproduzione e che consenta quindi di proporre un piano di contenimento della stessa in cui vengano dichiarati gli obiettivi di riduzione, i quali, peraltro devono essere concordati e approvati da Ispra” fanno sapere le autorità.
Giornata mondiale della natura selvatica
L’uomo è la bestia? Storia della convivenza quasi mai pacifica con la fauna selvatica
di Andrea Monaco, Laura Scillitani
Nell’Italia della difficile convivenza uomo-natura in cui sempre più spesso, dagli orsi fino ai cinghiali, ci troviamo a discutere con posizioni differenti sulla necessità o meno di interventi di contenimento, alla notizia rilanciata da alcuni giornali locali sulla possibile futura caccia ai pappagallini è seguita una raffica di proteste contro l’idea di eradicarli.
SIAMO ALLE SOLITE
Si sterminano milioni di cimici marmorate: zero proteste.
Se invece solo si propone di eliminare qualche centinaio di pappagalli: apriti cielo!
Non è ecologia. Men che meno animalismo: solo egoismo. “Voglio gli animali che piacciono a me”https://t.co/4vwOO80JiZ pic.twitter.com/ZAxh1Qfohz— Nicola Bressi (@Nicola_Bressi) May 5, 2024
Sul tema, con un tweet, è intervenuto anche il noto naturalista Nicola Bressi spiegando che “siamo alle solite. Si sterminano milioni di cimici marmorate: zero proteste. Se invece solo si propone di eliminare qualche centinaio di pappagalli: apriti cielo! Non è ecologia. Men che meno animalismo: solo egoismo. ‘Voglio gli animali che piacciono a me'”.
Anche per questo, per le reazioni che potrà scatenare una futura azione di contenimento dei pappagalli – mentre le associazioni come la CIA Agricoltori Levante chiedono un “immediato avvio al piano di contenimento” – l’assessore regionale Pentassuglia mette le mani avanti. “Non deve essere sottaciuto che qualsivoglia intervento di riduzione, sia pure effettuato con il fine di tutelare la biodiversità, potrebbe attivare movimenti di contrasto (peraltro già attivi) da parte della cittadinanza poco incline a comprendere le motivazioni alla base dell’azione. Pertanto, è importante che venga avviata una corretta e costante campagna di comunicazione che proceda di pari passo con l’attività scientifica e tecnica sul campo”, conclude l’assessore.