Le nevicate fuori stagione ingannano. Se nei giorni scorsi, sono già cominciate a circolare le immagini di alcune cime innevate, quando si parla di precipitazioni nevose il trend è in realtà in diminuzione. Da quarant’anni a questa parte, infatti, c’è meno neve. Quanto? In media 15 giorni, ma si arriva anche a un mese di neve in meno. A sostenerlo, sulle pagine di Scientific Reports, è Claudia Notarnicola, fisica presso l’Eurac Research di Bolzano.
I risultati arrivano da un lavoro in cui Notarnicola ha messo insieme analisi di dati satellitari, come quelli provenienti dallo strumento MODIS (Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer) per l’osservazione della Terra, con modelli matematici, grazie a reti neurali artificiali. Il periodo analizzato spaziava dal 1982 al 2020. “Comprendere i cambiamenti nella copertura nevosa negli ultimi 30-40 anni – scrive la ricercatrice – può essere molto importante per quantificare l’impatto sulle risorse idriche e per definire strategie di adattamento per i prossimi decenni”. E negli ultimi 40 anni in media c’è stata meno neve.
Il Ghiacciaio dei Forni sta scomparendo, tra crolli e black carbon
Complessivamente si parla di circa 15 giorni di neve a terra in meno (15,6± 11.6), e una riduzione nelle coperture nevose del 3,6% (intervallo 3,6% ± 2.7%). Quando dal globale si passa alle singole aree le cose un pochino cambiano, con alcune zone, nell’America settentrionale, nella penisola scandinava, o nelle Alpi, in cui le coperture si sono ridotte anche di 20, 30 giorni. In altre aree invece, come alcune dell’Asia Centrale e Orientale, le coperture e la durata delle neve sembrano essere leggermente aumentate. Nel complesso però, rimarca la ricercatrice, il trend è negativo e in linea con l’aumento delle temperature superficiali dell’aria di circa 0,3°C (0.3°C ± 0.2°C) di alcune zone, come le Alpi Europee, i rilievi dell’America nord-occidentale e i massicci asiatici del Tibet.
L’aumento delle temperature, così come la diminuzione in alcune aree delle temperature, si sarebbero combinate guidando i trend negativi, che continueranno per gli anni a venire, scrive Notarnicola. E gli effetti possono essere estesi e pericolosi: dalle valanghe, all’aumento di incendi, alla variazioni nei flussi dei fiumi, alla disponibilità di acqua in agricoltura. Ecco perché, conclude la ricercatrice, servono dati e monitoraggio sulle coperture nevose nel lungo termine, per comprendere l’impatto sulle risorse idriche, specialmente per le comunità montane.