A vederla svettare, con la sua forma triangolare tutta vetrata, sembra una vela pronta a prendere il largo morbidamente sul fiume Reno. La Torre Roche, “Roche Building 1”, all’interno del quartier generale del famoso colosso farmaceutico, con i suoi 178 metri di altezza e i 41 piani, caratterizza lo skyline di Basilea offrendo prospettive visive sempre diverse: se la si osserva da sud verso il Reno appare come un cuneo a gradini, da est sembra una torre verticale mentre da ovest una torre sfalsata. Una vera meraviglia architettonica, opera degli architetti Jacques Herzog & Pierre de Meuron, che supera di 52 metri il precedente record della Prime Tower di Zurigo, ma ben presto, entro il 2022, sarà battuta a sua volta da una sorella maggiore che raggiungerà ben 205 metri, rappresentando così il nuovo record di più alto grattacielo in Svizzera.

Fervono i lavori per questo nuovo edificio che fa parte del piano di sviluppo dell’Headquarter Roche, nel quale la compagnia intende investire circa 3 miliardi di franchi svizzeri, in più anni, per riunire in un solo luogo il maggior numero dei 9 mila dipendenti dislocati in città e che vedrà la nascita di un centro di ricerca nel 2023 e, non prima del 2024, anche di una terza torre che avrà la stessa forma ma un’altezza ancora maggiore. Un modo per rafforzare l’identità aziendale, attraverso la convergenza del personale da più settori. Grande attenzione anche alla sostenibilità: anche la “Roche Building 2”, una volta completata, sarà riscaldata con il calore prodotto dagli scarti del sito e raffrescata con acque sotterranee. Ma non è la sola novità per “la metropoli in formato tascabile” come viene definita. 

 

Basilea, così vicina a Germania e Francia, rilancia le periferie grazie a nuovi progetti, start up ed estro di archistar tra i più quotati al mondo. Tutto sempre in continuità con il tessuto urbano. È il caso del quartiere di Dreispitz, di proprietà della Fondazione Christoph Merian Stiftung, tra le aree più in fermento di circa cinquanta ettari, che da distretto industriale (un tempo magazzino merci e poi deposito doganale) si sta trasformando in quartiere residenziale. Christoph Merian, nato nel 1800, è considerato uno dei maggiori e più influenti mecenati della città. Non aveva figli e nominò come erede universale sua moglie Margaretha e poi “l’amata città dei suoi padri”. Lasciò ben 12,5 milioni di franchi, un patrimonio esorbitante per l’epoca. E di certo apprezzerebbe quanto è stato fatto con la sua generosità. Lo sviluppo del quartiere è importante per promuovere la cultura imprenditoriale di giovani artisti, designer e soprattutto architetti, laboratori di artigiani.

Torre Roche 

È singolare sapere che pur non essendoci in città una facoltà di Architettura sono tantissimi i giovani che intraprendono, altrove, questo corso di studi per poi iniziare a muovere qui i primi passi lavorativi. La sensazione è quella di trovarsi in una città americana dove passa il mondo: giovani creativi in una babele di nazionalità, da villaggio olimpico. 

Si gira tra strade larghe, rigorosamente a griglia, con nomi che evocano il mondo intero: Helsinki Strasse, Florenz Strasse, Oslo Strasse, lungo binari ferroviari dismessi e arricchiti da una vegetazione un po’ selvaggia e fiori, incontro a un’ampia varietà di attività urbane: un campus delle arti (sempre opera di Herzog & de Meuron) che accoglie l’Accademia di Arte e design (degli architetti Morger e Dettli), una radio che trasmette in una dozzina di lingue, numerosi locali, ottocento appartamenti, un tempio indù. Ideale per rimanerci per ore tra percorsi in bicicletta e spazi verdi per belle passeggiate.

Qui ha sede anche la HeK, Haus der elektronischen Künste (la Casa delle Arti Elettroniche), allestita in un ex deposito e pensata dagli architetti Alban Rüdisühli e Christoph Ibach, dove ci si può avvicinare a tutte le forme d’arte, utilizzare nuove tecnologie e riflettere sul loro impatto nella società, attraverso mostre, workshop e visite guidate. Fa quasi strano trovarsi a visitare la bella città Svizzera soffermandosi nelle aree e zone più decentrate. Ma è il potere dell’innovazione che da queste parti è molto sentito. In una zona poco lontana, un’altra sorpresa, annunciata da una scala che si inerpica come un lampo è Warteck, un ex birrificio di mattoni rossi, che permette di accedere a spazi dedicati a cultura, arte, artigianato e gastronomia. La sala caldaie con l’imponente torre, sorta intorno al 1900, è oggi la sede di Liste, la fiera d’arte moderna, e ospita i locali Sud, Cantina Don Camillo e Kulturbeiz 113, oltre a uno studio di registrazione e a un laboratorio tessile. 

Uno scorcio nel centro storico 

In una sorta di sintesi, il tour esplorativo nella Basilea contemporanea trova la sua tappa più simbolica nel Novartis Campus (dell’altro grande gruppo farmaceutico), nel quartiere di St. Johann, dove la parola d’ordine è stupire. Ogni edificio del campus è stato progettato da un architetto diverso. Vi hanno lavorato Frank O. Gehry, Diener & Diener, Sanaa, Herzog & de Meuron, Alvaro Siza. Pur non essendo normalmente accessibile al pubblico, ogni due settimane Basilea Turismo organizza visite guidate all’interno. Entro il 2030 sorgerà una città nella città con edifici funzionali ma stravaganti come quello che ospita gli uffici, progettato da Frank O. Gehry e già operativo, dalla forma asimmetrica e con arredi a forma di scatola di scarpe. 

L’anno prossimo si terrà anche l’Iba Basel, l’Esposizione Internazionale di architettura rinviata a causa della emergenza Covid. 

Ma la Basilea che verrà ben si fonde con la Basilea storica del centro, tra vicoli medievali, dimore signorili in stile classico, la cattedrale (Munster) con le sue due torri, il palazzo del Municipio dalla facciata rossa e ben trecentosessantasei fontane (con acqua potabile e dove è possibile anche immergersi). Tra queste la più scenografica è quella di Jean Tinguely che sorge sulla Theaterplatz, dove una volta c’era il vecchio teatro (la maggior parte delle opere del contemporaneo Tinguely è visibile al museo omonimo, un’architettura in arenaria rossa, con una passerella in vetro, ideata dall’architetto ticinese Mario Botta). Tinguely amava riprendere materiali già utilizzati e dalle macerie del teatro ha ripescato gli elementi metallici delle macchine del palcoscenico, li ha ricomposti, ha dato loro un motore e nuova vita: spruzzano acqua giorno e notte e questi giochi rispecchiano la gioia di vivere degli abitanti che si sprigiona soprattutto durante il carnevale. Per questo viene chiamata anche fontana del carnevale. A pochi passi si trova lo Stadtcasino, riaperto da pochi mesi, dopo quattro anni di lavori, che porta la firma dei padroni di casa, il duo dell’architettura Herzog & de Meuron (è lo stesso duo che ha progettato il lungo edificio vetrato della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli che si staglia su viale Pasubio a Milano, ndr), e vanta una delle migliori sale da concerto del mondo grazie alla sua acustica. L’esterno è completamente in legno, mentre l’interno si caratterizza per velluti rossi, lampadari di cristallo e soffitti a specchi. La curiosità? È costato sette milioni di franchi, per metà finanziato dai cittadini.

Il Teatro dello Stadtcasino 

Ancora una dimostrazione di quanto i suoi abitanti siano favorevoli alla promozione della cultura. Si era avuta già una testimonianza più di cinquant’anni fa. Il mondo dell’arte di Basilea era in subbuglio: i due quadri di Picasso «I due fratelli» e «Arlecchino seduto», in prestito al museo cittadino, stavano per essere venduti all’estero dal proprietario e collezionista d’arte Rudolf Staehlin a causa delle ristrettezze economiche della propria famiglia. A quel punto i giovani basilesi crearono una resistenza e riuscirono a convincere gli elettori a spendere più di sei milioni di franchi per l’acquisto delle due opere d’arte. Lo stesso Picasso rimase talmente colpito dalla dichiarazione d’amore di Basilea da regalare alla città tre quadri e un disegno. Oggi sono visibili al Kunstmuseum Basel, insieme ad altri capolavori di Monet, Van Gogh, Alberto Giacometti, Paul Klee. Per capire fino in fondo l’anima di questa città svizzera basta andare per le strade e ritrovare ovunque la passione per l’arte. Nella zona detta Schänzli ma anche lungo le vie che vanno verso est, dalla stazione centrale FFS fino al ponte Schwarzwaldbrücke, è possibile ammirare le opere degli esponenti nazionali e internazionali della street art e di graffitari. Una su tutte sulla Rosshofgasse, la coppia di writer inglesi nota come London Police ha ritratto Zoe Scarlett, pinup e burlesque-performer locale, circondata da tanti emoticon smiley. 

Anche gli hotel che stanno nascendo o che vengono restaurati mantengono il legame con l’arte contemporanea e come potrebbe essere diversamente, visto che Basilea concentra su una superficie di soli 37 metri quadri, oltre 40 musei. Il boutique hotel nella Volkshaus Basel, con quarantacinque stanze su quattro piani all’interno di un edificio storico, spicca per attenzione ai dettagli architettonici. La categoria Volkhaus Classic, pensata da Herzog & De Meuron, si ispira nell’arredo ai grand hotel della Belle Epoque. Per ciascun soggiorno, in una qualsiasi struttura ricettiva della città viene messa a disposizione, la Basel card che permette l’utilizzo gratuito di tutti i mezzi pubblici e lo sconto per molti musei. Infine, vale la pena concedersi un giro sul fiume. I traghetti lo attraversano con la sola forza della corrente. Un modo per abbracciare, in un unico sguardo, il passato e il futuro.