Gli altri si preparavano a farsi prendere dallo spirito natalizio, lui ha interpretato il “bianco Natale” in maniera estrema. Dal 31 novembre scorso, mentre c’era chi pensava ad addobbi e feste in famiglia, Carlo Barbante ha cominciato l’ennesima missione di prelievo in aree polari: il direttore dell’Istituto di Scienze Polari del Cnr e professore Ordinario dell’Università Ca’ Foscari di Venezia è impegnato nella campagna di carotaggio del progetto “Beyond Epica Oldest Ice“.
L’obiettivo, attraverso l’analisi del ghiaccio profondo, è di studiare campioni di oltre 1 milione di anni, per scoprire le temperature e la concentrazione dei gas serra del passato. Un lavoro senza precedenti per gli studi di paleoclimatologia, che servirà a capire ancora meglio qual è stato l‘impatto dell’uomo sul clima dalla comparsa delle attività antropiche.
Da Little Dome C, un’area di circa 10 km2 a 40 km dalla base italo-francese di Concordia sul plateau antartico orientale, uno dei luoghi più estremi del pianeta, Barbante racconta il suo Capodanno di lavoro e cosa augura alla sua ricerca e al mondo per il 2022.
Professore, da voi l’anno nuovo arriverà con 7 ore di anticipo rispetto all’Italia, nel giorno perenne dell’estate antartica. Un po’ di malinconia?
“Qui è tutto speciale – dice Barbante – e anche il Capodanno porta con sé qualcosa di particolare. La tenda dove mangiamo è tutta addobbata e siamo pronti. Il menu sarà rigorosamente di pesce e stiamo aspettando che arrivi lo champagne dalla Stazione Concordia. Spero anticiperemo un po’ l’orario, perché alla sera siamo veramente tutti molto stanchi”.
Nessuna pausa, si lavora anche nei giorni di festa?
“Generalmente la domenica e i giorni di festa ci prendiamo mezza giornata libera, ma per il resto siamo sempre impegnati. Sveglia alle sette, colazione e subito alle proprie incombenze. Una sosta per il caffè alle dieci e pranzo alle 12:30. Alle 13:30 siamo già di nuovo ai nostri posti. Pausa merenda e cena alle 19:00. Di solito, alle nove siamo già tutti a letto, stanchi morti”.
A che punto siete con la vostra missione?
“Per ora va tutto bene. L’obiettivo della stagione è quello di predisporre e testare il carotiere (la macchina che preleva i campioni di ghiaccio, detti appunto carote ndr) per poter poi iniziare l’anno prossimo a pieno regime. In questi giorni stiamo montando la torre del sistema di perforazione, un traliccio di una tonnellata. Procederemo poi con i test, prima di lasciare il campo alla fine di gennaio”.
Ice Memory: nelle carote di ghiaccio la memoria del clima
Anche quest’anno si sono moltiplicati gli allarmi sulle conseguenze del cambio del clima per lo stato dei Poli. Vista da lì, la situazione appare nella sua drammaticità?
“La percezione è forte, poiché tutto il team studia da anni questi temi. Se da un lato lavorando nel plateau antartico a 3200 m di quota e temperature che quest’anno sono salite raramente sopra i -30 °C, non si apprezza visivamente il cambiamento, dall’altro visti i nostri obiettivi di studio conosciamo tutti molto bene i meccanismi causa/effetto che hanno portato alla devastante crisi climatica. Comprendere come funziona il clima del passato è veramente molto importante per porre in una giusta prospettiva quello che sta accadendo a livello globale. Noi siamo proprio qui per questo, per dare il nostro importante contributo alla conoscenza del sistema climatico”.
Cosa si augura accada nel 2022, che possa arginare la crisi del clima?
“È oramai acclarata la responsabilità dell’uomo riguardo alla crisi climatica in atto. Proprio dallo studio delle carote di ghiaccio antartico abbiamo visto come negli ultimi ottocentomila anni le concentrazioni di anidride carbonica non siano mai state così elevate. Oggi sono circa il 40% più alte di quanto non fossero durante precedenti periodi climatici simili al nostro; veramente uno sproposito, se pensiamo agli effetti dell’anidride carbonica sul clima. Mi aspetto veramente che dopo Glasgow e a seguito delle evidenze degli effetti della crisi climatica, i governi prendano delle decisioni drastiche per contrastare il cambiamento in atto, mettendo in essere azioni di mitigazione e adattamento in tempi rapidi e a partire a ora”.
Da scienziato cosa si augura per la ricerca?
“Spero che vengano mantenute le promesse per gli investimenti nella ricerca sia applicata che di base. La ricerca non è un costo per un Paese, ma un investimento per il futuro, che porta a nuove tecnologie e conoscenze”.
A un mese dall’inizio della spedizione, quali sono le possibilità di estrarre campioni più vecchi di un milione di anni?
“Le prossime settimane saranno determinanti. Abbiamo lavorato molto in questi ultimi anni per pianificare le prossime campagne in Antartide. Ora dobbiamo testare il carotiere ed iniziare la perforazione. Una vera sfida”.