Ognuno ha diritto alle proprie opinioni e alle proprie strategie, e questo fa parte della politica, ma nessuno di noi ha diritto a fatti alternativi. I fatti sono fatti, che ci piacciano o no”. E i fatti messi in fila da Carlo Buontempo, responsabile del Servizio Cambiamenti Climatici del programma europeo Copernicus, sono drammatici. Sono quelli contenuti nel report sullo Stato del clima europeo, pubblicato da Copernicus qualche settimana fa: il 2023 è stato l’anno più caldo della storia; la quantità di ghiaccio presente nei ghiacciai delle nostre montagne nel 2023 è diminuita del 10% rispetto all’anno precedente; l’altezza della superficie del mare che, anno dopo anno continua a crescere di 3 millimetri all’anno. “Da quando ero all’università a oggi il mare è salito di quasi 10 centimetri”, spiega Buontempo. “E sappiamo che non smetterà di crescere almeno per il prossimo secolo. Spetta alla politica decidere quali azioni da mettere in campo, ma come scienziato mi permetto di insistere perché come input del processo decisionale si utilizzino le informazioni che abbiamo su quello che sta succedendo”.
Dottor Buontempo, in cosa consiste Copernicus?
“È il programma di osservazioni della Terra della Commissione europea: lo scopo è immaginare nuove missioni satellitari, gestire i satelliti e i sensori che volano su di essi. Ma anche trarre beneficio da questo investimento spaziale, in termini di servizi ai cittadini, ai politici, ai decisori nei vari settori industriali. Il servizio è suddiviso in sei programmi tematici, tra cui quello dei servizi climatici di cui sono responsabile”.
Cosa raccontano i dati di Copernicus sul clima europeo e italiano?
“C’è un aumento della temperatura che in Europa cresce a un ritmo praticamente doppio rispetto alla media globale. C’è una perdita generalizzata di ghiaccio nei ghiacciai delle Alpi, che ha colpito duramente l’Italia anche a livello di risorse idriche. E c’è una tendenza verso l’inaridimento della Penisola, per l’effetto combinato della riduzione delle precipitazioni e dell’aumento dell’evaporazione. A tutto questo però si somma un aumento delle precipitazioni più intense, come abbiamo visto in modo drammatico in occasione delle recenti alluvioni”.
Il 2023 è stato l’anno più caldo. Cosa si può dire su questa prima parte di 2024?
“Una delle caratteristiche climatiche del 2023 è stato El Niño, la fluttuazione periodica della temperatura superficiale dell’Oceano Pacifico, che ha due fasi: quella calda (El Niño propriamente detto) e quella fredda (La Niña). Appena dopo il picco di temperatura di El Niño, ci si aspetta un picco della temperatura globale. In questo senso il fatto che l’anno scorso sia stato il più caldo di sempre non sorprende del tutto, nonostante gigantesche anomalie, perché era il turno di El Niño. Ora siamo in una transizione tra le due fasi, per cui la temperatura del Pacifico sta scendendo e dunque il 2024, pur candidandosi a battere il record del 2023, se la transizione verso La Niña dovesse essere particolarmente brusca e intensa, ciò potrebbe ridurre tale probabilità. In ogni caso sarà uno degli anni più caldi che abbiamo vissuto, perché la tendenza è ormai chiara”.
Fate anche previsioni più a lungo termine?
“Sì, a oggi sarebbe molto più logico pensare che la temperatura media dei prossimi 2-5-10 anni sarà più alta di quella dei precedenti 2-5-10 anni. È quel che dicono i dati”.
Negli ultimi mesi avete registrato in varie occasioni il superamento della temperatura media del Pianeta della soglia di 1,5 gradi in più rispetto all’era preindustriale. Significa che l’Accordo di Parigi è fallito?
“L’Accordo di Parigi quando parla di 1,5 gradi non si riferisce al valore annuale dell’anomalia di temperatura, ma piuttosto a una media su 20 o 30 anni. Ci aspettiamo che il grado e mezzo, nei termini previsti dall’Accordo, verrà superato intorno al 2034-2035. Non abbiamo abbattuto le concentrazioni di gas serra in atmosfera, che sono il driver che porta a questi eccessi di temperatura. E, fintanto che queste concentrazioni non diminuiranno, non potremo aspettarci che ulteriori aumenti di temperatura”.
Di fronte a tutto questo, perché si fa poco o nulla?
“Non voglio parlare degli altri, ma di noi scienziati. Forse dovremmo sottolineare di più quale straordinario vantaggio strategico abbiamo, potendo contare sui dati di Copernicus. Non sappiamo quali saranno i tassi di interesse o la disoccupazione da qui a 5 anni, ma sappiamo prevedere quale sarà il livello dei mari. Avere queste informazioni è un asset strategico e penso che come società dovremmo saperlo sfruttare meglio”.
Ascoltare la scienza è uno degli slogan dagli attivisti climatici. Ma se un governo la convocasse per una consulenza, lei quali azioni suggerirebbe nell’immediato?
“Ripeto: le decisioni spettano alla politica. Ma andrebbero prese a partire dai dati scientifici. Se lo scopo del politico di turno fosse di limitare l’aumento di temperatura, cosa che mi sembrerebbe molto ragionevole, il mio consiglio non potrebbe che essere quello di raggiungere il più velocemente possibile le emissioni zero”.
Le prossime elezioni europee possono stravolgere le politiche climatiche del continente?
“Probabilmente avremo un panorama politico molto diverso da quello attuale. Non sappiamo quali saranno le priorità della nuova Commissione. Io auspico che Bruxelles non perda comunque di vista sia l’importanza strategica che ha per l’Europa il fatto che il clima sta cambiando, sia il ruolo di leadership che continuiamo ad avere nel campo della ricerca sul clima e sulla fornitura di informazioni, che per la natura stessa del Programma Copernicus sono gratuite e disponibili a tutti”.
Come spiega ai suoi due figli tutto questo?
“Non ho bisogno di spiegarglielo. Ed è forse uno degli aspetti più interessanti e preoccupanti della faccenda: è una loro preoccupazione costante, hanno chiarissima la situazione, il pericolo e la trasformazione del mondo davanti ai loro occhi. Purtroppo non ho molte parole di rassicurazione. L’unico appiglio che mi sento di offrire loro è dire che non siamo ciechi: le trasformazioni sono clamorose, colossali, ma abbiamo la scienza che ci aiuta a capire la realtà intorno a noi e fare previsioni su quello che potrà succedere. Penso che questo sia un seme di speranza”.