“Dopo miliardi di anni di evoluzione, la natura è la nostra migliore maestra. Il ripristino del capitale naturale, l’accelerazione delle soluzioni basate sulla natura e lo sfruttamento della bioeconomia circolare saranno fondamentali per i nostri sforzi”. Con queste parole Carlo III si era rivolto lo scorso novembre ai leader mondiali riuniti a Glasgow per la Cop 26 e il suo discorso non era stato soltanto la dovuta prolusione del padrone di casa che saluta i suoi ospiti.
Il nuovo re è un ambientalista della prima ora e si può considerare anche il primo regnante davvero coinvolto nella lotta al cambio climatico. Carlo III parlava di emergenza clima già nel 1970, una data che soltanto a noi italiani pare preistoria dell’impegno ecologista, perché la Gran Bretagna, insieme alla Germania, è stato uno dei Paesi europei in cui la necessità di rimediare ai disastri provocati dall’industrializzazione si è mostrata prima.
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Tanto è forte l’adesione del successore di Elisabetta II alla causa, da avergli fatto rimarcare lo scorso luglio, quando la Gran Bretagna boccheggiava stretta in una calura senza precedenti e stremata dalla siccità: “Le temperature da record di questi giorni dimostrano che ho ragione a parlare di emergenza climatica“. In questa affermazione così perentoria non c’è soltanto la giusta preoccupazione di chi ha a cuore l’ambiente, c’è anche un indizio sul modo in cui Carlo percepisce se stesso: un innovatore ecologista, un esperto, quasi al pari con gli scienziati.
Le sue esternazioni sul clima sono state sempre appassionate, dirette, sicuramente inusuali per l’erede di una regina che ha invece fatto della misura e del rispetto delle prerogative proprie della corona in Gran Bretagna la sua cifra stilistica. Nel 2013, poco prima di una riunione del Commonwealth in cui avrebbe preso il posto della madre, Carlo III è arrivato a criticare le “lobby aziendali” e gli scettici del cambiamento climatico per aver trasformato la Terra in un “paziente in fin di vita”. Aver attaccato le imprese “che non si prendono cura dell’ambiente” prima di una riunione in cui ci sarebbero stati rappresentanti di Paesi come l’Australia e l’India, tra i maggiori inquinatori al mondo e sedi di alcune delle maggiori multinazionali del fossile, è stato un gesto di grande valore per la causa climatica.
Da principe non si è limitato alle parole e ha avviato processi di coltivazioni biologiche e di rinaturalizzazione nelle sue proprietà, soprattutto nei vasti possedimenti del Ducato di Cornovaglia, quasi 400 chilometri quadrati di terra, per lo più nel sud-ovest dell’Inghilterra. Nella sua Duchy Home Farm ha convertito al biologico 360 ettari di coltivazioni e già dal 2011 il tetto del caseificio, parte dell’azienda agricola, è stato dotato di oltre 400 pannelli solari.
Le associazioni benefiche che dirige spesso sono impegnate in progetti di consapevolezza ambientale, ha promosso l’economia circolare e il riciclo e ha usato la sua influenza per riunire investitori disposti a finanziare la transizione ecologica con il forum Sustainable Markets Initiative. Infine ha chiesto la definizione di una tabella di marcia per affrontare le crisi del clima e della biodiversità.
La sua ultima iniziativa in questo senso risale appunto allo scorso novembre, alla vigilia della Cop26, quando di fronte a leader politici ed esponenti della finanza ha detto: “Abbiamo un’opportunità potenzialmente rivoluzionaria per portare avanti le partnership tra governo, imprese e finanza privata, che sono assolutamente vitali se vogliamo vincere la battaglia per combattere il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità. Se non riusciamo a sbloccare effettivamente le risorse e l’innovazione del settore privato, con il settore pubblico che definisce il quadro degli incentivi e della regolamentazione, non abbiamo alcuna possibilità di risolvere questa crisi esistenziale che abbiamo causato nel corso degli anni”.
Ora che è re, Carlo non avrà più potere nel portare avanti le sue battaglie ambientaliste. Potrà continuare a far sentire la sua influenza e le sue parole avranno più eco rispetto a quando era soltanto l’erede al trono, ma non potrà promulgare leggi né disporre finanziamenti.
In questi anni, il suo impegno ambientalista non gli ha guadagnato in generale più simpatie. La stampa conservatrice lo ha attaccato in maniera feroce quando ha detto di voler rinnovare le aree urbane e incoraggiare cambiamenti nello stile di vita per ridurre le emissioni di CO2, accusandolo di voler promuovere azioni simili a quelle del regime cinese, che deporta la popolazione. È stato accusato da destra di essere un fondamentalista e da sinistra di essere un ipocrita.
Gli scienziati gli hanno obiettato che alcune delle sue teorie (raccolte nel suo libro Harmony del 2010, tra cui la convinzione che esiste una “geometria sacra” nel disegno dei petali dei fiori, nel movimento di Venere attraverso il cielo notturno nel corso del tempo e nelle vetrate della Cattedrale di Chartres) sono poco più di panzane new age e gli hanno rimproverato di non aver promosso investimenti sulla ricerca scientifica. Sebbene si sia fatto fotografare mentre gira in bicicletta per le sue terre e abbraccia gli alberi, il movimento ambientalista non gli perdona di non rinunciare al jet privato, né ad alcuna delle comodità che hanno un impatto notevole sul clima.
Ora è arrivato il suo momento, non soltanto perché è re, ma perché non c’è stata mai tanta attenzione per il clima. Di sicuro le sue esternazioni in proposito saranno tra gli elementi su cui si valuterà in che modo interpreta il suo ruolo.