Lorenzo Casini, 47 anni, da uno presidente della Lega calcio di serie A: che ne pensa della petizione di Green&Blue per far indossare ai capitani delle squadre una fascia dedicata al cambiamento climatico in occasione della Giornata della Terra il 22 aprile?
“È una petizione che condividiamo in pieno. Abbiamo subito accolto questo suggerimento lanciato dai capitani Calabria, Pessina e Berardi e da Alex Del Piero e quindi ci sarà la fascia da capitano che richiamerà i diversi colori delle gradazioni climatiche. Siamo grati alla petizione anche perché la Lega di serie A è stata scelta dall’UEFA per un progetto pilota che deve portarci a realizzare tutti gli obiettivi di sostenibilità in vista del 2030”.
Questa cosa incuriosisce: perché la UEFA ha scelto la serie A? Il campionato italiano sembra molto indietro su questo terreno rispetto agli altri.
“Hanno scelto noi perché sanno una cosa: il calcio italiano in generale ha un problema di comunicazione, di rappresentazione, tanto che sembra purtroppo a volte peggiore di quel che è. Non è colpa dei media ma forse nostra: la serie A è ancora poco Lega; alcune squadre fanno tantissimo per la sostenibilità, ma non le aiutiamo a comunicare bene tutto. Lo abbiamo visto con il conflitto in Ucraina: a marzo 2022 diverse squadre si erano mobilitate ma la serie A non lo raccontava, così abbiamo cominciato a rilanciare le iniziative e a promuoverne di nostre”.
La seria A è meno insostenibile di quel che appare?
“Sì. Come in campo sportivo è meno indietro di quanto si pensasse. Lo dimostrano queste coppe europee”.
In un ranking globale l’Udinese è al quarto posto, il Milan nella top ten: eppure la sensibilità dei presidenti sembra bassa sul tema.
“La sostenibilità vuol dire tante cose e su alcune siamo eccellenti. Se parliamo di efficientamento energetico, i nostri stadi fanno fatica. Ma già da agosto abbiamo dettato linee sul risparmio dei consumi e stiamo aiutando il passaggio al led in tutti gli impianti. Tutti i presidenti stanno rispondendo con convinzione”.
La grande occasione per rifarli è la candidatura agli Europei del 2032?
“Ha detto bene il ministro Abodi: sono cose da fare a prescindere dalla candidatura a Euro 32. La candidatura è un acceleratore, ma non può essere l’unico motivo per un intervento deciso”.
Con quali risorse?
“Le risorse ci sono, ma chiaramente ne vanno trovate di più. Anche perché gli stadi, tranne quattro, sono di proprietà pubblica. Se però lo stadio è progettato correttamente come luogo da usare tutto l’anno e con autoproduzione di energia, gli investitori privati arrivano. Se non vengono, è perché manca la certezza nei tempi e nelle procedure. C’è riuscita la Juventus, riconvertendo però il vecchio Delle Alpi. E Atalanta, Sassuolo e Udinese sono altri ottimi esempi”.
Di stadi nuovi si parla da decenni: come si sbloccano?
“La partita stadi deve essere sbloccata o la serie A farà molta fatica a recuperare terreno rispetto agli altri.
È giusto dire che un giorno gli stadi saranno comunità energetiche?
“Se lo stadio diventa un luogo di spettacolo aperto tutto l’anno, il consumo energetico sale e non è detto che l’autoproduzione di energia rinnovabile soddisfi l’intero fabbisogno, ma la strada non può che essere quella”.
C’è il tema dei trasporti delle squadre in trasferta: andrebbero incoraggiati i treni rispetto agli aerei sulle tratte brevi.
“In Italia la questione è meno urgente per la concentrazione che abbiamo di squadre in certe aree, penso alle squadre in Lombardia. Non escludo che lo si possa fare in futuro, ma ricordiamoci che una squadra di serie A ha esigenze di sicurezza per cui un volo charter spesso è una scelta obbligata”.
Bisognerebbe spingere sull’economia circolare, la riduzione di plastica e rifiuti. E alcuni in Inghilterra hanno addirittura eliminato la carne dai menu.
“Da noi intanto serve un ristorante allo stadio e non sempre c’è… L’economia circolare è nella nostra strategia, non abbiamo ancora il peso per condizionare davvero le squadre, possiamo però immaginare forme di incentivazione”.
Come in Germania dove la sostenibilità è fra i criteri di iscrizione al campionato?
“Sì. Per le infrastrutture stiamo elaborando proposte per la Federazione. Lo potremo fare anche per l’economia circolare”.
La Federazione non ha ancora recepito le regole Uefa però.
“Ma si sta muovendo la Lega più importante, e siamo parte del sistema federale, perciò la FIGC non è inadempiente”.
Tre anni fa si è giocata la prima e finora unica partita a impatto zero in Inghilterra: Tottenham e Chelsea. Quanto sarebbe bello fare una finale di coppa Italia a zero emissioni?
“Ci abbiamo pensato. Il contesto da cui si parte è fondamentale: dipende per esempio anche dalle infrastrutture con cui i tifosi arrivano allo stadio. Non è facile in Italia, ma è un obiettivo. Una attenzione all’ambiente si vedrà già per la finale di Coppa Italia questo anno, il 24 maggio a Roma”.
Ma lo sapete quanto inquina un gol?
“Bella domanda. Preferisco rispondere in positivo. L’anno scorso per la Giornata della Terra ad ogni gol corrispondeva un certo numero di alberi piantati. È un’iniziativa che dovremmo rendere permanente.”
I venti presidenti non sembrano alfieri della sostenibilità…
“Anche qui è più una leggenda. Negli ultimi anni la geografia delle proprietà dei club di A è cambiata molto. Sono entrati i fondi, ci sono proprietà straniere. Gli americani per esempio sono molto sensibili alla sostenibilità e all’inclusione. E anche tutti gli altri stanno facendo molto”.