Cento e più storie per raccontare l’Italia dell’economia circolare. Un’Italia fatta di imprese, centri di ricerca, realtà del mondo associativo che quotidianamente lavora per ridurre nei processi produttivi rifiuti e inquinamento, ricerca e progetta prodotti duraturi, riutilizzabili, riparabili o riciclabili, cercando una nuova sintesi tra bellezza e sostenibilità. Un panorama in forte evoluzione, che Symbola ed Enel raccontano con il dossier “100 Italian Circular Economy Stories” (qui il .pdf), in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Il rapporto
“100 Italian Circular Economy Stories”, il punto sull’Italia green
di Francesco Starace , Ermete Realacci
Si tratta di aziende che dimostrano come l’economia circolare sia centrale nella green economy e fondamentale per affrontare la crisi climatica, offrendo al tempo stesso nuove e migliori opportunità di sviluppo. Un elenco di soluzioni e trasformazioni di sistema che rendono l’economia più competitiva, generando opportunità commerciali ed economiche e fornire al tempo stesso benefici ambientali e sociali.
Le aziende che riciclano, dalla moda all’edilizia
Quindici i settori che tra privato, pubblico e terziario individuati nel report per raccontare i diversi modelli di sviluppo attuati dalle aziende per puntare sull’economia circolare. Ve ne raccontiamo, in breve, dieci delle 241 censite da Symbola-Enel.
Rifò, la seconda vita del denim
Ripensare radicalmente l’intero settore dell’abbigliamento, dalla scelta delle materie prime rigenerate, passando per gli impatti di produzione e trasporto al packaging, aumentando la qualità dei capi e ponendo fine alla sovrapproduzione e al sovraconsumo tipici del fast fashion. È questa la mission di Rifò, azienda nata nel 2017 a Prato, territorio dalla forte vocazione tessile. Il nome dell’azienda, che in toscano significa “rifare”, indica la volontà di creare nuovi capi partendo da filati ottenuti da vestiti vecchi rigenerati seguendo la tradizione dei cenciaioli, artigiani che inventarono questa pratica oltre cent’anni fa. Tutti i capi d’abbigliamento prodotti dall’azienda sono realizzati con fibre tessili rigenerate e la produzione avviene nel raggio di 30 km da Prato. In questo modo Rifò riduce i consumi di carburante per i dipendenti. Inoltre, attraverso un sistema di prevendita, l’azienda si adatta alle esigenze del mercato, evitando di generare sovrapproduzione. Il sistema RePack è un imballaggio che può essere rispedito gratuitamente per posta dall’utente. Inoltre, l’azienda ha attivato diversi servizi per farsi recapitare dai clienti capi usati in cotone denim, lana e cashmere da poter rigenerare e utilizzare nel proprio ciclo produttivo.
Carta e similpelle dagli scarti della frutta
Tra le 241 aziende che hanno abbracciato l’economia circolare c’è la Frumat, una piccola impresa di Bolzano nata come laboratorio di analisi chimiche nel 2009 e cresciuta studiando il riutilizzo degli scarti dell’uva e dei mirtilli rossi importati dal Canada per realizzare materiali innovativi provenienti da rifiuti biologici. Fino alla svolta della mela, il frutto “di casa”, che una volta recuperato fa vedere utili alla Frumat. Dal recupero di torsoli e bucce derivati dal processo di spremitura delle mele è nata una carta speciale, “Cartamela”, usata per packaging, borse, agende, fazzoletti. Il successo è arrivato anche per AppleSkin, una similpelle sostenibile e cruelty-free usata per abiti e accessori.
Econylon per vestirsi
Fondata nel 1965 sulle rive del Lago di Garda, Aquafil è un’azienda leader nella produzione di fibre sintetiche. Presente in 3 continenti con 18 siti produttivi che vanno dall’Italia alla Cina passando per gli Usa e la Thailandia, l’azienda è leader in Europa e secondo player nel mondo per la produzione di filo sintetico per le moquette, per i tappetini e per i rivestimenti delle automobili. Oltre a questo settore, che copre il 70% del fatturato, Aquafil produce fibre di nylon per abbigliamento sportivo e costumi da bagno.
Costruire con lana di pecora, sughero e canapa
Edizero, realtà di Guspini nel Sud della Sardegna, è composta da più aziende che collaborano in modo autonomo tra loro. Le filiere Edizero producono con industria a km zero 120 prodotti rinnovabili i cui nomi sono evocativi delle materie di cui si compongono, tutte ricavate da sottolavorazioni agricole, boschive e minerali: 100% zero petrolio, zero acqua e zero inquinanti. Nell’ingegneria ambientale e sanitaria, e per l’agrotecnica, Edizero realizza i geobiotessili disinquinanti Geolana in lana di pecora, sughero e canapa per la sanificazione e il disinquinamento di porti, mare e suoli.
Dai fondi del caffè ai pesci (attraverso i funghi)
Può uno scarto produrre funghi? Grazie al modello sviluppato nel 2012 dal Centro Ricerca Rifiuti Zero del comune di Capannori, l’agronomo Antonio Di Giovanni ha dato vita alla startup Funghi Espresso, specializzata nella produzione di funghi Pleurotus utilizzando come substrato di coltivazione il fondo di caffè, ricco di minerali e sostanze nutritive che favoriscono la produzione di funghi in un processo a impatto ambientale zero, senza uso di prodotti chimici e con una coltivazione verticale che limita lo sfruttamento di suolo. Dall’esperienza di Funghi Espresso, nel 2020 nasce Circular Farm, fattoria urbana basata su un modello agricolo circolare in cui lo scarto non esiste. Il substrato di fondi di caffè e scarto di torrefazione dei bar limitrofi utilizzato per la produzione di funghi, quando esausto, viene recuperato e valorizzato nella produzione di humus di lombrico tramite processo di lombricompostaggio. Poi, l’humus viene impiegato come ammendante per l’orto sinergico della fattoria e i lombrichi come alimento per i pesci, i quali scarti organici chiudono il cerchio fornendo il nutrimento per la coltivazione idroponica, in assenza di suolo, di ortaggi.
Il chicco più sostenibile
Con una storia quasi centenaria e la presenza capillare in più di 140 paesi, illy è tra i protagonisti mondiali del settore caffè. L’azienda di Trieste parte dal chicco di caffè per creare valore condiviso lungo tutta la sua filiera arrivando fino alla tazzina, facendosi portavoce di un approccio sostenibile e sviluppando un business che pensi all’ambiente. Questa visione le ha permesso di diventare nel 2019 una Benefit Corporation e di strutturare le sue attività su tre macro obiettivi: la sostenibilità della filiera, il benessere degli stakeholder e l’economia circolare. Con l’impegno di diventare carbon neutral entro il 2033, illy ha messo in campo numerose strategie e raggiunto già degli ottimi traguardi, come l’utilizzo di sola energia da fonti rinnovabili e il recupero del 99,6% dei rifiuti prodotti nel 2019. L’azienda sta lavorando per ridurre l’impronta dei suoi input produttivi, a cominciare dal packaging con materiali riciclati, monomateriale, compostabili e riciclabili.
E la capsula diventa compostabile
Dalle capsule usa e getta a nuove soluzioni compostabili. Il gruppo Lavazza ha da anni l’obiettivo di raggiungere la carbon neutrality entro il 2030 e promuovere l’economia circolare. Con ricavi oltre i 2 miliardi di euro nel 2020, la presenza in più di 140 Paesi e il 70% del fatturato all’estero, l’azienda torinese ha raggiunto ottimi risultati già nel 2020, con emissioni dirette e indirette pari a zero, efficientamento e riduzione degli impatti delle diverse attività, monitoraggio delle emissioni e loro compensazione. Il gruppo è ora concentrato sulla catena di approvvigionamento, in particolare sul rendere il packaging riutilizzabile, riciclabile o compostabile. Come ¡Tierra! 180 g, l’imballo del caffè che fa a meno del layer di alluminio perché basato su un mix di polimeri omogenei riciclabili, con un alleggerimento dell’imballaggio del 10% rispetto al precedente. Innovazioni che hanno permesso una riduzione del carbon footprint del packaging pari a -40%.
Il treno veloce e (quasi del tutto) riciclabile
Progettato per una velocità massima in servizio pari a 360 km/h, Frecciarossa 1000 di Trenitalia, del Gruppo Ferrovie dello Stato italiane è il primo treno ad alta velocità al mondo ad avere ottenuto la certificazione di impatto ambientale (EPD) basata su un’attenta analisi del ciclo di vita. Si tratta di treni prodotto interamente in Italia dalla collaborazione tra AnsaldoBreda e Bombardier, costruiti per oltre il 20% con materie prime riciclate, quasi completamente riciclabili nei componenti a fine vita.
L’energia arriva dai rifiuti
Nato nel 2002 dall’aggregazione di 11 utilities attive in EmiliaRomagna, oggi il Gruppo Hera opera in più di 300 comuni del Centro e del Nord Italia, e con oltre 4 milioni di cittadini raggiunti dai propri servizi rappresenta una delle più grandi multiutility italiane. Attivo principalmente nei settori ambiente (gestione rifiuti), idrico (acquedotto, fognature e depurazione) ed energia (distribuzione e vendita di energia elettrica, gas e servizi energia), a cui si aggiungono illuminazione pubblica e servizi di telecomunicazione, il Gruppo Hera ha avviato da tempo progetti e investimenti improntati alla circolarità e alla sostenibilità, partecipando anche all’Alleanza per l’economia circolare. Nel 2018 ha realizzato su scala industriale, prima utility a farlo, un impianto per la produzione di biometano e compost a partire dai rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata.
Abitare sotto un tetto di funghi
La crescita della bioedilizia ha portato alla nascita di numerose startup e aziende che utilizzano materiali di scarto, dimostrando come queste siano ottime alternative ai tradizionali materiali edili. Prima di Mogu, nessuno aveva però pensato di affidare interamente alla natura il processo di trattamento degli scarti per ottenere biopolimeri 100% plastic free. Mogu realizza pannelli acustici partendo da materiali di scarto industriale come fibre di cotone e canapa che, una volta recuperati e sterilizzati, sono conservati in apposite sacche dove vengono fecondati da spore fungine selezionate. Dopo la fermentazione, i funghi trasformano il materiale che si presenta in maniera molto simile alla classica schiuma impiegata in edilizia. Si tratta quindi di un perfetto sostituto del polistirene, ottenuto però esclusivamente da processi organici. I pannelli Mogu Acustic assorbono i rumori e non rilasciano sostanze organiche volatili, sono ignifughi, resistenti all’umidità e facili da installare.