I pannelli fotovoltaici, ossia quegli strumenti che permettono di convertire la luce del sole in energia elettrica, sono tra le opzioni principali, quando si parla di energie rinnovabili e di transizione verso un’economia indipendente dalle fonti fossili. Tuttavia, il loro sviluppo esponenziale, in questi ultimi anni, cominci a porre il problema del loro smaltimento e del riciclo dei materiali che li compongono.
Secondo le stime, nel 2050 avremo ben 78 milioni di tonnellate di pannelli solari arrivati alla fine del loro ciclo di vita. In Italia, secondo uno studio di Italia Solare, nel primo semestre del 2022 sono stati installati nuovi pannelli per un totale di 1GW di nuova potenza, corrispondente a 71.951 nuovi impianti, ossia una capacità superiore a quella realizzata annualmente dal 2014 al 2021.
È evidente che, con questi numeri, destinati necessariamente a crescere, la questione dello smaltimento e del riciclo diventerà sempre più urgente. Il problema maggiore, riguardo allo smaltimento, è costituito soprattutto dai materiali da cui sono composti e dalla modalità con la quale sono assemblati tra di loro.
Ma di cosa sono fatti e quanto durano i pannelli fotovoltaici?
I componenti principali con i quali vengono costruiti i pannelli solari sono essenzialmente vetro, celle di silicio e strutture in metallo. A loro volta, le celle di silicio possono essere monocristalline o policristalline.
La durata media di un pannello fotovoltaico e di circa 20 anni, ma quelli di nuova generazione possono garantire una resistenza fino a 25 anni, anche se con perdite più o meno importanti di efficienza, negli ultimi anni di attività.
I potenziali danni per l’ambiente
L’impatto ambientale dei pannelli solari è legato principalmente alla loro produzione. Quest’ultima, infatti, inizia con l’estrazione del silicio, che deriva dalla silice, a sua volta, composta di sabbia e quarzo.
Gli attuali metodi di produzione del silicio sono riusciti, per fortuna, a ridurre di almeno 12 volte l’impronta di carbonio sull’ambiente, tuttavia il suo rilascio nell’ambiente è ancora notevole e non può essere ignorato. Inoltre, a fine vita, i pannelli fotovoltaici rilasciano nell’ambiente cadmio, piombo, indio, molibdeno e tellurio, fortunatamente, in quantitativi bassi per rappresentare un vero rischio ambientale, ma che aumenterà con il moltiplicarsi di impianti a cui stiamo assistendo negli ultimi tempi.
I pannelli fotovoltaici sono riciclabili?
Data la loro composizione e la quantità prodotta sempre crescente, la questione del riciclo diventa ormai improrogabile.
Il processo di riciclo dei pannelli fotovoltaici sta diventando sempre più avanzato ed efficace, e permette di recuperare e la maggior parte delle materie prime di cui sono composti.
Per riciclare i materiali che compongono i pannelli fotovoltaici bisogna innanzitutto individuare i moduli che possono essere ancora utilizzabili, occuparsi dell’estrazione dei singoli componenti, poi delle materie prime che vanno trattate affinché possano poi essere riutilizzate per altri scopi.
Da un pannello fotovoltaico comune, di circa 22 kg di peso, è possibile recuperare mediamente 0,1 kg di schede elettriche, 0,2 kg di metalli vari, 1,7 kg di plastiche, 2,8 kg di silicio, 2,9 kg di alluminio, e 13,8 kg di vetro.
Tutti i materiali che non possono essere recuperati, principalmente plastiche complesse, vengono bruciate, e sono quelle che, ovviamente, producono il maggior danno all’ambiente.
“Il mercato è in grosso fermento. Con la crisi energetica, c’è una corsa all’installazione di nuovi campi fotovoltaici ma anche al revamping dei pannelli solari preesistenti, per poterne migliorare e potenziare la capacità produttiva di energia. Questo rende il tema dello smaltimento e del rifiuto sempre di maggiore attualità”. Afferma Michele Benvenuti, responsabile di gestione dell’impianto di trattamento RAEE di Sogliano Ambiente, una delle prime aziende di smaltimento e riciclo in Italia ad essersi occupata di pannelli fotovoltaici e ad ottenere la certificazione “End of Waste” sul vetro da pannello fotovoltaico, ossia un prodotto talmente puro da poter essere venduto come materia prima.
Una potenziale fonte di guadagno
Si stima che già nel 2030 il giro d’affari attorno ai materiali riciclati dai pannelli fotovoltaici sarà di oltre 2.7 miliardi di dollari e nel 2050 il valore arriverà a 80 miliardi. Sono alcuni dei dati emersi da un’indagine di Rystad Energy, una società di consulenza norvegese che si occupa proprio di energia e business intelligence.
Attualmente, il ricavato dall’estrazione di alluminio, rame, argento e polisilicio è pari a 170 milioni di dollari.
“Il mercato globale della gestione dei rifiuti crescerà annualmente del 6% fino ad arrivare a 530 miliardi di dollari al 2025. Prevediamo che 2/3 del mercato dovranno passare da un modello lineare a uno circolare a causa del regolamento adottato (Green Deal nell’Ue e legislazione simile in altri paesi) entro i prossimi 3 – 7 anni”, afferma Federica Savini, Consulting Team Leader Italia di Cyrkl, un innovativo marketplace virtuale, dedicato alle aziende, dove è possibile caricare annunci relativi ai propri rifiuti, materie prime seconde, sottoprodotti e materiali usati. Cyrkl, attualmente, conta 17.619 aziende registrate di 126 paesi diversi, 1163 solo in Italia, con un tasso di crescita nell’ultimo anno del 1194% (secondo Deloitte).
“Abbiamo lavorato circa 100 tonnellate di pannelli fotovoltaici, provenienti da tutta Italia, ed il flusso è destinato sicuramente a crescere, arrivando almeno a 2000/2500 tonnellate annue. – spiega Michele Benvenuti di Sogliano Ambiente Spa – E le ragioni sono semplici: i primi parchi fotovoltaici sono ormai obsoleti, improduttivi e prossimi già di per sé alla loro dismissione definitiva. Inoltre, la potenza installata in impianti fotovoltaici italiani, circa 22 GW a fine 2021, continua ad aumentare generando un numero sempre maggiore di pannelli che vengono sostituiti annualmente perché difettosi o danneggiati. Infine, l’evolversi della tecnologia ha portato ad una maggiore efficienza dei pannelli di ultima generazione che, a parità di superficie, sono in grado di raddoppiare o addirittura triplicare la produzione di energia elettrica rispetto a quelli più obsoleti. Questo, in molti casi, sta incentivando la sostituzione di interi campi fotovoltaici, ormai poco produttivi, con moduli nuovi molto più performanti.”