“Nessun essere umano ha bisogno di un jet privato, tantomeno i ricchi”. Hanno meno di 30 anni, sono sparsi per l’Italia ma a unirli è un obiettivo comune: rivelare quanto inquinano i paperoni nostrani con i loro voli in solitaria. Il progetto, nato il 24 giugno, si chiama non a caso Jet dei Ricchi, è attivo con un account su Instagram e su Twitter e nel mirino sono già finiti i viaggi di vip, politici e imprenditori come Diego Della Valle, Matteo Renzi, i Ferragnez, Gianluca Vacchi, Sfera Ebbasta o Elettra Lamborghini. Così, a colpi di post e tag, il loro lavoro ha portato la questione dei jet privati direttamente all’interno del dibattito elettorale, grazie al sostegno di Europa Verde e Sinistra Italiana, oltre che a quello dei Fridays for Future.
“Non siamo dei Mr Robot, siamo solo attivisti che lavorano o hanno lavorato nel campo dell’impatto ambientale. Non lo facciamo per soldi o fama, abbiamo tutti un lavoro e vogliamo mantenere l’anonimato. Il nostro unico obiettivo – spiega uno dei promotori – è alimentare un dialogo pubblico sull’impatto che i voli di lusso hanno sull’ambiente affinché si arrivi anche in Italia a parlare di una loro futura abolizione così come già sta accadendo in Francia”.
Kylie Jenner e quei voli in jet privato da 15 minuti: “È una criminale climatica”
E proprio in Francia è nato il progetto da cui Jet dei Ricchi ha tratto spunto: L’Avion de Bernard, che segue e calcola quanto inquina l’aereo di Bernard Arnault, terzo uomo più ricco del mondo e patron di Lvmh, multinazionale proprietaria di oltre 70 marchi del mondo del lusso, tra cui Louis Vuitton e Christian Dior. “Rispetto a loro noi abbiamo scelto di non concentrarci su una sola persona perché non vogliamo che ci sia un accanimento e anche perché puntiamo a restituire un quadro più ampio del fenomeno. Vorremmo abbracciare le 40-50 persone più potenti del nostro Paese”.
La disuguaglianza climatica tra il milionario e il cittadino medio
Così il jet privato anche in Italia è diventato uno strumento per comunicare la disuguaglianza climatica. “Se dico che il 10% più ricco del Pianeta è responsabile del 50% dei gas a effetto serra è difficile da immaginare, ma se dico che Gianluca Vacchi per 57 minuti di volo privato, da Bologna a Taranto andata e ritorno, ha emesso un livello di CO2 pari a quella prodotta da due persone nell’arco di un anno solo per andare a inugurare un ristorante della sua catena di Kebab, allora il discorso è più chiaro per tutti”.
Grazie al confronto, cifre astratte e fredde assumono un significato comprensibile a chiunque, rendendo manifesto il peso che i privilegi di alcuni hanno sull’ambiente e quanto ogni singolo volo privato possa vanificare gli sforzi della collettività. “Molti ci scrivono demoralizzati, ci dicono che i loro sacrifici non hanno senso se poi si permette a queste persone di inquinare con voli che a volte sono addirittura brevissimi. Questo – spiega il team – è un punto delicato del nostro lavoro noi ripetiamo sempre che non per questo possiamo venir meno alle nostre responsabilità. Quello che possiamo fare invece è agire sulle abitudini di quell’1% di super ricchi che sono responsabili del 17% delle emissioni totali del comparto aviazione”.
Come rintracciare i voli e calcolare l’impatto di CO2
Ma come si svolge il loro lavoro? “Non c’è nulla di complicato: i dati che usiamo sono tutti pubblici e i calcoli sono facilmente replicabili”, spiegano. Il primo passo ovviamente è rintracciare la targa di un jet: “Possiamo scovarla dalla foto di un giornale, da un articolo o dalle immagini che i vip stessi postano sui social”. Tramite la targa si cerca poi il velivolo su uno dei software open source come Flightradar o Adsbexchange. Da queste piattaforme si può ottenere un dato fondamentale: il tragitto e quindi la durata del volo. Informazione che, insieme al consumo di carburante al minuto, rintracciabile nelle specifiche tecniche del velivolo, servirà a determinare la quantità di CO2emessa. “Basta moltiplicare la quantità di carburante bruciata al minuto per la durata del viaggio e infine per un fattore di emissione, che per il cherosene di tipo A è di 3,06 chilogrammi di CO2 al litro. Un valore che ci è fornito dall’ente francese Ademe”.
Oltre ai calcoli, c’è poi tutta una parte di lavoro incentrato sulla ricerca, verifica e incrocio delle informazioni che serve per determinare se un personaggio sta effettivamente viaggiando sull’aereo che si sta seguendo. Operazione fondamentale soprattutto per i jet privati in affitto: i cosiddetti taxi dei cieli.
Lo scempio dei taxi dei cieli
Oltre alla difficoltà nel tracciamento, secondo Jet dei Ricchi i velivoli a noleggio hanno anche un’altra conseguenza: “Hanno lo stesso problema dei taxi: quando lo chiami arriva da te vuoto e questo fa sì – dice il team citando dati del quotidiano francese Le Figaro – che il 40% dei jet privati volino vuoti e ricordiamoci che si tratta di oggetti che quando si muovono emettono ogni 50 minuti l’equivalente di quello che una persona media europea emette in un anno tutte le volte che prende la macchina, tutte le volte che viaggia in treno, in aereo, che si fai spedire un pacco e così via. Questa roba è un’aberrazione in una società che sostiene di essere nel cammino della sostenibilità. Inoltre dobbiamo pensare che i jet a noleggio costituiscono la maggioranza degli voli privati che gira in Europa: affittati da persone sufficientemente ricche per pagare un viaggio, ma non abbastanza per comprare un aereo e mantenerlo”.
Name&Shame: pubblicare i dati sui social
L’ultima fase del lavoro è quella della pubblicazione dei dati. Un post e delle storie in cui viene taggato il personaggio di turno, nella speranza che il messaggio arrivi anche al diretto interessato. “La tecnica del name and shame, di puntare il dito pubblicamente verso una persona, è una tattica che si usa sin dagli anni ’80, con Greenpeace che scriveva i nomi delle baleniere con il sangue. Tuttavia non ci ha mai risposto nessuno. Solo Gianluca Vacchi si è staggato tre volte dal nostro post, ci piace considerarlo un segno di vita”, dice ridendo il team.
Voli privati per piacere, non per business
“Una delle accuse che spesso ci fanno – raccontano gli analisti – è che attacchiamo persone che lavorano, che hanno un business talvolta internazionale e che devono risparmiare tempo”. Tuttavia l’ultimo report dell’Ong Transport&Environment delinea un altro quadro. Sulla base dei dati forniti dall’European business aviation association (EBAA) viene sottolineato come una quota consistente dei voli privati sia effettuata per piacere e non per motivi aziendali. “Abbiamo identificato un chiaro picco nel traffico dell’aviazione privata durante i mesi estivi – si legge – con gli aeroporti delle località soleggiate che registrano la maggior parte dei loro introiti proprio in quel periodo”. Inoltre, si legge sempre nel report, il 70% dei jet privati viene impiegato per voli intra-Eu e hanno il doppio delle probabilità, rispetto a un volo di linea, di essere usati per viaggi inferiori ai 500 Km.
Un privilegio che non è più sostenibile
Nel traffico aereo privato d’Europa l’Italia è al terzo posto in classica per emissioni, superata dal Regno Unito e dalla Francia che ricoprono rispettivamente il primo e il secondo scalino della graduatoria. “L’aviazione privata di lusso rappresenta in termini assoluti una percentuale piuttosto bassa a livello di emissioni di CO2 rispetto a tutto il comparto – specifica il team di analisti – ma sono oggetti inutili e la prima cosa che si fa quando la situazione è tragica e bisogna portare a casa la pellaccia, che in questo caso è il Pianeta, è tagliare le cose superflue. I ricchi possono viaggiare in altri modi: possono prenotarsi un intero vagone su un treno, prendersi una residenza in un luogo senza dover fare in giornata Ancona- Parigi-Ancona come se fosse possibile perché non è più possibile. Questo modo di vivere non è più sostenibile in un mondo che cerca di reagire già con estrema fatica alla crisi climatica e che già sappiamo che non riuscirà a rispettare gli accordi di Parigi”.
Il futuro del progetto
Se il primo passo del collettivo di Jet dei Ricchi è creare consapevolezza e dibattito, il secondo step è quello di tramutare i dati ottenuti dal loro lavoro in proposte di intervento volte a limitare l’uso dei jet privati. “Non viviamo su un altro Pianeta”, concludono . “Sappiamo che è impossibile abolirli da un giorno all’altro, ma è possibile agire in altri modi come per esempio inserendo una tassa sul carburante. Ci stiamo lavorando, quello che ci interessa è che tutte le forze politiche arrivino a parlare di abolizione dei jet privati”. Intanto ad averlo fatto è stata l’alleanza Europa Verde e Sinistra Italiana, che non ha inserito il tema nel programma elettorale di settembre, ma ha deciso di abbracciare la proposta promuovendo una campagna sui social. Così come il Fridays for Future, che ha inserito il tema nelle proposte della loro agenda climatica.