La crisi climatica ed energetica che stiamo vivendo sono concatenate: combattere la prima con efficacia, in termini di riduzione delle emissioni, avrà dei vantaggi economici anche per superare la seconda in termini di costi, afferma un nuovo studio realizzato dall’Università Ca’ Foscari di Venezia e la Fondazione Cmcc (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici).
Come chiedono gli scienziati nella loro lettera appello fatta sua da Green&Blue, la questione climatica dovrebbe essere messa al centro dell’agenda politica in vista delle prossime elezioni del 25 settembre, perché il riscaldamento globale, soprattutto in Italia e nell’area mediterranea, sta impattando “fortemente e negativamente anche le attività economiche”, aumentando i costi dell’energia e della vita.
Con piani strategici preventivi, da applicare subito e concentrandosi sul taglio delle emissioni climalteranti, queste spese si possono ancora abbattere, ricordano gli scienziati nella lettera rilanciata con una petizione sottoscritta da oltre 192mila firmatari.
Per prevenire, serve però un cambio di strategia. Il problema attuale, precisano Ca’ Foscari Venezia, Fondazione Cmcc, Eiee (Institute on Economics and the Environment) e LSHTM (London School of Hygiene & Tropical Medicine) in uno studio appena pubblicato su Nature Communications, è che oggi stiamo sviluppando politiche di adattamento strettamente emergenziali.
In sostanza: l’adattamento, quello odierno per tentare di affrontare l’aumento dei costi dell’energia ad esempio, ha dei costi che tenderanno a crescere sempre di più se invece al contrario non si decide di spingere in maniera aggressiva sulla mitigazione e la riduzione immediata delle emissioni. “L’energia necessaria per l’adattamento ai cambiamenti climatici comporterà investimenti e costi energetici più elevati di quanto si stimasse precedentemente. Ridurre drasticamente e rapidamente le emissioni climalteranti avrebbe quindi il vantaggio – finora trascurato dal dibattito pubblico e dalle negoziazioni sul clima – di evitare una gran parte dei consumi e dei costi energetici dovuti all’adattamento” spiegano i ricercatori.
Come racconta Francesco Pietro Colelli, dottorando all’Università Ca’ Foscari Venezia e primo autore dello studio, non possiamo più semplicemente adattarci alla crisi del clima modificando i nostri consumi energetici come fatto finora, perché con questo sistema “emergenziale” e la domanda energetica che continua a crescere, questo porterà a inevitabili investimenti nel fossile.
“La domanda globale di elettricità aumenterà del 7% entro il 2050 e del 18% al 2100 – dice Colelli -. Considerando che la nostra produzione di elettricità deriva ancora essenzialmente da gas, carbone, e petrolio, c’è il rischio che molti degli investimenti energetici delle prossime decadi siano quindi indirizzati ai combustibili fossili, a scapito delle rinnovabili. Secondo le nostre stime, questo significherebbe ricorrere a circa 30-35 nuovi grandi impianti a gas e 10-15 nuovi grandi impianti a carbone e petrolio ogni anno da qui al 2050“. Il che – senza più vie d’uscita – contribuirà ad aumentare il circolo vizioso delle emissioni e del riscaldamento globale.
“In Europa – racconta ancora lo studio – l’aumento della domanda di elettricità per il raffrescamento degli ambienti sarà più che compensato dalla diminuzione della domanda di combustibili per il riscaldamento, portando in sostanza a un risparmio energetico da qui a fine secolo. Ciononostante, da qui al 2050, e considerando le attuali politiche per il clima, saranno comunque necessari ulteriori 235 miliardi di euro di investimenti e spese operative per la generazione e la trasmissione di elettricità per il raffrescamento degli ambienti”.
Se per esempio pensiamo alle ondate di calore che hanno colpito l’Europa negli ultimi mesi e che si ripeteranno ancora, dobbiamo considerare che adattarci usando più aria condizionata “richiederà anche investimenti aggiuntivi nelle reti e nella produzione di energia. I costi globali per la fornitura di elettricità da qui a fine secolo, comprensivi dei costi di generazione, reti, e combustibili, calcolati in termini di valore attuale, aumenteranno del 21%. I costi aggiuntivi saranno trasferiti ai consumatori attraverso l’aumento del prezzo dell’elettricità, che potrà crescere dal 2 al 6% a seconda della regione considerata” spiega Enrica De Cian, coautrice dello studio.
E allora, come si potrebbe tentare di arginare la crisi del clima e quella dei costi dell’energia? “Con politiche di mitigazione ambiziose – chiosa De Cian – si possono tuttavia dimezzare l’aumento dei costi del sistema energetico indotti dall’adattamento, a seconda dell’ambizione degli obiettivi climatici. La riduzione delle spese energetiche per l’adattamento compensa i maggiori costi necessari per la decarbonizzazione, tanto da comportare un beneficio economico netto in termini di costi del sistema energetico in scenari ben al di sotto dei 2 gradi di riscaldamento”.