I cambiamenti climatici e l’agricoltura intensiva, che distrugge gli habitat selvatici e fa un uso intenso di pesticidi, stanno riducendo drasticamente le popolazioni di farfalle in tutto il mondo: 11% in meno negli ultimi 25 anni. Fortunatamente, con un po’ di impegno sembra che si possa fare molto per modificare la situazione. Uno studio appena pubblicato sul Journal of Applied Ecology rivela infatti che gli interventi di gestione dell’habitat – cioè le misure messe in campo per rendere gli ambienti più accoglienti per le specie selvatiche – sono in grado di rallentare se non addirittura invertire questa drammatica perdita di biodiversità nel mondo delle farfalle.

La sopravvivenza e l’habitat

Lo studio è stato realizzato da un team guidato dai ricercatori della Washington State University e ha analizzato i dati sulle popolazioni di 31 specie di farfalle considerate “a rischio”, in 10 diversi stati americani, rivelando un declino medio del numero di esemplari pari all’8% anno. Ovvero, una riduzione del 50% delle popolazioni studiate nell’arco di appena un decennio. I dati analizzati hanno permesso di accertare una delle principali cause di questo declino, ovvero il cambiamento dei pattern di attività degli insetti causato dall’aumento delle temperature.

Il fenomeno, in realtà, è noto da tempo: temperature più miti portano le farfalle (e molti altri animali) a ritornarne attive sempre più precocemente dopo i mesi invernali, e rimanerlo più a lungo prima del ritorno del freddo. Meno chiaro, almeno fino ad oggi, era come questi cambiamenti comportamentali influissero sulla sopravvivenza delle farfalle: se un periodo di attività prolungato, insomma, fosse dannoso, benefico, o privo di effetti.

Cosa fare per aiutarle

“Abbiamo scoperto che per queste farfalle un grande spostamento nei pattern di attività ha in genere effetti negativi: le popolazioni che hanno mostrato i cambiamenti maggiori, infatti, hanno anche subito il declino più pronunciato del numero di esemplari”, spiega Collin Edwards, ricercatore della Washington State University che ha partecipato allo studio. “Fortunatamente, abbiamo scoperto anche che la gestione dell’habitat sembra ridurre gli effetti del cambiamento climatico sulle attività delle zanzare, visto che le popolazioni sottoposte più spesso a simili interventi hanno evidenziato i cambiamenti minori nelle loro abitudini”.

Gli interventi citati nello studio comprendono falciature, incendi controllati, rimozione di erbacce e messa a dimora di piante, mirati a migliorare la disponibilità di flora adatta allo sviluppo dei bruchi e all’alimentazione e la sopravvivenza delle farfalle. Azioni che ovviamente vanno modulate sulle esigenze di ogni zona e di ogni specie di insetto, e che possono essere messe in campo su più livelli: da quello pubblico, su ampia scala, a quello privato, con le piccole iniziative che può prendere ognuno di noi nel proprio giardino di casa.

“Vorremmo incoraggiare le persone a piantare fiori selvatici e piante adatte ad ospitare i bruchi e a fornire nettare per le farfalle”, aggiunge Cheryl Schultz, professoressa di biologia della conservazione della Washington State University che ha coordinato lo studio. “Se possibile, dovrebbe trattarsi di interventi che non richiedano pesticidi, perché più riusciamo a eliminare i pesticidi dal nostro ambiente, meglio sarà per le farfalle e gli altri insetti”.