Ora è ufficiale: il 2024 supera il 2023 e passa alla storia (per ora) come l’anno più caldo da quando si fanno questo tipo di misurazioni. L’annuncio è del Copernicus Climate Change Service, emanazione del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio raggio: l’istituzione ormai riconosciuta a livello globale come la più autorevole nel monitorare l’andamento delle temperature del Pianeta. Nel suo bollettino mensile l’agenzia europea si concentra sul mese di novembre appena trascorso: è stato il secondo più caldo a livello globale, dopo quello del 2023, con una temperatura media dell’aria superficiale di 14,10°C, di 0,73°C superiore alla media di novembre del periodo 1991-2020. Con un novembre così è ormai certo che l’intero 2024 sarà da record,
indipendentemente dalle temperature che si registreranno a dicembre: la temperatura media globale sarà superiore di oltre 1,5°C rispetto alla media del livello preindustriale: la media annuale dovrebbe essere di 1,60 gradi, superando il record stabilito nel 2023 di 1,48 °C.
Questo non significa, è bene ricordarlo, che sia da considerare fallito l’obiettivo che quasi 200 nazioni si sono date nel 2015 con l’Accordo di Parigi: non basta che il superamento della soglia di 1,5 gradi sia episodico, occorre che si verifichi per molti anni consecutivi.
Il “2024 anno più caldo” non è una sorpresa. Carlo Buontempo, lo scienziato italiano che guida il Copernicus Climate Change Service, lo aveva detto chiaramente nel corso di una intervista a Green&Blue il 31 ottobre scorso, in occasione dell’alluvione che aveva investito la regione di Valencia, in Spagna: “Molto verosimilmente il 2024 sarà il più caldo di sempre. Dai dati raccolti finora, ci vorrebbe un miracolo a novembre e dicembre perché l’anno in corso non batta il record del 2023”. Be’, il miracolo non c’è stato.
E alla Cop29 di Baku, qualche settimana dopo, aveva rincarato la dose Celeste Saulo, segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale: “Il 2024 si avvia a essere l’anno più caldo di sempre”. Quando le abbiamo chiesto se passerà alla storia, oltre che come il più caldo di quelli passati, come il più fresco di quelli a venire, la meteorologa argentina ci ha risposto: “Mi piacerebbe poter rispondere: no. Ma per fare in modo che questa mia risposta corrisponda alla realtà dovremmo agire subito”.
Ed è questo il punto: che farsene di questi annunci? Come evitare l’assuefazione, nei media, nella politica, nell’opinione pubblica? Come trasformare i dati scientifici in azione politica? Non ci stupisce l’annuncio di oggi, così come probabilmente non ci stupirà, tra 12 mesi, che avremo vissuto un 2025 da record in fatto di temperature. E, quasi certamente, nel frattempo non sarà stata presa alcuna decisione in grado di frenare il riscaldamento. Lucio Caracciolo su Limes sostiene che “il cambiamento climatico è tema troppo serio per lasciarlo ai climatologi”. Giustissimo. Ma il problema non sembra essere una invasione di campo degli scienziati, quanto una fuga della politica di fronte a numeri che dovrebbero inchiodarla alle sue responsabilità.