Sulla carta tutto bene: riconoscono che la crisi climatica è una vera emergenza, sanno che il clima che cambia potrebbe mettere a rischio la nostra stessa sopravvivenza e sono ben disposti a sostenere tecnologie green. Ma al tempo stesso inquinano, comprano troppo e sono poco propensi a comportarsi diversamente nella vita di tutti i giorni. Questa la “doppia faccia” della classe benestante inglese che emerge da uno studio che ha indagato le attitudini dei più ricchi sulla questione ambientale e di cui si racconta oggi dalle pagine di Plos Climate.

“Potrebbero giocare un grande ruolo”

Scopo del lavoro, racconta il team che dall’Università di Bath ha condotto la ricerca, anche intervistando i diretti interessati, era capire quale ruolo le persone che più influenzano in negativo le condizioni del nostro pianeta – ricchi e supericchi – sono disposti a giocare dall’altra parte della rete. Ovvero, quanto bene potrebbero fare all’ambiente? “Gli individui più ricchi hanno un’opportunità unica, e la responsabilità, di avere un impatto significativo (sull’ambiente, nda) – ha spiegato infatti da Bath Hettie Moorcroft, a capo del lavoro – La nostra ricerca mostra in che modo le persone ricche contribuiscono ai cambiamenti climatici al di là dei loro consumi, ma mostra anche come le loro capacità potrebbero essere sfruttate per avviare un veloce cambiamento”.

La ricerca

Nello studio i benestanti (britannici) presi in considerazione erano persone in condizioni diverse, anche a seconda dello status lavorativo, ma in generale erano quelli che avevano un reddito superiore alle 150 mila sterline l’anno o alle 100 mila, ma con proprietà di casa e due auto. I dati riportati si riferiscono ad un piccolo campione (una quarantina di benestanti su circa un migliaio di persone), per cui sono state collezionate abitudini e stimati impatti ambientali, ma sono interessanti.

L’editoriale

Lavoro, quante balle sulla green economy

di Federico Ferrazza

Qualche risultato dell’indagine

i ricchi sono ben disposti ad adottare tecnologie green, sia questa una macchina o un investimento in pannelli solari, anche in luogo delle maggiori possibilità economiche, riconoscono chiaramente gli autori. I benestanti inoltre sono anche più consapevoli, rispetto agli altri, che sia necessaria un’azione urgente a contrasto dei cambiamenti climatici, affrontano più spesso il problema nelle loro discussioni e si dichiarano pro politiche che sposano l’attenzione all’ambiente. Sono anche più disposti a valutare l’impatto ambientale di un oggetto quando devono cambiarlo, sebbene lo facciano fin troppo spesso, scrivono gli autori.

Dissonanza cognitiva

Proprio questo aspetto relativo ai consumi eccessivi, così come la scelta di spostamenti poco sostenibili, quali l’uso degli aerei, e più in generale una scarsa propensione a modificare i propri stili di vita, indicano invece una discordanza tra quanto dichiarato e quanto i benestanti sono disposti a fare nella pratica per la causa ambientale. O meglio una “dissonanza cognitiva”, come la definiscono gli autori. A questo si aggiunge anche una scarsa consapevolezza dell’impatto delle proprie azioni sull’ambiente, complice in parte il fatto che spesso i ricchi frequentano altri ricchi, e certi comportamenti sono considerati la norma, scrivono ancora gli esperti.

Non tutto è perduto

I più benestanti, se volessero e magari opportunamente indirizzati, potrebbero essere protagonisti di un necessario cambiamento, concludono gli autori, agendo come una sorta di influencer in virtù delle loro posizioni economiche e sociali, per guidare comportamenti e mercati. Una sfida troppo ambiziosa?