Se non lo vedi, non esiste. Questa è l’attuale politica di Donald Trump nei confronti della crisi climatica, quella che ha sempre negato. Per poterla avallare ulteriormente il presidente degli Stati Uniti, insieme al Doge, il Dipartimento per l’efficienza governativa con cui Elon Musk è stato incaricato di tagliare le spese pubbliche “inutili”, sta portando avanti da quasi due mesi la cancellazione e l’oscuramento totale della questione climatica.

L’ultima mossa – anticipata un mese fa quando all’improvviso alcuni siti della Noaa (la National Oceanic and Atmospheric Administration) finirono offline – è quella di voler cancellare anche i dati sulla CO? globale.

Come noto le emissioni di gas serra da parte delle attività umane, e insieme a quelle di metano soprattutto quelle dell’anidride carbonica, sono la causa principale del surriscaldamento del Pianeta che nell’ultimo anno ha registrato le temperature medie globali più calde di sempre. Monitorare i livelli di CO? nel mondo significa dunque avere una fotografia precisa di quanto sta accadendo e al contempo ottenere gli strumenti per modelli climatici in grado di aiutare a prevenire, adattare e proteggere, l’umanità intera davanti alle sfide del nuovo clima.

L’osservatorio Loa nelle Hawaii

La principale stazione che monitora i valori di CO? da quasi 70 anni nel mondo è quella dell’osservatorio di Mauna Loa nelle Hawaii. Qui, in una avamposto vicino alla cima del vulcano e lontano da fonti inquinanti, vengono costantemente monitorate e rese pubbliche le “parti per milione” (ppm, ndr) di CO?, arrivate negli ultimi tempi al terrificante valore di 427 ppm, fra le più alte di sempre.

Quei valori sono quelli che ci restituiscono lo stato delle cose, quelli che possiamo osservare anche solo per farci un’idea di come le emissioni climalteranti stanno aumentando: per dire, quando Greta Thunberg iniziò i suoi scioperi per il clima e le successive manifestazione globali di lotta alla crisi del clima, una delle prime cose che scrisse sui suoi profili è che era nata in un periodo in cui nel mondo c’erano 375 ppm di CO? (nel 2003), in modo tale da lanciare un confronto e un segnale dell’aumento costante della concentrazione delle emissioni.

Se non si vede, non esiste

Ora Trump e Musk, quei valori gestiti dalla Noaa a Mauna Loa, vogliono oscurarli. Se non sono più quotidianamente visibili, evidentemente non esistono e non sono più un problema per chi come l’amministrazione Usa sta smantellando ogni tipo di politica climatica. Oltre all’uscita dagli Accordi di Parigi, quelli per limitare il surriscaldamento globale entro gli 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali, il tycoon ha già fatto rimuovere dal sito della Casa Bianca e da ogni agenzia federale le parole e i riferimenti alla crisi del clima. Ha poi effettuato centinaia di migliaia di licenziamenti che riguardano scienziati, ricercatori,forestali e difensori del clima e dell’ambiente in ogni settore pubblico degli Stati Uniti.

Mentre adesso si prepara a cancellare ogni politica di riduzione delle emissioni climalteranti impostata in precedenza da Joe Biden, in modo da poter agevolare senza freni il suo “drill, baby, drill”, l’idea di trivellare ovunque per ottenere petrolio e gas e riportare in auge l’uso dei combustibili fossili affossando contemporaneamente le rinnovabili, a breve Trump e Musk intendono infatti anche chiudere e smantellare l’ufficio di Hilo della Noaa a Mauna Loa che è quello relativo proprio al monitoraggio delle emessioni di gas serra.

La scusa per poterlo chiudere definitivamente è una questione di affitto: costa troppo (si stima intorno ai 160 mila dollari l’anno) e di conseguenza, in ottica dei tagli DOGE, vale la pena serrarlo.

La reazione degli scienziati

Il problema è che da quell’ufficio da decenni escono i principali indicatori sul cambiamento climatico causato dall’uomo che servono agli scienziati di tutto il mondo per sviluppare modelli e fornire informazioni cruciali per salvare la vita delle persone davanti per esempio all’intensificazione degli eventi meteo estremi.

Valori che vengono usati in ogni parte del globo tant’è che anche esperti italiani – come la presidente dell’Italian Climate Network la fisica Serene Giacomin oppure il ricercatore e meteorologo del CNR-Lamma Giulio Betti di recente hanno denunciato la pericolosità legata al potenziale taglio di questi uffici. Lo stesso Betti sui social, denunciando una situazione “peggio degli struzzi”, di chi davvero nasconde la testa per non vedere, suggerisce di ricordarsi il numero delle attuali ppm, 427, perchè “non sappiamo ancora per quanto i rilievi verranno fatti”.

Altre strutture a rischio

In generale l’ufficio con sede a Hilo dell’Osservatorio di Mauna Loa è una delle 34 strutture della National Oceanic and Atmospheric Administration che potrebbero essere presto chiuse: in questo luogo particolare per l’aria rarefatta e la posizione remota nell’Oceano Pacifico, lontana da città inquinante,fin dagli anni Cinquanta vengono rilevati i dati climatici più importanti per comprendere la salute della Terra ed è facile ipotizzare i danni derivanti da una eventuale smantellamento dell’ufficio che seguirà in ordine di tempo quelli già avvenuti per esempio nelle sedi centrali Noaa e in quelle dell’Epa, l‘Agenzia di protezione ambientale dove, così come al Forest Service, sono già stati licenziati migliaia di dipendenti.

Le difficoltà in cui stanno lavorando gli scienziati

Sempre da Mauna Loa, va ricordato, sono iniziate le raccolte di dati da parte di Charles Keeling, lo scienziato che studiando i modelli di anidride carbonica ha coniato la famosa “curva di Keeling”, quella che ci fornisce l’andamento della crescita dei livelli di anidride carbonica, passate appunto da 315 ppm ai temi di Keeling negli anni Sessanta alle attuali e pericolose oltre 420.

Già oggi, raccontano gli scienziati ai media statunitensi e britannici, operare nelle scienze del clima, quelle che dovrebbero – così come il Noaa – aiutarci a prepararci agli impatti futuri del surriscaldamento per esempio osservando i dati atmosferici e soprattutto quelli degli oceani tragicamente sempre più bollenti, negli Usa sta diventando un’impresa.

Sarebbe terribile se questo ufficio fosse chiuso – ha spiegato per esempio lo scienziato atmosferico Marc Alessi dell’Union of Concerned Scientists – perché non solo fornisce la misurazione della CO? di cui abbiamo così disperatamente bisogno per tracciare il cambiamento climatico, ma informa anche le simulazioni dei modelli climatici utili in tutto il mondo per proteggerci”.