“Se il 2022 finisse adesso sarebbe l’anno più caldo di sempre”, parole chiare quelle di Michele Brunetti dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr (Isac-Cnr), che effettua rilevazioni sulle temperature dal 1800, sui dati del report mensili che riguardano l’Italia. E se i primi sette mesi dell’anno sono stati bollenti con 0,98 gradi sopra la media, sono le temperature registrate a giugno (con +2,88 gradi) e luglio (con + 2,26 gradi) a preoccupare gli esperti del clima. Praticamente dimezzate anche le precipitazioni con un calo del 45%. Ancora elevate le temperature percepite: domani sono previsti picchi di 39 gradi a Firenze, 38 a Latina e Milano, 37 a Bologna, Frosinone, Roma, Venezia e Viterbo; domenica 38 a Latina e Roma, 37 a Firenze, Frosinone e Viterbo.
“L’anno più caldo dal 1800”
“Luglio 2022 è dunque secondo solo al 2003, così come lo sono stati anche maggio e giugno”, ha spiegato ancora Brunetti che ha analizzato le temperature di questi primi sette mesi. “Al momento ha fatto registrare medie molto alte in tutti i mesi proiettandosi come l’anno italiano più caldo di sempre, questo però non significa che poi lo sarà realmente – ha precisato il ricercatore del Cnr – perché se nei prossimi mesi le medie mensili dovessero scendere anche quella annuale scenderebbe”.
A guidare la classifica degli anni più caldi in Italia dal 1800 è ancora il 2018, con un’anomalia di +1,58 gradi sopra la media di riferimento in cui un peso rilevante lo ebbero i mesi di gennaio con +2,37 gradi rispetto alla media e aprile, il più caldo di sempre con +3,5 gradi sopra la media.
Agricoltura: danni per 6 miliardi
“Siamo di fronte – ha spiegato la Coldiretti – a un impatto devastante della siccità e delle alte temperature con danni all’agricoltura che superano i 6 miliardi di euro, pari al 10% della produzione nazionale. Le campagne italiane sono allo stremo con cali produttivi del 45% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, del 20% per il latte nelle stalle, del 30% per il frumento duro per la pasta di oltre 1/5 delle produzione di frumento tenero, del 30% del riso, meno 15% frutta ustionata da temperature di 40 gradi, meno 20% cozze e vongole uccise dalla mancanza di ricambio idrico nel Delta del Po, dove – evidenzia la Coldiretti – si allargano le zone di “acqua morta”, assalti di insetti e cavallette con decine di migliaia di ettari devastati.
Paura per le precipitazione violente
La tendenza al surriscaldamento è dunque evidente in Italia dove la classifica degli anni più caldi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo decennio: il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020. “Il cambiamento climatico è stato accompagnato da una evidente tendenza alla tropicalizzazione che – continua la Coldiretti – si manifesta anche con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi”.
Cambia il paesaggio in montagna
Proprio per questo motivo preoccupa anche la vendemmia appena iniziata in Italia con una prospettiva di un calo del 10% delle uve, ma cresce l’allarme negli uliveti. “Oltre che in pianura gli effetti del cambiamento climatico si fanno sentire anche in montagna – sottolinea Coldiretti – con un profondo cambiamento del paesaggio con i pascoli che sono sempre più secchi e le pozze per abbeverare gli animali asciutte a causa della mancanza di pioggia e delle alte temperature che stanno prosciugando pure i ghiacciai alle quote più alte. La mancanza di acqua manda in crisi un sistema fondamentale per l’agricoltura e l’allevamento in montagna mettendo a rischio produzioni tipiche, dai formaggi ai salumi”.