L’insalata potrà crescere nello spazio anche senza la luce. Lo sostiene uno studio pubblicato sulla rivista Plant Communications e coordinato dai ricercatori Raffaele Dello Ioio e Paola Vittorioso del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie della Sapienza, in collaborazione con l’Institute of Experimental Botany, l’Agenzia Spaziale Italiana e il Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, che ha permesso di isolare microverdure capaci di germinare al buio identificando un meccanismo molecolare che promuove la loro crescita indipendentemente dalla luce.
La ricerca si è focalizzata sulla Cardamine hirsuta, più comunemente nota come crescione amaro peloso, una pianta modello con caratteristiche di microverdura. I ricercatori hanno dimostrato che la Cardamine è capace di germinare indipendentemente dalla luce e che deve questa sua capacità agli alti livelli di Acido gibberellico (GA), ormone presente in tutte le piante e responsabile della loro crescita, e al regolatore DAG1, che invece è coinvolto nel processo indipendentemente dalle condizioni di luce.
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I risultati ottenuti dalla ricerca permetteranno di traslare queste conoscenze anche ad altre microverdure attraverso tecnologia TEA (tecniche di evoluzione assistita), aumentando il plafond di prodotti vegetali disponibili per gli astronauti e avvicinando la colonizzazione di altri pianeti.
Grazie alla joint venture del gruppo di Paola Vittorioso e di Raffaele Dello Ioio, finanziata dalla regione Lazio, sarà possibile inoltre approfondire nuove prospettive per lo sviluppo di colture più resilienti e che riescano ad adattarsi a contesti ambientali sempre più complessi a causa del cambiamento climatico. “Oggi le tematiche legate all’ambiente – commenta Dello Ioio – coinvolgono la società in tutte le sue componenti rendendo necessario lo sviluppo di strategie alternative per rendere le coltivazioni sostenibili e adattabili alle nuove condizioni climatiche. La generazione di piante di interesse agronomico i cui semi sono capaci di germinare in condizioni non ottimali rappresenterebbe quindi un importante traguardo per la generazione di colture tolleranti i cambiamenti ambientali”.