Flaconi di bagnoschiuma, tubetti di dentifricio, barattoli di crema per il corpo, cotton fioc. Il bagno è una delle stanze della casa in cui accumuliamo più imballaggi e prodotti monouso, destinati a diventare rifiuti. E la maggior parte sono fatti di plastica, il nemico numero uno dell’ambiente. Tra soluzioni solide e sfuse, con vuoto a rendere o in materiali diversi, limitare il nostro impatto sul Pianeta è facile come farsi uno shampoo.

Solido e sfuso

La prima cosa da fare è dire addio ai contenitori in plastica. Nel 2020, dati PlasticsEurope, il mondo ne ha prodotto 367 milioni di tonnellate. Per l’Ispra, l’Italia ricicla soltanto il 30% della plastica raccolta. E il 60% di tutta quella mai esistita, sostiene il Wwf nel suo ultimo report con l’Istituto Alfred Wegener per le ricerche polari e marine, è diventata rifiuto e si sta accumulando nelle discariche o nell’ambiente naturale, soprattutto negli oceani. La situazione del nostro mare è preoccupante: secondo uno studio pubblicato su Frontiers in Marine Sciences sarebbero circa 17.600 le tonnellate di plastica che si trovano nel Mediterraneo, di cui oltre 3.760 quelle che galleggiano in superficie.

Per shampoo, balsamo e bagnoschiuma (ma anche saponi per le mani, per l’igiene intima e struccanti viso) la soluzione è solida. La cara vecchia saponetta abbraccia ingredienti naturali, spesso da agricoltura biologica, è vegan e cruelty-free, e ha un imballaggio ridotto al minimo, se non proprio assente, prevalentemente in carta. Dai brand più conosciuti – Officina Umbra di Bioteko, Officina Naturae o La Saponaria – alle startup – le saponette di Sternartica della 28enne Federica Campilongo, la linea a base di cocco di Coccoon a cura dello spin off della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa Lollietto, o i prodotti degli artigiani di Ethical Grace – l’offerta è ampia e variegata, per ogni tipo di necessità.


Ma se il solido non vi soddisfa, un’idea è quella di conservare i vecchi flaconi e riempirli. Sono tanti ormai i negozi che aderiscono a questa filosofia (qui le mappe di Rete Zero Waste e Sfusitalia) e nel quale è possibile trovare shampoo e saponi per ricaricare i vostri flaconi, oltre a detersivi e alimenti.

Vetro, alluminio e vuoto a rendere

Alternative ai contenitori di plastica sono sicuramente quelli in vetro e alluminio. In questi materiali si trovano facilmente creme per il viso e per il corpo, detergenti, struccanti, saponi da barba, deodoranti, dentifrici, colluttori. Il riciclo del vetro da noi ha raggiunto il 78,6% (dati Coreve) con un risparmio di 3,7 milioni di tonnellate di materie prime e di 2,2 milioni di tonnellate anidride carbonica. Mentre grazie all’alluminio, di cui abbiamo riciclato il 70% nel 2019 secondo il Consorzio Imballaggi Alluminio, abbiamo risparmiato il 95% di energia rispetto alla produzione di prodotto nuovo e 381mila tonnellate di CO2.

Tra le opzioni da valutare Deoly, il deodorante in vetro dell’italiana Derma Viridis, dentifrici (liquidi, in polvere o in pastiglia), colluttori e filo interdentale biodegradabile in vetro dell’inglese Georganics o della tedesca Ben&Anna, che produce anche deodoranti in stick di carta o in vasetti di alluminio. C’è anche il dentifricio di Officina Naturae in tubetto di alluminio e tappo in bioplastica.

Certo è che poi tutti questi contenitori, per quanto meno inquinanti della plastica, vanno comunque riciclati. Per risolvere questo problema, aziende come la torinese Negozio Leggero offrono la possibilità del vuoto a rendere, praticando un piccolo sconto sul nuovo prodotto se si restituisce il contenitore in vetro vuoto.

No all’usa e getta

Sempre in quest’ottica sarebbe bene dare un freno anche al monouso. Se è vero che i cotton fioc in plastica non si possono più vendere da tempo, quelli biodegradabili vanno comunque smaltiti in grandi quantità, così come i dischetti struccanti in cotone. Un’opzione per la pulizia delle orecchie è Habitat wipes, della lombarda Habitat Nest, in bambù e silicone, oppure il bastoncino in legno o in bioplastica di Lamazuna, azienda francese di cosmetica zero waste. Per i dischetti struccanti tantissime sono le alternative lavabili e riutilizzabili in commercio, fatte in cotone da scarti tessili o in bambù.

Anche per gli altri oggetti non propriamente usa e getta possiamo fare attenzione. Per insaponare il corpo possiamo usare la luffa, una spugna che si ottiene dall’essicazione di un vegetale della famiglia della zucca, oppure dei sacchetti in cotone, canapa o altri materiali naturali, che sono anche utilissimi per non sprecare le saponette e utilizzare fino alla fine tutti i pezzetti che avanzano. Quando compriamo pettini, spazzole e pennelli, che siano da barba o da trucco, optiamo per prodotti duraturi, magari in legno, come le spazzole di Tek, e con setole naturali. Al posto dei rasoi usa e getta prediligiamo quelli in metallo a cui cambiare solo la lama.

Sei piccole cose che puoi fare tutti i giorni per il Pianeta

Stesso ragionamento da fare per lo spazzolino da denti, che è uno degli oggetti più inquinanti che conosciamo: consideriamo che ogni persone dovrebbe cambiarne uno ogni 3 mesi, quindi 4 in un anno. Moltiplicati per i 60 milioni di italiani, parliamo di 240 milioni di spazzolini buttati ogni anno. Difficilissimi da smaltire per la difficoltà di separare il manico di plastica dalle setole in nylon. Preferiamo quindi quelli totalmente in bambù, setole comprese, che si possono smaltire nell’organico. Oppure usiamo uno spazzolino con la testina intercambiabile, in modo da mantenere il manico e cambiare solo quella quando serve. Il Pianeta ringrazia.