L’Europa confida sull’energia del mare: entro 2050 il 10% di elettricità, questa l’ambizione della Commissione, arriverà dal mare, coprendo i bisogni di 94 milioni di famiglie, evitando l’emissione di oltre 230 milioni di tonnellate di CO2, tagliano di 266 miliardi di euro la ‘bolletta’ europea e dando lavoro ad almeno 500mila persone. Sommando i vari filoni di finanziamento dell’ultima programmazione, l’Europa ha investito finora in queste tecnologie più di 1 miliardo di euro.
Nonostante si tratti perlopiù di tecnologie acerbe, siamo all’avanguardia: “Oggi, a livello globale, non ci sono ancora strumenti che riescono a vendere l’energia prodotta”, ci spiega Gianmaria Sannino, del Laboratorio di modellistica climatica dell’Enea, che per l’Italia presiede l’Implementation Working Group Ocean Energy europeo. L’obiettivo della Commissione è arrivare al 2025 ad almeno 100 megawatt di potenza installata, per poi fare il balzo a 1 gigawatt entro il 2030. Nel continente, grazie all’ingegno dei ricercatori e ai finanziamenti pubblici, abbiamo oltre 120 progetti attivi sull’energia del mare, che si tratti di sfruttare le onde o le correnti di marea. “Ad oggi circa il 60% di tutti i prototipi al mondo si trova in Europa”, aggiunge Sannino. Circa 10% dei prototipi e dei progetti europei è italiano. Il Pewec è uno di questi.
Pewec è stato messo a punto da Enea e Politecnico di Torino, anche grazie all’aiuto di modelli di intelligenza artificiale. “Il team del Politecnico di Torino Lab ha sviluppato avanzati codici numerici per lo sviluppo della tecnologia e la previsione della producibilità del Pewec” riferisce Giuliana Mattiazzo del Politecnico. Software che hanno permesso di trovare un punto di equilibrio tra le tante esigenze alle quali questo strumento deve rispondere.
Non ultima quella dell’economicità, sia dei costi di realizzazione sia di quelli operativi: non solo deve produrre energia dalle onde nel modo più efficiente possibile e con tutte le condizioni del mare – che sarebbe già una bella sfida – ma “deve anche essere conveniente. Per la Commissione questi strumenti sono convenienti se riescono a produrre energia ad un massimo di 10 centesimi al chilowattora. Un valore competitivo rispetto ad esempio all’eolico”, calcola Sannino.
Dopo il lavoro di progettazione dei ricercatori e la messa a punto con l’intelligenza artificiale, e dopo un test su un modello in scala nella Vasca navale dell’Università Federico II di Napoli, il Pewec è pronto per il mare aperto. Enea e Politecnico di Torino stanno lavorando alla realizzazione del progetto in scala 1:1 da installare (“entro il 2025, finanziamenti permettendo”, dice il ricercatore Enea), ancorato al fondale, lungo le coste “più energetiche” del Mediterraneo: quella occidentale della Sardegna o il Canale di Sicilia.
Lungo 15 metri, largo 23 e alto 7,5, un peso di oltre 1.000 tonnellate, avrà una potenza di 525 chilowatt. Enorme e installabile in batteria per sfruttare il più possibile l’energia delle onde, a differenza delle pale eoliche, “non soffrirà di problemi di accettabilità sociale perché alla distanza dalla costa alla quale si troverà non sarà visibile. Anzi – aggiunge Sannino – abbiamo il problema opposto di segnarlo ai natanti per evitare impatti”.
Rinnovabili
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Dentro questo enorme scafo che sembra un barilotto gigante tagliato longitudinalmente ci sono dei pendoli (Pewec sta appunto per Pendulum Wave Energy Converter): quando i pendoli oscillano a causa del movimento del guscio semicilindrico sospinto dalle onde, il motore collegato al fulcro produce energia.
Come fanno le dinamo delle biciclette. Ma il motore e il pendolo dovranno lavorare sempre al massimo, o prossimi al massimo. Per questo Enea e Politecnico di Torino hanno messo in campo – o in mare, se vogliamo – la meccatronica. Sensori in mare e sistemi di previsione del moto ondoso avvertiranno il Pewec quando il mare sta cambiando, e lo strumento si adatterà per continuare a produrre al meglio.
“Il Pewec – racconta Sannino – ha un certo grado di adattabilità alla situazione del mare. Ad esempio l’altezza del pendolo al suo interno può essere modificata. Per far questo utilizziamo parte dell’energia stoccata nelle batterie presenti nello scafo, sapendo che grazie agli adattamenti ne guadagneremo molta di più di quella spesa”.
Il Pewec è pensato per il Mediterraneo, dove le onde sono di piccola altezza e alta frequenza. Qui potrebbe affrancare le piccole isole (50 solo in Italia) dalle inquinanti e costose centrali diesel. Ma i Pewec, con alcuni ‘ritocchi’, possono adattarsi al meglio anche in altre acque: “Se qualcuno ci chiedesse di installarne ad esempio in Portogallo, adattando lo scafo all’oceano avremmo più o meno gli stessi risultati”, afferma Sannino.