Come sarà il vino nel 2050, quando le temperature medie aumenteranno tra i 2 ai 4 gradi? A questa domanda che ancora oggi in pochi viticoltori si fanno, ha deciso di dare una risposta l’ottantaseienne Bernard Magrez. Soprannominato “l’uomo dei 40 castelli” e proprietario di 43 tenute vinicole in tutto il mondo tra le quali spiccano quattro di Bordeaux Grand Cru Classé nella regione del Médoc, Magrez ha deciso di creare una vigna sperimentale alla temperatura prevista nel 2050.
Il riscaldamento climatico sta già stravolgendo il settore vinicolo a causa delle numerose ondate di calore e le sempre più frequenti grandinate che in molte zone stanno portando anche a un abbassamento della qualità dei vini. Una situazione destinata a complicarsi molto di più nei prossimi trent’anni. Per cercare di difendere la qualità dei suoi vini e i particolare dei suoi Grand Cru, dopo aver notato che alcuni dei suoi vini negli anni ’10 avevano avuto un calo di qualità proprio a causa delle aumentate temperature, Magrz ha deciso di lanciare il progetto “A la recherche des Grands Crus Classés de demain”.
Convinto che non tutte e tre le uve che compongono il Bordeaux (Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc) manterranno la stessa qualità con l’aumento delle temperature, nel 2013 Magrz decise di riservare due ettari e mezzo del suo Château La Tour Carnet alla coltivazione di ottanta varietà di uva provenienti dalle zone più calde dell’Europa come Spagna e Italia del Sud e dai Paesi del Nord Africa come Algeria, Tunisia, Marocco, oltre che alcune varietà autoctone della zona.
Lo scopo di questa prima fase era verificare se con il nuovo clima del Médoc, qualcuna di queste varietà si mostrava migliore e avrebbe potuto sostituire uno dei tre uvaggi del Bordeaux. Convinto che “le sfide climatiche e ambientali che dobbiamo affrontare sono di proporzioni senza precedenti” Magrez spiega che bisogna “reinventare la nostra professione di viticoltori, innovando ogni volta che è possibile per garantire la sostenibilità della produzione di grandi vini di Bordeaux. Questa è la missione che ho affidato ai miei team”. E per questo ha capito che non è sufficiente verificare quale nuovo vitigno si presta meglio a sostituire uno dei tre ingredienti del Bordeaux alle condizioni attuali ma va capito cosa avverrà quando il clima sarà cambiato.
Così lo scorso anno ha chiamato l’agronomo Julien Lecourt alla guida della ricerca e sviluppo del gruppo e ha assunto cinque ingegneri per rinforzare la squadra. In questi mesi il team ha progettato la fase due della sperimentazione, che sta partendo proprio questa primavera. La squadra di Lecourt ha creato nelle vigne il microclima che ci dovrebbe essere davvero nei prossimi decenni replicando la tecnica utilizzata dagli aerei per evitare che si formi ghiaccio sulle ali.
La vigna sperimentale
Lecourt e i suoi hanno portato dei cavi lungo tutti i filari sperimentali, collegati a un quadro elettrico che una volta acceso, genera un aumento della temperatura simile a quello previsto con il riscaldamento climatico vicino alle piante. Oltre a seguire la crescita le piante, il team di Lecourt ha realizzato una cantina con 84 tini termoregolati, ognuno dedicato a un vitigno sperimentale coltivato nella tenuta e ai tre tradizionali bordolesi, così da poter vinificare separatamente ogni diverso uvaggio che poi verrà affinato in barrique, imbottigliato e controllato nel tempo.
Per tradurre in azione la visione di Magrez, illustra Lecourt, “è stato necessario uno studio scientifico sui diversi modi di adattarsi al cambiamento climatico con l’obiettivo di produrre già nel 2022 i vini del 2050 e garantire la sostenibilità dei grandi vini di Bordeaux”.