Come evitare di restare sommersi? È la domanda che davanti alle previsioni della scienza ormai sempre più Paesi, dagli atolli del Pacifico fino alle coste della Florida, si stanno ponendo per il futuro. Dal 1880 ad oggi il livello medio del mare è salito di oltre 20 centimetri e ogni anno aumenta di circa 3,2 millimetri ma a causa della crisi climatica e delle temperature più calde dei mari questo processo sta accelerando e si prevede che entro il 2050 si arriverà ad almeno 30 centimetri e nel 2100 si sfiorerà il metro.
Condizioni che porteranno alcune città a restare allagate e altre inabitabili a causa dell’acqua salata che invaderà i campi impedendo le coltivazioni. Per correre ai ripari a Miami prevedono di alzare il livello delle strade e spostare gli edifici nell’entroterra, a Kiribati si sono comprati ettari in una vicina isola delle Fiji come via di fuga, in Indonesia hanno spostato la capitale da Giacarta al Borneo e a Singapore continuano a usare la sabbia (che si sta esaurendo) per contenere l’avanzata dell’acqua: tutte soluzioni che aggirano il problema ma non lo risolvono in toto. Ecco allora che una idea, seppur molto complessa e dall’aspetto fantascientifico, è quella di costruire direttamente sull’acqua: dare vita a città galleggianti.
Progettare la vita sull’acqua è lo scopo di Oceanix, una società con sede a New York che, sostenuta anche dal programma UN-Habitat dell’Onu, sta avviando i lavori per realizzare la prima grande città flottante al mondo al largo di Busan, nella Corea del Sud.
La prima città al mondo flottante, autosufficiente e sostenibile
Una città “flottante e sostenibile” di cui sono stati di recente presentati progetti e piani operativi. Lo scopo, grazie a tecnologie rivoluzionarie, è adattarsi agli effetti del riscaldamento globale garantendo un luogo in cui vivere capace di resistere sia alla crisi del clima, sia al conseguente innalzamento del livello del mare. Il concetto di base è infatti che, con lo spostamento del livello del mare, si muoveranno adattandosi anche le piattaforme abitate.
All’inizio la città potrà ospitare circa 12mila persone, fino a espandersi a una capacità di 100mila residenti. Sarà completamente autosufficiente e grazie all’uso di rinnovabili in grado di generare il 100% dell’energia necessaria. Da Oceanix sostengono che questa realtà sull’acqua sarà a rifiuti zero grazie a sistemi di economia circolare e che tutto, dagli impianti idrici all’energia necessaria per il cibo o la mobilità, sarà possibile grazie a pannelli solari sul tetto delle abitazioni galleggianti e a turbine eoliche, oltre a infrastrutture per la desalinizzazione e fattorie aeroponiche.
Nel progetto le varie residenze saranno posizionate su più isole galleggianti di circa due ettari, collegabili fra loro “come molecole” attraverso ponti e altre strutture in grado di adattarsi sia all’acqua che sale sia a fenomeni meteo intensi, “anche uragani di categoria 5”, sostengono architetti e ingegneri che hanno presentato i dettagli in un incontro alle Nazioni Unite.
Ogni piattaforma, costruita per lo più con materiali in legno, ospiterà circa 300 persone, ma anche mercati, zone dedicate a orti e animali da fattoria e altre strutture. Ogni sei piattaforme collegate, come fosse l’esagono di un nido d’ape, si creerà un villaggio, unito poi ad altri attraverso ponti e passaggi.
“Sarà adattabile e continueremo a farlo crescere man mano che cresceranno le richieste” ha spiegato Marc Collins Chen, l’imprenditore che ha fondato Oceanix, il quale non ha ancora rivelato il costo e i tempi effettivi dell’intera operazione ma ha spiegato che gli esagoni galleggianti potranno essere prodotti in serie nelle fabbriche e trainati nelle baie di destinazione.
Vivere sull’acqua: dalla Bolivia alla Danimarca
Nonostante vari esperimenti nel mondo per tentare di contenere l’innalzamento delle acque, tra i quali anche meccanismi come il Mose di Venezia, la città galleggiante di Busan sarebbe la prima di questo tipo al mondo. Gli esperti sostengono, negli studi effettuati per la realizzazione, di essersi ispirati a stili e dettagli di modelli già esistenti: tra questi le case realizzate con la tidewater architecture nel Sud degli Stati Uniti, abitazioni progettate con ampi portici sia per resistere a climi umidi e caldi sia per proteggere la struttura da allagamenti, ma anche le abitazioni dove sotto passa l’acqua di Sausalito in California.
O, ancora, gli appartamenti galleggianti che si incontrano nei Paesi Bassi o in Scandinavia, e altri esempi storici di adattamento come la popolazione di pescatori Tanka che in Cina vive su barche galleggianti unite fra loro, o gli abitanti del lago Titicaca tra Perù e Bolivia che hanno vissuto per millenni in piccole capanne su isole in mezzo al lago.
Se al cinema metropoli del genere vengono ipotizzate in film come Waterworld del 1995, in passato a fine anni Sessanta ci fu – come il progetto dell’architetto Buckminster Fuller – l’idea di realizzare in Giappone una grande città galleggiante nella baia di Tokyo, che però non fu mai costruita.
Come sarà fatta la prima città galleggiante del mondo, pronta entro il 2025
Altrove nel Pianeta si stima che circa 13mila persone vivano invece in strutture come palafitte e insediamenti in parte realizzati sull’acqua, da Kampong Ayer in Brunei sino alla comunità di Makoko a Lagos, in Nigeria. Un altro esempio più moderno, del 2016, è poi l’Urban Rigger di Copenaghen, un complesso per ospitare un centinaio di studenti realizzato su alcune piattaforme nel porto cittadino. Quest’ultimo, formato da tante piccole penisole con container riciclati dove sono state create abitazioni, è forse quello che più si avvicina al futuristico progetto di Oceanix, che promette un futuro flottante ben più avveniristico grazie a tecnologie, secondo gli ideatori, che saranno un “vero e proprio test per le città sull’acqua del futuro”.