“Sono scettico sull’idea che il cambiamento climatico sia causato esclusivamente dall’uomo”. Parola di J.D. Vance, l’uomo che sarà vicepresidente qualora Donald Trump dovesse tornare alla Casa Bianca dopo le Presidenziali Usa del prossimo 5 novembre. Durante il suo primo mandato Trump condusse gli Stati Uniti fuori dall’Accordo di Parigi. Ora sceglie come suo braccio destro un politico decisamente schierato con la lobby americana dei combustibili fossili. E non sarà un caso se l’industria del petrolio e del gas ha speso più di 283.000 dollari nella campagna elettorale di Vance del 2022 per l’elezione al Senato. D’altra parte l’Ohio è il sesto stato dell’unione per produzione di gas naturale.

Quanto basta per giustificare i timori della comunità scientifica e più in generale di quanti ritengono che sia urgente prendere misure drastiche per fermare la crisi climatica in atto. L’eventuale vittoria del ticket Trump-Vance comporterebbe una nuova inversione a U nelle politiche ambientali di Washington, con conseguenze ben oltre i confini degli Stati Uniti. Nella convention Repubblicana in corso a Milwaukee l’ex presidente Trump e altri leader hanno affrontato i temi energetici, ma solo per chiedere un maggiore sviluppo di petrolio, gas e carbone, come riporta il New York Times. La scelta di un negazionista climatico come possibile vicepreside è la ciliegina sulla torta.

In realtà J.D. Vance sembra essere un personaggio dalle passioni e dalle convinzioni incostanti. Definì Trump un pericolo per l’America ed ora è uno dei suoi più fieri sostenitori. Così come, prima di scendere in politica si diceva preoccupato per la crisi climatica, salvo poi, una volta approdato a Capitol Hill, votare per ridurre le protezioni ambientali e per abrogare la storica legislazione sul clima voluta dall’Amministrazione Biden che promuove le energie rinnovabili e i veicoli elettrici. In un editoriale ha scritto: “Biden sta facendo tutto il possibile per sovvenzionare fonti energetiche alternative e demonizzare le fonti di energia più affidabili della nostra nazione”. E questo nonostante lo scorso anno gli Stati Uniti abbiano prodotto più petrolio greggio di qualsiasi altro Paese nella storia ed esportato volumi record di gas naturale. Qualche settimana dopo in un intervento pubblico Vance ha rincarato la dose: “Mentre la maggior parte degli americani desidera guidare un’auto a benzina, l’amministrazione Biden persegue una politica esplicitamente progettata per aumentare il costo della benzina. Lo fanno in nome dell’ambiente, ma tutto ciò che fanno è arricchire l’economia più sporca del mondo (chiaro riferimento alla Cina, ndr) a spese dei lavoratori automobilistici in Ohio, Pennsylvania e Michigan”.

Parallelamente, nel suo Stato d’origine, l’Ohio, Vance è diventato un convinto sostenitore del fracking, il processo altamente inquinante che prevede l’iniezione di acqua, sabbia e sostanze chimiche per estrarre petrolio e gas difficili da raggiungere. Come riferisce il sito Politico, Mike Chadsey, portavoce della Ohio Oil and Gas Association, ha affermato che Vance è “qualcuno che capisce cosa facciamo e come lo facciamo”. Nelle ore immediatamente successive alla sua nomination, c’è chi è andato a spulciare tra gli investimenti di Vance (che in una delle sue vite precedenti è stato anche un venture capitalist). Ebbene, sono emersi diverse quote che potrebbero inserirsi perfettamente in un portafoglio “sostenibile”. Le sue partecipazioni includono infatti una società che fornisce servizi di ricarica mobile di veicoli elettrici, un’altra che sviluppa lo stoccaggio di energia per le microreti e una terza che vende kit per il giardinaggio biologico. Sono informazioni che risalgono al 2022, mentre quelle relativi al 2023 non sono ancora disponibili.

Ora cosa c’è da aspettarsi? La campagna di Trump si impegna a tagliare le tasse per i produttori di combustibili fossili. L’ex presidente promette inoltre di abbandonare l’accordo sul clima di Parigi e di tagliare i sussidi federali per le tecnologie energetiche pulite. E nella Piattaforma del Comitato Nazionale Repubblicano si legge: “Rendere l’America di gran lunga il primo produttore di energia al mondo!”. Se Trump sarà il mandante, Vance potrebbe essere l’esecutore. La vede così Lori Lodes, direttore esecutivo del gruppo Climate Power: “J.D. Vance è il sogno di Donald Trump che diventa realtà: un negazionista del clima che è fin troppo felice di eseguire gli ordini delle grandi compagnie petrolifere e di aumentare i loro profitti a scapito dei lavoratori”.

Gli americani voteranno il 5 novembre. Una settimana dopo inizierà a Baku, Azerbaigian, la 29esima Conferenza Onu sul clima: la delegazione Usa sarà ancora quella dell’Amministrazione Biden (visto che per l’insediamento del nuovo presidente si dovrà attendere gennaio) ma l’eventuale vittoria di Trump la renderebbe impotente e ininfluente. Anche l’Unione europea arriverà indebolita, per le probabili concessioni che Ursula von Der Leyen dovrà fare sul Green Deal per mantenere la poltrona di presidente della Commissione. E se a guidare la transizione fosse paradossalmente il “grande inquinatole” cinese? Come ha fatto notare qualche giorno fa Al Gore, in un anno Pechino ha installato più impianti fotovoltaici di quanto abbiano fatto gli Stati Uniti in tutta la loro storia. E proprio mentre a Milwaukee si sceglieva il negazionista climatico pro-combustibili fossili J.D. Vance per la corsa alla vicepresidenza, dalla Cina arrivava la notizia che le emissioni di gas serra del colosso asiatico inizieranno a diminuire già quest’anno, poiché l’uso del carbone per la produzione di energia è crollato nel secondo trimestre.