L’ultimo Bollettino di Bankitalia è stato accolto con un certo sollievo dalla maggior parte degli analisti sebbene lo studio abbia rilevato una stazionarietà dei consumi da parte delle famiglie nel primo trimestre dell’anno. Non ci sarebbe molto da festeggiare se non fosse che questo trend arriva dopo un quarto trimestre 2022 fortemente negativo (-1,6%), che aveva riportato l’indicatore al di sotto del livello pre-pandemico e a fronte di una recessione data per scontata fino a poche settimane fa. Una certezza venuta meno dopo le ultime rilevazioni su produzione industriale e investimenti, che lasciano immaginare un prosieguo di 2023 all’insegna della crescita economica, per quanto su livelli contenuti.

Verso un anno di transizione

Secondo le ultime stime elaborate dal Centro Studi di Confindustria, quest’anno i consumi delle famiglie italiane rimarranno quasi fermi (+0,2% rispetto al 2022), grazie a una leggera ripresa nel corso del secondo semestre (complice l’attesa frenata dell’inflazione) che dovrebbe fare da traino per il 2024, atteso in progresso dell’1,4%.

Anche se, come dimostrato dalle tendenze degli ultimi anni, lo scenario è in continuo divenire e molto dipenderà dall’andamento delle incognite geopolitiche e dalla dinamica dei prezzi. Sta di fatto che già oggi, secondo l’Osservatorio “Sguardi Familiari” di Nomisma, il 43% delle famiglie italiane dichiara di avere risorse appena sufficienti per i bisogni primari e di vivere in una sorta di equilibrio precario, mentre un altro 13% fatica a fronteggiare le necessità primarie, come la spesa per i generi alimentari e quelle legate alla casa come affitto, mutuo e bollette.

Dopo che nei primi due anni della pandemia le famiglie italiane hanno messo fieno in cascina, aumentando in maniera considerevole i risparmi, nel corso del 2022 vi è stata un’inversione del trend, con la propensione al risparmio scesa al 7,1%, nove decimali meno del 2019. Significa che gli italiani hanno smesso di essere formiche? Probabilmente no. Secondo la lettura degli analisti, è più probabile che molti abbiano dato fondo alle risorse accumulate nel tempo per non dover rinunciare al proprio tenore di vita a fronte dell’impennata inflazionistica.

Cresce l’attenzione al prezzo

In questa direzione va anche la crescente attenzione prestata al fattore prezzo, come dimostra la crescita continua del canale discount, che nel 2022 hanno visto crescere le vendite a volumi del prodotti di largo consumo confezionato (+2,5%), mentre gli altri canali (libero servizio piccolo, supermercati e ipermercati) cedevano l’1,6%. Un andamento differente, rilevato da Iri International, che consolida quanto emerso già in precedenza.