Si è aperto oggi a Kunming, nel Sud-Ovest della Cina, l’atteso summit dell’Onu sulla biodiversità, la Cop15, con un appello di multinazionali e organizzazioni ambientaliste che chiedono ai governanti di attuare “azioni significative per fermare la distruzione della natura e scongiurare il rischio di un pianeta morto”. La Cina ha scelto di ospitare la 15esima conferenza delle parti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità, che durerà fino al 15 ottobre, proprio a Kunming, capitale della provincia dello Yunnan, che rappresenta solo il 4% del territorio nazionale ma ospita i tre quarti delle specie protette, tra cui gli elefanti avvistati di recente a passeggio.
Si tratta di negoziati cruciali per cercare di riparare la natura, profondamente danneggiata dagli uomini e dalle loro attività, strettamente collegati alla Cop26, in agenda a fine mese a Glasgow. In realtà la conferenza apertasi oggi è soprattutto protocollare: è utile al passaggio di presidenza della Cop dall’Egitto alla Cina, con diversi dibattiti online tra rappresentanti dei vari governi e il lancio di nuovi negoziati.
Un lungo iter di confronti e trattative, per lo più virtuali, che porterà alla seconda fase del vertice, prevista dal 25 aprile all’8 maggio 2022, e nel corso della quale i governi prenderanno impegni formali in materia di tutela della biodiversità.
Un appuntamento in due tempi è stato deciso dopo vari rinvii a causa dell’epidemia di Covid-19 e in relazione alla Cop26 sul clima – anch’essa slittata – che a fine ottobre affronterà anche il tema dell’ambiente nella lotta al riscaldamento globale.
Cop26 – 4. Sos clima, la montagna senz’acqua
La posta in gioco alla Cop15 di Kunming è molto alta, motivo per cui Ong ed attivisti sottolineano la necessità di “non considerare più la fauna e la flora come questioni soltanto ambientali, relegandole ai ministeri dell’Ambiente, con un peso relativamente ridotto nelle politiche governative, ma di inserirle come parte integrante della lotta ai cambiamenti climatici”, ha dichiarato all’emittente francese Rfi Terry Townshen, ambientalista, membro dell’Istituto Paulson in Cina.
Inoltre viene espressamente chiesto a capi di Stato, primi ministri, dicasteri delle Finanze, dell’Economia e dell’Ambiente di inserire la biodiversità in cima alla loro agenda per scongiurare un nuovo fallimento del summit Cop15, dopo quello registrato nel 2020, anno complesso della pandemia.
Biodiversità, flora e fauna a rischio: le specie da salvare
Lo scorso anno i governanti avevano stabilito una ventina di obiettivi in materia di tutela della biodiversità “ma nessuno di questi è stato raggiunto”, ha deplorato Townshen. Per gli esponenti di Ong presenti a Kunming, la tutela della fauna e della flora è una posta in gioco anche per le nostre economie: danneggiarle equivale ad un autogol con costi elevati per Stati e singoli cittadini. Ad esempio, la distruzione degli insetti provocata dai pesticidi blocca la pollinizzazione: compensarla costa più di 200 miliardi di dollari l’anno, ha evidenziato Townheng.
Oltre ai danni all’economia, danneggiare la biodiversità ha ovviamente conseguenze dirette sulla salute pubblica: il Sars-Cov-2, scoppiato proprio in Cina, ne è la riprova più clamorosa al livello globale. Diversi rapporti diffusi nei mesi scorsi dal Wwf, dalla Convenzione internazionale della fauna e la flora a rischio estinzione (Cites) hanno emesso un allarme rosso sul futuro del pianeta: negli ultimi 15 anni la popolazione di vertebrati è diminuita del 68%. Si tratta di una eliminazione delle specie mille volte superiore rispetto al tasso di mortalità naturale.
“È una tragedia non solo perchè queste specie non torneranno mai più, ma poichè queste scomparse fanno gravare rischi enormi sullo sviluppo umano e la prosperità”, ha avvertito l’ambientalista dell’Istituto Paulson. Distruggere la biodiversità stressa gli animali, sempre meno immunizzati e quindi potenzialmente più pericolosi in termini di diffusione dei virus: negli ultimi decenni la maggior parte delle ‘nuove’ epidemie hanno avuto origine in malattie zoonotiche, quali Hiv, Ebola, Mers, Sars Cov-1- e Sars-Cov-2.
Tutti argomenti che il presidente cinese, Xi Jinping, evocherà nel suo atteso discorso alla Cop15, in programma domani mattina, dopo di che rimarranno sei mesi a tutti i negoziatori per arrivare ad un accordo all’altezza della sfida. Già al termine di questa prima fase del vertice di Kunming dovrebbero stilare una bozza di accordo.
Per esercitare una pressione sui partecipanti, gli amministratori delegati di multinazionali – da Unilever a H&M – hanno lanciato un apposito appello ai governi coinvolti. In una lettera aperta, la coalizione globale Business for Nature deplora che la bozza preliminare Onu sulla biodiversità – sul modello degli accordi di Parigi sul clima del 2015 – non basti a fermare la distruzione della natura. Per i firmatari si tratta di una corsa contro il tempo che richiede provvedimenti urgenti – tra cui riduzione dei pesticidi dei 2/3, eliminazione dell’inquinamento della plastica, stop all’introduzione di specie invasive – per arrestare la sua distruzione entro il 2030.
“La natura è a un punto di svolta e il tempo è contro di noi. Dobbiamo riconoscere la perdita della natura per quella che è: una crisi”, si legge nella lettera ai leader mondiali, rilanciata dal Guardian. “Dobbiamo capire che mentre è fondamentale per affrontare il cambiamento climatico, la natura rappresenta più di una semplice soluzione climatica”, sottolineano i firmatari dell’appello rivolto alla Cop15, definendola “la nostra ultima e migliore possibilità di cambiare le sorti della perdita di biodiversità”.
Il passaggio alla presidenza cinese è determinante in quanto le decisioni prese dal più grande emettitore di gas serra del mondo sarà in grado di determinare se il pianeta raggiungerà o meno gli obiettivi ambientali in questo secolo. Altrettanto decisiva potrebbe essere la successione rapida di eventi così importanti quali Cop15 e Cop 26. “Sappiamo che la natura sarà una caratteristica fondamentale dell’appuntamento di Glasgow, quindi questa è la nostra opportunità per aumentare davvero l’ambizione politica sulla biodiversità”, ha concluso Eva Zabey, direttrice di Business for Nature.