Mai, come in questo caso, è corretto parlare della “partita della vita”. Perché quella che andrà in scena a breve a Roma è una sfida non solo per proteggere la natura, ma tutti noi: adesso che è arrivata nella fase dei supplementari, in tre giorni di vertice mondiale l’imperativo è riuscire a vincerla. In gioco c’è non solo la biodiversità del Pianeta ma, anche se questo evento sta passando un po’ in sordina almeno fra i media di casa nostra, c’è decisamente molto di più: si discuterà infatti di come proteggere una natura da cui dipende oggi oltre la metà del Pil mondiale. Dal 25 al 27 febbraio nella sede FAO a Roma si terrà dunque la fase “supplementare” della Cop16, la grande conferenza sulla Biodiversità che si è svolta in Colombia a Calì lo scorso anno ma, essendo fallita dato che non si è trovata un’intesa, vede ora nel tentativo italiano una nuova chance per centrare diversi obiettivi necessari per la salvaguardia della biodiversità planetaria.
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Oggi nel mondo ci sono 1 milione di specie animali e vegetali a rischio. In soli 50 anni, soprattutto a causa delle azioni dell’uomo, dall’inquinamento alle emissioni che portano alla crisi del clima, abbiamo perso oltre il 70% delle popolazioni mondiali di animali selvatici, con picchi che sfiorano l’85% quando si parla di specie che vivono in fiumi e sistemi d’acqua dolce.
Ormai, secondo lo IUCN, Unione internazionale per la Conservazione della Natura, un mammifero su quattro è a rischio: prima o poi potrebbe non abitare più questa Terra. Ancora peggio se si parla di anfibi, uno su tre. Non va meglio agli alberi: ormai più di una specie arborea su tre è inserita nel nuovo aggiornamento delle Lista Rossa IUCN, con 16.425 delle 47.282 specie arboree valutate a rischio di estinzione.
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La vita, la natura, fa fatica ovunque: in Europa ad esempio oltre un terzo (il 36%) degli habitat è degradato e qui le specie arrancano nella sopravvivenza. Stiamo perdendo diversità, natura, colori, genetica e senza tutto quello che offrono i servizi ecosistemici – pensate anche solo al nostro cibo – il 50% del Pil mondiale è totalmente a rischio. Per questo, nel vertice romano sotto guida della Convenzione sulla Biodiversità dell’Onu, alle migliaia di delegati in arrivo da tutto il mondo è richiesto uno sforzo gigantesco: mettere da parte le divergenze, soprattutto tra Nord e Sud del mondo, tra Paesi sviluppati e quelli meno abbienti, per trovare una soluzione, da intendersi soprattutto in finanziamenti miliardari e piani da qui al 2030, come vedremo dopo.
Anche in Italia la natura è in crisi. In occasione dell’inizio del vertice Legambiente ha diffuso un report in cui racconta come siano ormai 58 gli ecosistemi della Penisola considerati “a rischio”. Nel report “Natura selvatica a rischio in Italia” c’è una fotografia della situazione attuale del nostro Paese, fra i più ricchi di biodiversità in Europa. Da noi il 19,6% della superficie nazionale, quasi la metà degli ecosistemi naturali e seminaturali, è messa male e poco si sta facendo per tutelarla.
“Ci sono difficoltà e gravi ritardi dell’Italia nell’applicare la Strategia Europea per la Biodiversità 2030 (SEB) e incisive politiche di tutela della natura. Sono zero i target SEB 2030 raggiunti: a sei anni dal countdown del 2030 l’Italia non è cresciuta di un solo ettaro nela superficie protetta terrestre o marina, non sono aumentate le aree a protezione integrale, né migliorano le azioni per contrastare le specie aliene o il degrado del territorio. Preoccupa poi lo stallo relativo alle 70 nuove aree protette marine e terrestri che sono ancora in attesa di completare l’iter; ma anche il mancato avvio, da parte dell’Italia, del registro volontario dei crediti di carbonio nel settore agricolo e forestale” denuncia Legambiente. Anche per questo, in vista della Cop16, l’associazione ambientalista lancia un monito “ai Governi della Terra perché non è più ammissibile perdere altro tempo e far fallire un’altra Cop, come accaduto a Calì. Ogni ritardo e ogni mancato accordo internazionale è un danno che facciamo al Pianeta, all’ambiente e alla biodiversità”.
Lo dobbiamo alla natura, lo dobbiamo a noi stessi, ricorda Legambiente, perché proteggere gli ecosistemi è anche una questione economica: pensiamo per esempio “agli insetti impollinatori, come api e farfalle, che garantiscono la produzione di molte colture agricole, con un valore stimato a livello globale in 235-577 miliardi di dollari ogni anno secondo l’IPBES”.
Lo stesso vale per le risorse ittiche che “garantiscono nel mondo la sicurezza alimentare e il sostentamento di milioni di persone, con un valore economico che supera i 150 miliardi di dollari all’anno secondo la FAO”.
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L’obiettivo di 200 miliardi di dollari all’anno
Al centro della partita supplementare di Roma le Parti che si riuniscono alla Cop16 sono chiamate soprattutto ad affrontare alcuni punti rimasti in sospeso dopo il vertice colombiano. Servono per esempio risorse per l’attuazione del Quadro globale sulla biodiversità di Kunming-Montreal (KMGBF) con un meccanismo finanziario che possa fornire risposte adeguate ed efficaci. I Paesi coinvolti devono dunque trovare una strategia per mobilitare risorse che possano garantire 200 miliardi di dollari all’anno, entro il 2030, per sostenere iniziative che preservino la biodiversità in tutto il mondo. Servono più fondi da parte dei Paesi sviluppati, sia pubblici che privati, e servono obblighi per aiutare i Paesi in via di sviluppo, le economie in transizione o i piccoli Stati insulari che oggi a causa delle azioni antropiche stanno perdendo biodiversità a ritmi accelerati.
Un altro punto chiave delle discussioni della Cop nella sede FAO sarà poi affrontare il tema della riduzione degli incentivi dannosi di almeno 500 miliardi di dollari all’anno entro cinque anni. Sussidi che, per esempio, oggi vengono indirizzati verso pesticidi o sostanze chimiche che stanno mettendo in ginocchio la biodiversità, ma anche denaro pubblico che finisce nell’estrazione di combustibili fossili, nella pesca eccessiva o nell’agricoltura e gli allevamenti intensivi.
Infine, altro passaggio chiave sarà trovare un’intesa, concreta, su tutti quei sistemi per monitorare e rendicontare ciò che si sta facendo per evitare la perdita di specie e per proteggerle. Così come bisognerà mostrare più impegno per centrare uno dei 23 obiettivi dell’accordo di Kunming-Montreal del 2022, quello che richiede ai paesi di ripristinare il 30% dei territori degradati entro il 2030. Ogni azione, ogni forma di intesa, dovrà tenere ben presente quali sono oggi secondo gli scienziati i cinque principali problemi della perdita di biodiversità, tutti legati alle azioni dell’uomo: la distruzione di habitat e la frammentazione dei territori, lo sfruttamento eccessivo delle risorse, la crisi del clima, l’inquinamento e l’impatto delle specie aliene invasive. Ben presto, ricordano gli esperti, entro il 2050 la crisi climatica sarà purtroppo l’elemento predominante nell’impatto sulla vita di animali, piante e anche la nostra.
L’appello del WWF al governo italiano
Nel tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di questo vertice “che sta passando un po’ in sordina”, dicono dal WWF, venerdì 21 febbraio l’associazione ambientalista ha organizzato un flash mob a Roma. I partecipanti, con indosso maschere di animali, hanno messo in scena insieme a Francesco Petretti, biologo e divulgatore, sull’importanza della biodiversità, perché questa Cop è cruciale per il futuro. L’appello del WWF e altre 38 organizzazioni della società civile invita il governo italiano ad “adoperarsi per facilitare un accordo sulla mobilitazione delle risorse finanziarie e garantire un maggiore impegno finanziario dell’Italia per la biodiversità nei fondi multilaterali dedicati”.