Investire nell’energia e nell’innovazione tecnologica. Costruire una logistica green. Rendere più vivibili le nostre città e le comunità che vi gravitano. In sostanza, allinearsi agli obiettivi che la Cop26 di Glasgow ha posto a difesa del clima da qui al 2030. Gli itinerari che il mondo del trasporto ferroviario, a livello europeo, ha occasione di imboccare per dare il suo contributo alla causa non sono pochi, né facili da raggiungere. Però la buona volontà c’è. Lo dimostra la Vision of Rail presentata dall’UIC (Unione Internationale des Chemins de Fer) proprio alla Cop26. L’UIC ha il compito principale di stabilire norme comuni sull’esercizio ferroviario e sugli standard di sicurezza connessi per rendere interoperabili i vari sistemi europei. Di recente si occupa anche di liberalizzazione delle ferrovie e di politiche sostenibili per la riduzione dell’inquinamento.
Proprio le ferrovie, secondo l’UIC, sono la spina dorsale della catena della mobilità del futuro. L’Italia ha destinato alle infrastrutture su rotaia 28 miliardi per potenziare l’alta velocità (specie al Sud), connettere la rete con porti e aeroporti e convincere sempre più persone a scegliere il treno. In particolare, gli investimenti dello Stato nel Mezzogiorno ammontano al 46% del totale. Un capitale non indifferente, a proposito del quale l’ad del Gruppo FS Italiane Luigi Ferraris ha specificato: “Noi abbiamo la responsabilità di gestire e investire questi soldi per il futuro garantendo un’evoluzione delle infrastrutture senza precedenti, andando a ‘sbottigliare’ una serie di corridoi considerati fino a qualche decennio fa impensabili”. Le risorse stanziate puntano a far crescere la quota dei passeggeri sui treni dal 6 al 10%, con un risparmio annuo di CO2 pari a 2,3 milioni di tonnellate. Attualmente, i rotabili ad alimentazione elettrica e la digitalizzazione delle infrastrutture dimostrano di aver già cambiato il modo in cui la ferrovia viene utilizzata, rendendo più vicini gli obiettivi climatici al 2030. La direzione insomma è quella giusta.
Su questo stesso binario FS Italiane, principale player sulla spesa del Pnrr per la ferrovia, continua a ridurre le emissioni di anno in anno. Stando al primo GHG Report (Green House Gas Report, rapporto sui gas a effetto serra) appena pubblicato, nel 2020 il risparmio di CO2 è stato di 688mila tonnellate, equivalenti a un -25% sull’anno precedente. Cifre rilevanti, per una tendenza al ‘green’ incominciata già nel 2018 e che adesso punta al -55% di emissioni entro il 2030 (rispetto al 1990). Per conquistare questa meta ambiziosa, il Gruppo punta anzitutto a produrre energia pulita elettrificando le nuove tratte ferroviarie e utilizzando treni bimodali ad alimentazione ibrida. In secondo luogo cresce il ricorso all’energia elettrica prodotta e autoprodotta da fonti rinnovabili. Basta ricordare gli impianti fotovoltaici delle officine di manutenzione di Trenitalia, che fanno risparmiare 1.050 tonnellate di CO2 all’anno.
Come abbiamo visto, anche la flotta del Gruppo FS è sostenibile, dati i treni realizzati con materiali sempre più leggeri, tanto quelli AV quanto quelli regionali. Val la pena di citare, in quest’ultimo segmento di offerta, il convoglio ibrido (cioè elettrico, diesel e a batterie) HTR 312/412 “Blues” di Trenitalia, i cui test dinamici in corsa di prova hanno avuto inizio lo scorso 3 ottobre sulla linea Livorno-Roma. Prodotti da Hitachi Rail, questi treni hanno una capienza che va da 219 della versione a 3 carrozze ai 300 posti della versione a 4 e possono raggiungere i 140 km/h in trazione diesel e i 160 in trazione elettrica. L’entrata in servizio è prevista nel 2022. Gli investimenti sono stati fatti anche sui mezzi non dedicati al trasporto di passeggeri, come gru e mezzi di manovra. Il rinnovamento del 40% del parco gru e del 67% dei mezzi di manovra di Terminali Italia (controllata Rfi) hanno comportato nel 2020 un risparmio netto di 1.350 tonnellate di CO2.