A Cop27 si entra nel vivo delle trattative. A tre giorni dalla conclusione ufficiale della Conferenza sul clima (ma le Cop ci hanno abituato ai tempi supplementari) i capi delle diverse delegazioni fanno le loro mosse per arrivare a un accordo.
Ad aprire le danze è stato il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Frans Timmermans, che, prima nella plenaria e poi in conferenza stampa, ha dato due notizie. La prima: l’Unione europea può arrivare a tagliare le sue emissioni del 57% entro il 2030, due punti in più rispetto al target che Bruxelles si era dato. “Non stiamo prendendo nuovi impegni”, ha precisato Timmermans. “Abbiamo però verificato che se tutti i Paesi europei terranno fede alle promesse fatte, il taglio della CO2 emessa sarà del 57%”. Una buona notizia, anche se resta da vedere quanto i Paesi europei saranno ligi nell’applicare il piano Fit for 55. Non solo: “L’aumento di 2 punti dal 55% al 57% dell’impegno a ridurre le emissioni è assai lontano da quel 65% che è la giusta quota su cui l’Ue dovrebbe impegnarsi per limitare globalmente la temperatura a 1,5°C”, dice Chiara Martinelli di Climate Action Now Europe.
L’altra notizia data da Timmermans è che secondo la delegazione Ue al momento non ci sono le condizioni perché si trovi un accordo sul Loss and damage a Cop27.
Il risarcimento, da parte dei Paesi ricchi, delle “perdite” e dei “danni” che il clima infligge a quelli in via di Sviluppo, è il tema cruciale di questa Cop. La presidenza egiziana ha fortemente voluto che accanto ai tradizionali pilastri della finanza climatica (la mitigazione e l’adattamento) qui a Sharm El-Sheikh si parlasse formalmente anche di loss and damage. Risultato ottenuto. E tuttavia, a pochi giorni dalla conclusione, le trattative sembrano in alto mare, soprattutto dopo le parole di Timmermans. Il vicepresidente della Commissione ha negato i Paesi europei siano divisi sul loss and damage e che questo sia alla base del suo scetticismo su un possibile accordo. Ma è noto che la Svezia, per esempio, è contraria a qualsiasi forma di fondo o facilty per il risarcimento dei danni climatici ai Paesi in via di Sviluppo. C’è poi chi, tra gli osservatori, non interpreta la posizione Ue come una forma di ostruzionismo all’accordo, ma solo come la volontà di prendere tempo e vedere cosa faranno i Paesi anglosassoni.
In effetti il ruolo degli Stati Uniti sembra essersi rafforzato dopo l’incontro di ieri tra Joe Biden e il presidente cinese Xi Jinping, a Bali per il G20. La ripresa del dialogo, anche sul clima, tra le due superpotenze, ha rimesso in pista l’Inviato speciale Usa John Kerry: i suoi uffici a Cop27 nelle ultime ore sono stati meta di un via vai di delegazioni, compresa quella italiana guidata dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. Il ministro è uscito soddisfatto dall’incontro durato 40 minuti: “È andato molto bene”. Ma non è sceso nei dettagli tecnici discussi tra le due delegazioni. Di sicuro però, lo ammette Pichetto Fratin, Kerry, “ha chiesto a che punto siamo con la crescita delle rinnovabili per ridurre il gas“. Il ministro ha in qualche modo giustificato i ritardi italiani: “Con Kerry ho rappresentato la bellezza dell’Italia, con i suoi borghi antichissimi, e quindi la difficoltà di trovare l’equilibrio tra le bellezze culturali e le nuove energie”. Tuttavia, “una volta trovato il punto di equilibrio con i corpi intermedi che rappresentano i territori, il nostro Paese può essere pronto”. A tal proposito, Pichetto Fratin ha ricordato di aver raddoppiato membri della commissione Via/Vas, che deve dare il via libera a impianti eolici e fotovoltaici. “Spero di riuscire ad accelerare i tempi autorizzativi e di arrivare presto ai 20 gigawatt l’anno auspicati da Elettricità Futura (l’associazione di Confindustria che raccoglie le imprese energetiche, ndr)”.
Con Kerry si è parlato anche di gas, visto che gli Stati Uniti, pur spingendo verso la decarbonizzazione, sono uno dei possibili fornitori di gnl per l’Italia. “Sì, abbiamo accennato anche al gas e ai rigassificatori, ma soprattutto alla necessità di implementare in modo forte le rinnovabili”, ha ribadito Pichetto Fratin. Il ministro dell’Ambiente non si è sbilanciato sulle trattative in corso a Cop27 e in particolare sul loss and damage: “La nostra posizione, che ho visto apprezzata da Kerry, è quella che ho espresso ieri con in 27 ministri Ue: un percorso fatto da una somma di interventi, da condividere”.
Dunque, se da una parte l’Europa sta alla finestra e aspetta di vedere che succede, dall’altra gli Usa riprendono la leadership delle trattative sul clima e probabilmente cercheranno di sbloccare l’empasse sul loss and damage. Le prossime 48 ore saranno decisive. La notte scorsa la presidenza egiziana di Cop27 ha fatto circolare una prima bozza di documento finale, più un elenco di temi che di soluzioni: obiettivo di riscaldamento a 1,5°C, impegno per le energie rinnovabili, enfasi sul raddoppio del denaro per l’adattamento a 40 miliardi di dollari, solo per fare alcuni esempi. Lo scopo è darlo in pasto alle delegazioni perché lo digeriscano e affilino le armi per la trattativa finale. È stata fissata una scadenza per i punti all’ordine del giorno, che dovranno raggiungere lo stadio di testo finale entro mercoledì per poi essere esaminati dai ministri.
C’è infine la questione dell’uscita dai combustibili fossili. Quasi provocatoriamente l’India, protagonista alla Cop26 di Glasgow di un braccio di ferro sul wording nel paragrafo relativo al carbone (ottenne di usare phasing down, riduzione graduale, al posto di phasing out, uscita graduale) ha chiesto che nel documento finale si metta nero su bianco la riduzione graduale di tutti i combustibili fossili, quindi anche gas e petrolio. “Sono perfettamente d’accordo”, ha risposto Timmermans, interpellato sull’argomento. “Purché l’estensione a tutti i fossili non rimetta in discussione i risultati raggiunti a Glasgow l’anno scorso”.